La Macchina del Tempo (The Time Machine, 1895) di Herbert G. Wells
Nel 1895 succedono due cose che segneranno in modo indelebile l’ultimo secolo del secondo millennio: nasce il cinema, e viene pubblicato il romanzo di Herbert George Wells La Macchina del Tempo. Eccone di seguito la trama. Uno scienziato riunisce in casa propria alcuni amici per narrargli una strana storia. Sostiene di essere riuscito a costruire una macchina in grado di trasportarlo in viaggio attraverso il tempo, sia nel futuro che nel passato. Il romanzo, ambientato nell’Inghilterra vittoriana contemporanea di Herbert G. Wells – e per certi versi del Robert L. Stevenson dello Strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde, agiata e sonnacchiosa, moralista e bigotta, ma anche interessata e divertita dalle bizzarrie del progresso, ci presenta il protagonista come uomo colto, sicuramente, e ricco – una sorta di intellettuale estremista. Viaggiando con essa, è riuscito a raggiungere tempi lontanissimi, ha assistito al tramonto della Terra, alla divisione della razza umana in due gruppi rigidamente contrapposti, gli Eloi, che vivono in superficie, e i Morlocks, che vivono sottoterra. I primi privilegiati, inutili, infantili, dipendenti in tutto e per tutto dai secondi, abbrutiti e schiavizzati. E narra agli amici ciò che ha visto, i rischi che ha corso, le riflessioni che ha fatto. Al di là delle vicende che il “viaggiatore” ci narra, e che risentono del clima politico del tempo – e delle posizioni ideologiche di Wells – il romanzo risulta fondamentale per la storia della science fiction e della cultura di massa. E’ la prima volta che si legge della possibilità di viaggiare realmente nel tempo – non attraverso i ricordi e la memoria, ma nella realtà. Praticamente, è il romanzo che fonda, ancora senza poterlo sapere e darle un nome, la science fiction: al centro del racconto è infatti la tecnologia che deriva dalla scienza positiva, e che permette di superare barriere al di là dell’immaginazione. Anzi, forse è proprio l’idea del viaggio nel tempo la vera idea nuova della fantascienza, perché implica una conseguenza fondamentale: laddove si può viaggiare nel tempo, si può modificare il passato. Ma modificare il passato significa cambiare il proprio presente e il futuro. Ma le linee temporali già avvenute non possono sparire: da “qualche parte” pure staranno. Si possono quindi produrre – ed esplorare – universi alternativi. Per certi versi, la stessa operazione che fa il cinema: intervenire sullo spazio e sul tempo, modificandoli, spezzandoli, rielaborandoli. Ecco qui, dunque, due dei temi centrali di tutta la fantascienza: lo spazio e il tempo. Il resto, dal 1895 ad oggi, è storia. D’altra parte lo scrittore inglese ci ha regalato altri romanzi fondamentali per fissare le radici del genere: L’isola del Dr. Moreau (The Island of Dr. Moreau, 1896), L’uomo invisibile (The Invisibile Man, 1897), The War of the Worlds (La guerra dei mondi, 1898, da cui Orson Welles trasse nel 1938 una trasmissione radiofonica memorabile, per la storia della fantascienza ma anche per quella dei media), e altri ancora. Dall’idea guida di Wells sono nati innumerevoli romanzi e racconti, e dal romanzo in senso stretto sono state tratte diverse pellicole. Qui basta ricordare L’uomo che visse nel futuro (G. Pal, The Time Machine, USA, 1960), L’uomo venuto dall’impossibile (N. Meyer, Time after Time, USA, 1979), e The Time Machine (S. Wells, USA, 2002).
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