Il 10 ottobre 1952 il futuro arrivò definitivamente anche in Italia. Atterrò in edicola e il primo incontro ravvicinato avvenne con il romanzo Le sabbie di Marte di Arthur C. Clarke: era il numero 1 della neonata rivista Urania pubblicata da Mondadori. Sebbene non sia stata la prima in assoluto a diffondere la science fiction nel nostro paese – preceduta com’è stata da varie pubblicazioni più o meno effimere, più o meno “dedicate” – è indubbio che più di ogni altra pubblicazione ha rappresentato il calco (hardware science fiction e space opera, prima di tutto) della diffusione dell’idea di fantascienza che in Italia si è imposto per lungo tempo, resistendo a tentativi più “raffinati”, ad altre, più articolate, curvature del genere.
A ottobre di quest’anno, quindi, cade il sessantennio della nascita di un periodico che, nel bene e nel male, ha punteggiato e accompagnato, determinandone lo sfondo e indicandone l’orizzonte, l’intera storia della science fiction in Italia, facendo da testa di ponte – insieme al Tex di Sergio Bonelli Editore, come Urania ben ancorato ad origini americane, altro grande esempio di longevità seriale nel nostro paese (www.quadernidaltritempi.eu/numero28) – alla diffusione dell’immaginario contemporaneo in Italia, entrambi i periodici ben ancorati alle sue origini americane. In particolare, la narrativa di fantascienza ha accompagnato e contrappuntato l’intero percorso del Novecento e Quaderni d’Altri Tempi l’ha da sempre considerata come una chiave d’accesso particolarmente idonea per rendere possibile la comprensione del presente, delle sue articolazioni, dei suoi abitanti, dei tic e degli spasmi che lo agitano e lo marcano, tanto da avere iniziato questa avventura con un numero dedicato a Jules Verne (www.quadernidaltritempi.eu/numero1) e poi allestendo due numeri monografici in cui si azzardò una enciclopedia della science fiction che seguiva traiettorie non proprio ortodosse (www.quadernidaltritempi.eu/numero5 - www.quadernidaltritempi.eu/numero8), per non dire di un consistente numero di interventi. Per questo abbiamo deciso di articolare attorno ad Urania, al suo percorso, a ciò che accadeva in parallelo, la parte monografica di questo numero (Mappe) e avendolo fatto, alla maniera di sempre, a modo nostro, come già avvenuto nella citata enciclopedia, ci sembra utile fornire al lettore una piccola guida alla lettura.
Il punto di partenza è costituito da un saggio sulla fantascienza in Italia, allora intitolato LumpenScienceFiction, che circa trent’anni fa Antonio Fabozzi e Adolfo Fattori su proposta di Alberto Abruzzese scrissero perché comparisse sulla Letteratura italiana che agli inizi degli anni Ottanta Alberto Asor Rosa cominciava a costruire per l’editore Einaudi.
Il saggio comparve, nel 1989, in uno dei volumi dell’opera, ma profondamente trasformato – decisamente altro, per forma e contenuto, rispetto a questo originale, che è praticamente inedito, e che presentiamo qui, con un veloce ma necessario aggiornamento che copre – grosso modo – gli anni dal 1985 ad oggi.
Per renderne più agevole la lettura, lo abbiamo diviso in due parti, con il nuovo titolo di Orbite italiane (1 e 2), seguite ciascuna da un nuovo contributo originale che ripercorre i temi di fondo della fantascienza internazionale. Ognuno dei due interventi prende in esame una coppia di storie emblematiche dell’epoca considerata, tutte caratterizzate dall’essere state pubblicate per la prima volta in Italia da Urania. Si tratta di Paria dei cieli di Isaac Asimov e Cronache del dopobomba di Philip K. Dick nel primo e Incontro con Rama del citato Clarke e il racconto Zodiaco 2000 di James Ballard nel secondo. Come si vede, si tratta, non a caso, dei quattro autori più noti al di fuori del pubblico degli appassionati del genere, complice anche il cinema che ha preso a prestito diverse delle loro storie.
La nostra panoramica si chiude con una terza parte di Orbite italiane, che riparte da dove si chiudeva l’analisi del saggio LumpenScienceFiction. In questa sezione conclusiva si prende in esame la lenta evaporazione della fantascienza fino alla sua mutazione in aria che respiriamo tutti i giorni. Ecco perché non si è ritenuto necessario prendere in esame altrettanto dettagliatamente la letteratura pubblicata grossomodo negli ultimi vent’anni. Le cronache terrestri più all’altezza dei tempi oggi sono appannaggio di altri generi e di altri mezzi e la letteratura non riesce più a essere il passatempo visionario di un tempo, quel mirabile cocktail che ne ha fatto per decenni un osservatorio privilegiato delle faccende umane.
L’uscita di LumpenScienceFiction su Quaderni d’Altri Tempi è per noi però anche l’occasione per ricordare Antonio “Alien” Fabozzi, indimenticabile amico e valoroso compagno di strada dei tempi in cui cominciammo ad appassionarci alla cultura di massa e alla fantascienza e ad esplorare le nuove mappe dell’inferno. Un amico mancatoci troppo presto, che – ne siamo sicuri – dalle regioni oltre gli iperspazi da cui forse ci osserva, approverebbe questa pubblicazione, le poche variazioni di forma e attualizzazioni che abbiamo aggiunto e l’aggiornamento che la completa. D’altronde, conosceva bene quanto scriveva Ursula Le Guin nel magnifico incipit di La mano sinistra delle tenebre, ovvero che “la verità è una questione d’immaginazione”.