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VISIONI / TIM BURTON L'EXPOSITION


a cura di Mathieu Orléan / Cinémathèque Française, Parigi, 7 marzo – 5 agosto 2012


 

Un fabbricante di strani universi

di Fabio La Rocca

Tim Burton è un artista singolare capace di proiettarci in un mondo fantastico, di farci viaggiare negli arcani delle terre dell’immaginario dandoci la possibilità di scoprire degli universi fantasiosi. Usa il potente mezzo visivo che è il cinema, questa lanterna magica che più di ogni altro medium ci permette di viaggiare attraverso le epoche. Ma allo stesso tempo ci abitua alle sue visioni tramite la narrativa, i disegni, la fotografia, le sculture; ovvero attraverso strumenti di fascino estetico e potenti mezzi creativi che permettono agli “artigiani dell’immaginario”, di cui Burton è un grande esempio, di alimentare la produzione della fabbrica della cultura di massa. Ne è testimonianza la ricchezza immaginativa prodotta dalle sue opere e celebrata nella recente esposizione alla Cinémathèque Française di Parigi prodotta dal MoMa di New York che nel 2009 permise al mondo di Burton di addentrarsi nei circuiti dell’arte annullando, in questo modo, le barriere che separano le diverse creazioni estetiche. L’esposizione è un invito ad un percorso nella spirale della creazione immaginativa, della ricchezza dell’opera di Burton con i suoi primi disegni e i documenti dei suoi film, fotografie, story-board, costumi, figurine e i vari estratti dei più celebri prodotti cinematografici dagli esordi di cortometraggio fino al vampiro di Dark Shadow e alle prime immagini del prossimo Frankenweenie, lungometraggio d’animazione in stop motion, adattamento del celebre cortometraggio del 1984. Questo insieme di prodotti estetici è dunque un gran racconto di immagini mentali – una sorta di viaggio psichedelico – che ci consente di entrare in un mondo fantastico frutto di molteplici stati d’animo. In effetti, la vita creativa di Burton è intrisa dell’archetipo della periferia puritana americana dove è cresciuto: Burbank. Luogo in cui l’unica via possibile per sfuggire al sentimento di oppressione, alla piattezza e alla realtà asettica che spesso contraddistingue l’atmosfera grigia di molte periferie americane (ma non solo) è costituita dall’immaginazione. Ed è in questa particolare situazione atmosferica, ambientale, che prende corpo e sostanza, riferendoci alle intuizioni di Jorge Luis Borges, un “giardino zoologico delle mitologie” che compone il mondo di Burton. Un mondo particolare, un gran caleidoscopio in cui si rivelano le molteplici forme mutevoli dell’essere – umano e animale – che appartengono a quell’immaginario dei sogni e delle entità immaginative esplorate da Borges nella sua zoologia fantastica del Libro degli esseri immaginari (Borges, Guerrero, 2006). Di conseguenza, potremmo inserire le varie creature plasmate da Burton in quello stesso universo mitico e magico concepito dalla fantasia di Borges. E l’universo “burtoniano” sembra percorrere le ombre di un “realismo magico” in cui appunto sorge una geografia sentimentale formata da consistenze oniriche, fantastiche, da identità sovrannaturali e irrazionali. Un modo, questo, di rendere visibile l’invisibile. Certo si tratta di una caratteristica sempre più presente nell’arte, come già Paul Klee ci ricordava attraverso la sua celebre affermazione: “L’arte non riproduce il visibile, ma rende visibile” (Klee, 2004). Ma, ricordiamolo, questa proprietà – di rendere visibile l’invisibile – è una delle costanti qualità peculiari della potenza simbolica delle immagini. Non è forse questa la gran forza dell’immaginario fantastico costruito da Burton? Una maniera di sfuggire da quella razionalità moderna che non riesce ad accettare lo “strano”, il non-razionale che, invece, sono elementi centrali nella climatologia postmoderna in cui, è giusto segnalarlo, assistiamo ad un ritorno in forza