LETTURE / JULIO CORTÁZAR, L'ALTRO LATO DELLE COSE. INTERVISTA
a cura di Tommaso Menegazzi / Mimesis, Milano-Udine, 2014 / pp 89, € 10
A fondo nella complicità col lettore
di Anna Boccuti
Ci sono centenari che vale la pena celebrare e quello della nascita di Julio Cortázar è senz'altro uno di questi. Anche se alle nostre latitudini non è cosa a tutti nota, lo scrittore argentino è stato uno dei grandi intellettuali che hanno attraversato il Novecento per intero e meglio ne hanno espresso, nelle proprie opere, le tensioni estetiche, filosofiche, politiche. Con sguardo al tempo stesso ludico e impegnato, con piglio sempre ironico e dissacratore, Cortázar ha fatto della sua letteratura il terreno per una lucida e multiforme esplorazione dell'uomo, confrontandosi nei suoi racconti fantastici e nei romanzi – uno per tutti, il celebre Gioco del mondo, del 1963, che l'autore definì “la filosofia dei miei racconti” – con le questioni più urgenti dell'esistenza. Le frontiere del reale, i limiti della conoscenza, la costruzione dell'identità, la possibilità dell'amore, la lacerazione dell'esilio sono solo alcuni dei temi che Cortázar sviscera utilizzando, come detonatore per il significato, il linguaggio, che diviene esso stesso oggetto di riflessione e strumento per la creazione di mondi. Un universo variegato e complesso, dunque, nel quale si mescolano cultura alta e popolare, reminiscenza colta e passioni dell'uomo comune, e che ha attratto sempre un pubblico eterogeneo di lettori, oltre a una nicchia di fervidi iniziati. Il gioco del mondo, per intenderci, fu un best seller alla sua prima edizione, inserendosi così in quella rosa di romanzi rappresentativi del cosiddetto “boom” della letteratura latinoamericana che coincise grosso modo con gli anni Sessanta e con la pubblicazione di un altro romanzo totale dell'America di lingua spagnola, l'indimenticabile Cent'anni di solitudine (1967) del premio Nobel recentemente scomparso Gabriel García Márquez.
Questo mondo letterario può essere ora capillarmente esplorato anche in Italia. Negli ultimi anni, infatti, il mercato editoriale italiano ha proposto (o riproposto, in nuove traduzioni) numerose opere dello scrittore argentino, tra cui L'esame (2014) e Diario di Andrés Fava (2011) per la casa editrice Voland, Carta carbone. Lettere ad amici e scrittori (2014) e Un certo Lucas (2014), entrambi per Sur, Lezioni di letteratura. Berkeley 1980 (2014) e Gli autonauti della cosmostrada ovvero un viaggio atemporale Marsiglia-Torino (2013) e Lezioni di letteratura (2014) per Einaudi.
Tra le più recenti uscite annoveriamo il volume L'altro lato delle cose a cura di Tommaso Menegazzi, per i tipi di Mimesis, nel quale viene riportata l'intervista che Cortazar rilasciò al giornalista Joaquín Soler Serrano per la televisione pubblica spagnola. Impressionante è la lista degli intellettuali e degli artisti – latinoamericani e non solo – che si avvicendarono tra il 1976 e il 1981 di fronte alle telecamere di A fondo, come si intitolava il programma condotto da Serrano: Jorge Luis Borges, Eugène Ionesco, Salvador Dalí, Mario Vargas Llosa, Elias Kazan, Marcello Mastroianni, per citare solo alcuni dei nomi più conosciuti. Nel marzo del 1977 è la volta di Julio Cortázar, il quale, durante una conversazione di un'ora circa, intercalando alle riflessioni battute e sigarette, racconta il suo esordio nella letteratura, la genesi del suo universo poetico e l'acquisizione di una coscienza più spiccatamente politica, insomma, si racconta con modestia e autoironia.
L'altro lato delle cose si inserisce nella lunga serie di interviste che lo scrittore argentino concesse e che ce ne restituiscono ancora oggi un'immagine vivida e affascinante: tra le più popolari ricordiamo La vuelta a Julio Cortázar en (cerca de) 80 preguntas della scrittrice messicana Elena Poniatowska, pubblicata sulla rivista messicana Plural nel maggio del 1975, Conversaciones con Cortázar, a cura di Ernesto Gonzáles Bermejo (1978), La fascinación de las palabras, a cura di Omar Prego (1984). Quella curata da Menegazzi è una delle prime interviste in traduzione e costituisce pertanto un valido testo-bussola per l'orientamento del lettore italiano nel continente letterario Cortázar. Il titolo scelto per il volume – si tratta di alcuni versi di Federico García Lorca che l'intervistato dice di avere tatuati nella memoria – allude sapientemente a uno dei cardini della poetica cortazariana: la sguardo eccentrico, la scrittura “interstiziale”, che lo scrittore argentino spiega così in Del sentimento di non esserci del tutto:
[…] quello che il poeta vede o sente al posto di, o a fianco di, o al di sotto di, o al contrario di, con questo di che rimanda a ciò che gli altri vedono come credono che sia, senza spiazzamento né critica interna (Cortázar, 2006).
