Io, robot (I, robot, 1959) di Isaac Asimov

L’antologia di racconti Io, robot, pubblicata nel 1950, raccoglie le nove storie sui robot positronici che Isaac Asimov aveva scritto e pubblicato su rivista precedentemente. Il titolo non è originale, poiché era stato già usato da Eando Binder (pseudonimo dei fratelli Binder) per una storia del 1939 con protagonista il robot Adam Link. L’antologia – da cui liberamente il regista Alex Proyas ha tratto ispirazione per un film omonimo (2004) – oggi non ha molto peso visto che nella più tarda antologia Tutti i miei robot (1982) è disponibile l’intera raccolta di storie robotiche di Asimov.

Se si vuole cercare un comune denominatore nelle svariate tematiche di fondo dei racconti asimoviani sui robot, questo non può che essere una domanda: dove finisce il meccanico e dove inizia il vivente? Asimov rimane volutamente ambiguo nelle sue storie, lasciando al lettore il compito di dare una risposta. Come nel caso de La Prova, dove la robopsicologa Susan Calvin (una studiosa del comportamento dei robot) indaga su un incorruttibile candidato alle elezioni di sindaco di New York su cui si addensano i sospetti di essere un sofisticato automa che si finge umano: il finale? La Calvin lascia che i sospetti rimangano, ma dal canto suo ha deciso: se pure si trattasse di un robot ella voterà per lui, conscia che il governo di un essere dominato dalle Tre Leggi è preferibile a quello di qualunque uomo. Tuttavia quando nel seguito, Conflitto evitabile, si scopre un piano della Macchine per assumere gradualmente il controllo del mondo, togliendo all’umanità un libero arbitrio che la sta danneggiando in maniera irreversibile, la Calvin giunge a chiedersi se tutto questo sia fatto a fin di bene, ed eloquenti sono le sue ultime parole: «Orribile? Forse invece è fantastico. Pensate che da ora in poi tutte le guerre saranno evitabili. Solo le Macchine saranno inevitabili». Anche nel più tardo Che tu te ne prenda cura ritorna il tema di fondo sull’interpretazione della Prima Legge da parte dei robot: se l’uomo sta gradualmente distruggendo sé stesso, non è forse eticamente corretto salvarlo togliendogli di mano le armi che possono recargli danno? Due robot così sofisticati da autodefinirsi ‘esseri umani superiori’ si dicono che sì, è giusto salvare l’umanità portando i robot come loro a controllare il mondo futuro. Asimov, di certo, non era molto convinto della saggezza del genere umano. Tuttavia non sempre le scelte ‘sagge’ dei robot sono così ben accettate dai protagonisti umani: in Bugiardo! un robot capace per errore di  leggere la mente umana giunge a mentire a Susan Calvin per evitare che l’amara verità possa danneggiarla, in una nuova e più ampia interpretazione della Prima Legge: ora i robot capiscono anche i danni sulla psicologia umana, e non soltanto sull’apparato fisico. La Calvin, tuttavia, si ribella a questo gioco perverso e distrugge il robot in nome dell’inviolabilità dell’animo umano, così fragile rispetto alla gelida logica etica delle macchine. In un altro bel racconto, Vero amore, un esperto informatico programma un’intelligenza artificiale perché cerchi per lui, tra i miliardi di esseri umani, la donna della sua vita. Per farlo, racconta alla sua A.I. tutti i dettagli sulla propria vita e personalità, per facilitargli la ricerca della donna più compatibile col suo carattere. Così facendo, però, l’A.I. finisce col giungere ad un’autocoscienza che combacia con quella del suo programmatore, che esso liquida per poter godere da solo del ‘vero amore’ da lui trovato. Può una macchina essere in grado di amare? Ecco quindi una nuova domanda posta da Asimov, che porta ad una ancora più elevata: può un robot amare Dio? Nel geniale Essere razionale i robotecnici Donovan e Powell devono vedersela con un sofisticato robot giunto alla conclusione che la sua perfezione non può essere stata prodotta da esseri tanto imperfetti come gli umani, e giunge ad adorare come proprio Dio il congegno meccanico a cui è destinato dalla sua programmazione a servire. Ma la risposta più sincera arriva ne L’uomo bicentenario (premio Hugo 1977, ‘best novelette’), dove l’androide Andrew Martin riesce dopo lunghe evoluzioni a raggiungere la piena umanità. E per farlo rinuncia alla sua stessa esistenza, alla sua vita, in nome di un ideale più grande: la facoltà di decidere – e di decidere per il meglio – senza gli ostacoli delle Tre Leggi, per dimostrare che si può essere retti e giusti anche senza le costrizioni della razionalità meccanica.

Isaac Asimov (1920-1992), da molti considerato il Maestro della fantascienza, ha iniziato giovanissimo la sua attività di scrittore sulle riviste specializzate. I suoi più noti successi sono legati alla saga della Fondazione (1942-1944 e 1989-1992), alle storie sui robot, ai romanzi La fine dell’Eternità (1955) e Neanche gli dei (1973), nonché ai suoi centinaia di racconti. Ha pubblicato più di 400 volumi, molti dei quali di divulgazione scientifica.