Io,
robot (I, robot, 1959) di Isaac Asimov
Se si vuole cercare un comune
denominatore nelle svariate tematiche di fondo dei racconti asimoviani
sui robot, questo non può che essere una domanda: dove finisce il
meccanico e dove inizia il vivente? Asimov rimane volutamente ambiguo
nelle sue storie, lasciando al lettore il compito di dare una risposta.
Come nel caso de La Prova,
dove la robopsicologa Susan Calvin (una studiosa del comportamento dei
robot) indaga su un incorruttibile candidato alle elezioni di sindaco di
New York su cui si addensano i sospetti di essere un sofisticato automa
che si finge umano: il finale? La Calvin lascia che i sospetti
rimangano, ma dal canto suo ha deciso: se pure si trattasse di un robot
ella voterà per lui, conscia che il governo di un essere dominato dalle
Tre Leggi è preferibile a quello di qualunque uomo. Tuttavia quando nel
seguito, Conflitto evitabile,
si scopre un piano della Macchine per assumere gradualmente il controllo
del mondo, togliendo all’umanità un libero arbitrio che la sta
danneggiando in maniera irreversibile, la Calvin giunge a chiedersi se
tutto questo sia fatto a fin di bene, ed eloquenti sono le sue ultime
parole: «Orribile? Forse invece è fantastico. Pensate che da ora in
poi tutte le guerre saranno evitabili. Solo le Macchine saranno
inevitabili». Anche nel più tardo Che tu te ne prenda cura ritorna il tema di fondo
sull’interpretazione della Prima Legge da parte dei robot: se l’uomo
sta gradualmente distruggendo sé stesso, non è forse eticamente
corretto salvarlo togliendogli di mano le armi che possono recargli
danno? Due robot così sofisticati da autodefinirsi ‘esseri umani
superiori’ si dicono che sì, è giusto salvare l’umanità portando
i robot come loro a controllare il mondo futuro. Asimov, di certo, non
era molto convinto della saggezza del genere umano. Tuttavia non sempre
le scelte ‘sagge’ dei robot sono così ben accettate dai
protagonisti umani: in Bugiardo!
un robot capace per errore di leggere
la mente umana giunge a mentire a Susan Calvin per evitare che l’amara
verità possa danneggiarla, in una nuova e più ampia interpretazione
della Prima Legge: ora i robot capiscono anche i danni sulla psicologia
umana, e non soltanto sull’apparato fisico. La Calvin, tuttavia, si
ribella a questo gioco perverso e distrugge il robot in nome
dell’inviolabilità dell’animo umano, così fragile rispetto alla
gelida logica etica delle macchine. In un altro bel racconto, Vero
amore, un esperto informatico programma un’intelligenza
artificiale perché cerchi per lui, tra i miliardi di esseri umani, la
donna della sua vita. Per farlo, racconta alla sua A.I. tutti i dettagli
sulla propria vita e personalità, per facilitargli la ricerca della
donna più compatibile col suo carattere. Così facendo, però, l’A.I.
finisce col giungere ad un’autocoscienza che combacia con quella del
suo programmatore, che esso liquida per poter godere da solo del ‘vero
amore’ da lui trovato. Può una macchina essere in grado di amare?
Ecco quindi una nuova domanda posta da Asimov, che porta ad una ancora
più elevata: può un robot amare Dio? Nel geniale Essere
razionale i robotecnici Donovan e Powell devono vedersela con un
sofisticato robot giunto alla conclusione che la sua perfezione non può
essere stata prodotta da esseri tanto imperfetti come gli umani, e
giunge ad adorare come proprio Dio il congegno meccanico a cui è
destinato dalla sua programmazione a servire. Ma la risposta più
sincera arriva ne L’uomo
bicentenario (premio Hugo 1977, ‘best novelette’), dove l’androide
Andrew Martin riesce dopo lunghe evoluzioni a raggiungere la piena
umanità. E per farlo rinuncia alla sua stessa esistenza, alla sua vita, in nome di un ideale più grande: la facoltà di decidere –
e di decidere per il meglio – senza gli ostacoli delle Tre Leggi, per
dimostrare che si può essere retti e giusti anche senza le costrizioni
della razionalità meccanica. Isaac Asimov (1920-1992), da
molti considerato il Maestro della fantascienza, ha iniziato
giovanissimo la sua attività di scrittore sulle riviste specializzate.
I suoi più noti successi sono legati alla saga della Fondazione
(1942-1944 e 1989-1992), alle storie sui robot, ai romanzi La fine dell’Eternità (1955) e Neanche
gli dei (1973), nonché ai suoi centinaia di racconti. Ha pubblicato
più di 400 volumi, molti dei quali di divulgazione scientifica.
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