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Una risata vi seppellirà, si affermava in pieno Sessantotto, ma poi non tutto è andato come previsto, anzi poco e non sarà qui che stenderemo il lungo elenco di attese mancate e/o tradite.

Un bel mucchio di speranze, allora quasi certezze, si sono ribaltate, spesso con esiti paradossali. Chi avrebbe mai immaginato appena Après Mai che potenti inquinatori anche al contempo istigatori all’offesa dell’ambiente, produttori di merci non smaltibili e di scorie tenaci, chi, dicevamo, avrebbe mai immaginato di farsi bacchettare proprio da costoro? Autoproclamatosi campioni di ecologia militante nel quotidiano, ecco oggi un bel mucchio di multinazionali impegnate su tutti i fronti, dalle etichette sui prodotti ai social media, a rovesciare chiacchiere e rimproveri (e anche sanzioni/punizioni pecuniarie) addosso al popolo dei consumatori, ignorante come tutti i popoli. È solo un esempio di mondo rocambolescamente rovesciatosi anche sfiorando il ridicolo. Prendiamo il salotto televisivo di Fabio Fazio, sempre con ospiti di grande richiamo o di alto profilo e talvolta entrambi. 

Senza entrare nel merito del format, nello stile e nella retorica del conduttore, nella tradizione televisiva di cui tutto è impastato e lievitato, la vetrina di merci culturali che si propone di essere – e in termini di marketing sicuramente centra l’obiettivo –, domenica 1° dicembre, è andato in scena un altro di quegli inimmaginabili rovesciamenti a cui abbiamo accennato. Ospite della trasmissione era Slavoj Žižek, filosofo urticante e vulcanico, stimolante e insensibile alle sirene dell’establishment e dell’ideologia del tardo capitalismo nel quale siamo immersi fino al collo e più, per non usare espressioni figurate più consone alla musa di Fazio, Luciana Littizzetto. Fazio ha invitato Žižek in trasmissione per quella che è una semi novità editoriale, la ristampa del voluminoso In difesa delle cause perse, pubblicato da Ponte alle Grazie.

 

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Che cosa è successo? Che Žižek a più riprese ha proferito la parola “comunismo”, scatenando puntualmente le risate del pubblico presente nello studio, pubblico presumibilmente di sinistra, quella larvale, spettrale verrebbe da dire, la benpensante sinistra italiana che nella sua veste migliore è una caricatura dei liberal made in Usa. 

Žižek parla sempre di comunismo e della sua necessità in forme da ripensare, da re-immaginare. Ne parla sempre e puntualmente scatena il riso della platea che ha di fronte. Lo si spiega più in dettaglio in apertura di uno dei contributi presenti in questo numero di Quaderni d’altri tempi, non a caso intitolato “Essi ridono”, firmato da Clara Ciccioni. Lo fanno con regolarità gli studenti che seguono i suoi corsi. Lo fanno soprattutto gli studenti statunitensi. È sconcertante, ma non rappresenta un integrale rovesciamento dello stato delle cose passate, come è invece il continuo sghignazzamento del pubblico faziano e fazioso, complice del conduttore, dell’ospite successivo, l’apocalittico/integrato di seconda generazione Paolo Bonolis e della musa già citata, che hanno sguazzato nell’esempio degli usi e costumi del defecare, provocatoriamente utilizzato in precedenza da Žižek. Questi è vanamente ricorso ai suoi mix di cultura pop e psicoanalisi, cinema e letteratura, inutilmente ha maneggiato Jacques Lacan per allarmarci sull’obbligo del godimento a tutti i costi che ci è imposto e delle scappatoie della coscienza per non soffrirne poi e senza successo ha vestito i panni colti del buon soldato Sc'vèik, per evitare la rappresaglia ridanciana. Dopo tanta cacca a cura di Luciana Littizzetto, reiterata settimana dopo settimana, quasi una auto coscienza spettacolarizzata della trasmissione, un po’ di merda comunista non poteva che far ridere… e così eccoci fuor di metafora. Una risata collettiva ha seppellito Žižek in prima serata, nient’altro che un nuovo episodio di quel ribaltamento facile da osservare nello scenario contemporaneo in ambiti eterogenei. Infine, resta da riconoscere ammirati la potenza tuttora inalterata, nonostante il web, del mezzo televisivo, che nell’occasione, in meno di mezzora, ha rappresentato, messo proprio in scena l’antagonismo tra il populismo casareccio che muove e commuove gli animi dei faziani e la creatività intellettuale autentica quanto mai apolide con i tempi che corrono. Già, che tempo che fa? Pessimo.

 

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