La lateralità, del resto, intesa come impossibilità di un destino ordinario, incanalato nei binari della consuetudine, sembra caratterizzare l'autore sin dall'infanzia, almeno secondo quanto emerge dal racconto di tipo autobiografico che costituisce il cuore della prima parte dell'intervista: la nascita casuale a Bruxelles “nello stesso, momento in cui il Kaiser e le sue truppe si lanciavano alla conquista del Belgio, che fu occupato proprio nei giorni della mia nascita” (tutte le successive citazioni nel testo, quando non altrimenti specificato, fanno riferimento al volume di Mimesis), il trasferimento nella provincia di Buenos Aires, a Banfield, “[...] una specie di meta-sobborgo, il sobborgo estremo, con strade non asfaltate, per le quali, nell'epoca della mia infanzia, molte persone andavano ancora a cavallo”, l'abbandono da parte del padre all'età di sei anni, del quale “[...] ebbi notizie solo quando appresi che era morto” e poi il ritratto dell'infanzia come momento inaugurale di una vocazione letteraria impellente e come accesso a una percezione inedita del mondo perché “[...] evidentemente il bambino osserva le cose in un modo molto più primitivo, privo di concettualizzazione, che non passa attraverso l'intelletto, ma che è piuttosto un'intuizione pura.”
Facoltà, quella dell'intuizione pura, dello sguardo magico, che anima la produzione letteraria di Cortázar, nella quale sono proprio il gioco infantile e la sua logica a fornire suggestioni, visioni, invenzioni, come non manca di sottolineare anche il curatore, Tommaso Menegazzi, sia nella bella introduzione – una vera e propria guida critica all'opera dello scrittore argentino – sia nell'accurato apparato di note d'accompagnamento al testo che, oltre a fornire un solido approfondimento a ciò che viene lasciato implicito o solo accennato, offre riferimenti bibliografici essenziali.
L'intervista ripercorre dunque le tappe salienti della vita di Cortázar intrecciandole con quelle della sua letteratura, in un itinerario articolato nel quale si possono riconoscere i segni di una metamorfosi tanto etica quanto estetica, dimensioni mai disgiunte nell'opera cortazariana, anzi, proficuamente comunicanti. Dal trasferimento dall'Argentina peronista degli anni Cinquanta all'insediamento a Parigi, dove si tratterrà in una sorta di auto-esilio, dallo scoppio della rivoluzione cubana che sosterrà con fervore, sino alla partecipazione al Tribunale Bertrand Russell, organismo internazionale deputato alla condanna dei crimini delle dittature militari in Sud America, assistiamo alla nascita di una nuova consapevolezza politica, espressa però, “[...] con un modo di fare letterario” perché “[...] io non sono nato per fare letteratura politica, non sono un politico e – come ho già detto – non possiedo idee coerenti. Posso osservare una determinata situazione, schierarmi ed esprimere ciò che sento rispetto a tale situazione”. Come affermò in modo assai più colorito ed efficace sulla questione in un'altra intervista: “la mia mitragliatrice è la letteratura” (Carbono, 1973).
A Serrano, Cortázar illustra dunque come possa, la letteratura, fungere da arma e abbattere convinzioni e convenzioni, far vacillare i pilastri di una conoscenza stretta entro la logica del logocentrismo occidentale, incitare il lettore a scovare una realtà inedita e pulsante invece di lasciare che continui a “[...] castigarsi gli occhi guardando quella cosa che si muove nel cielo e che sornionamente accetta il nome di nuvola, la sua replica catalogata nella memoria” (Cortázar, 1997). Ed è proprio il linguaggio la materia con cui il nostro autore intraprende quest'impresa di rinnovamento, nel tentativo di sovvertire la regola fissata dal dizionario, “il cimitero delle parole”, come viene definito nell'intervista rimandando implicitamente a uno dei giochi con cui si intrattenevano Horacio e Talita, i protagonisti di Il gioco del mondo. Perfezionista e meticoloso, Cortázar perseguirà sempre “un allontanamento della parola troppo seria, troppo solenne e ampollosa”. Come del resto già asserito altrove nelle teorizzazioni sul racconto breve, pervenire a un linguaggio tanto esatto quanto ricco, nel quale stile ed espressione, trattamento del tema e tema coincidano è compito imprescindibile dello scrittore “[...] che ricerca costantemente il rovescio delle cose”. Le invenzioni di questa ricerca linguistica incessante, Cortázar le mette al servizio di due modi antitetici eppure affini, che ampliano la visione del reale così come lo conosciamo: il fantastico e l'umorismo, modulazioni che sorreggono l'intento soggiacente a tutta la letteratura dell'argentino, ovvero proporre un punto di vista diverso da quello della logica tradizionale. Su questa tensione verso l'altro lato delle cose l'intervista di Soler insiste anche attraverso la rilettura di ciascuna opera, in una revisione complessiva della produzione cortazariana che i commenti dell'autore stesso rendono assai illuminante.
Forse non particolarmente ricco di novità per chi sia già esperto di Cortázar, sicuramente il libro curato da Menegazzi si rivela invece un ottimo strumento per lettori curiosi e appassionati o, per dirla con Cortázar, per lettori complici che siano in cerca di inaspettate ed entusiasmanti alleanze.
LETTURE
— Cortázar Julio, Il giro del giorno in ottanta mondi, Alet, Padova, 2006.
— Cortázar Julio, Storie di cronopios e di famas, Einaudi, Torino, 1997.
— Carbono Alberto, Julio Cortázar: Mi ametralladora es la literatura, Crisis, Argentina, giugno 1973.