dell’immagine e dell’immaginario e del loro simbolismo. In tal senso potremmo riferirci, nel caso delle “stranezze” simboliche ed estetiche di Burton, alla caratteristica freudiana dell’Unheimliche in cui la parte dell’ombra emerge e si rivela (si veda Quaderni d'Altri Tempi n. 39). Inoltre il suo cinema, più di ogni altro, possiede una forte capacità terapeutica che ci proietta nel mondo dei sogni e penetra il nostro inconscio attraverso la caratterizzazione di creature tipiche che possiedono un’aura particolare di fascino tenebroso che, allo stesso tempo, libera energie vitali, sentimenti ed emozioni. Quel cinema che diventa una piattaforma espressiva che ci permette di entrare nel territorio dell’esperienza umana (Abruzzese, 2003). In questo, dunque, l’universo di Burton svela “quello che è”, ovvero un’esistenza che gioca sui limiti del dark, dell’oscuro, del gotico e, allo stesso tempo, del pop. Un’arte del mix, di ibridazione estetica che genera un mondo popolato da creature e mostri che possiedono un’umanità tale da affascinarci e proiettarci in un mondo di sogni. Da un certo punto di vista, questo insieme ci conduce ad interrogarci sull’umana natura. Quella natura che ha sempre separato il bene dal male, il brutto dal bello, il “diverso” dal “normale”. Ma in fondo cos’è questa normalità che tanto assilla la nostra società e i moralisti benpensanti? Proiettandoci negli arcani dell’universo immaginario di Burton potremmo sostenere che la “normalità” non esiste! Del resto potremmo dire la stessa cosa anche per le creature fantasiose di Hayao Miyazaki con il quale è possibile creare un parallelo immaginifico in cui la “stranezza”, il “perturbante” (Freud, 1980) conquistano la scena affettiva e si erigono a figure emblematiche di un’epoca caratterizzata dal ritorno in forza dell’immaginario, del sublime, dell’archetipo, dei miti. In questo senso allora le immagini sono indice di una fusione di esseri, di un reincanto del mondo (Maffesoli, 2004). Siamo di fronte ad un’ibridazione di geografie immaginarie in cui tutte queste figure reincantano il nostro quotidiano e testimoniano di quella vivacità del politeismo contribuendo ad una remitologizzazione o ad una remagificazione del mondo (Rabot, 2011). In questo senso l’universo di Burton possiede una pregnanza ontologica (Durand, 1960) che s’interroga sul chiaro/oscuro dell’esistenza attraverso la creazione di un sistema di simboli, figure e metamorfosi che compongono la dimensione del racconto, di una narrazione fiabesca che ci apre le porte sull’immaginario: uno sguardo sulle cose portatore di una forma di “verità”, di un’esplorazione della psiche, dell’invisibile, del mostruoso. In effetti, la struttura dell’immaginario di Burton è dell’ordine della monstratio: l’atto del mostrare che, etimologicamente, è in comune con la parola mostro. Dunque i “mostri” burtoniani, e le sue creature “strane”, sono valorizzati in quanto potenza simbolica dell’umano. Ed è in questa accezione che ritroviamo tutto il fascino estetico di Edward mani di forbici, degli ironici alieni di Mars Attacks!, l’esorcista Beetlejuice, il celebre Jack di Nightmare Before Christmas, divenuto un’icona pop, le creature di Alice in Wonderland, fino all’ultimo vampiro gotico in Dark Shadow, senza dimenticare le parodie di Frankenweenie che rivisita il mito di Frankenstein, o il personaggio Stainboy. Personaggi che rientrano nell’universo degli incubi infantili, delle angosce puerili, temi e ossessioni di Burton che mescola, con intelligenza, l’onirico con il fantastico, il meraviglioso con il fiabesco proiettandoci in uno stadio di iniziazione ai codici estetici del magico.

Queste diverse ossessioni stilistiche sono costitutive di un reincanto del reale in cui Burton sembra un chirurgo estetico che rifà il mondo reale, inverte il mondo stesso in cui, ad esempio, la morte diventa, come nel caso di La sposa cadavere, una società gioiosa ricca di colori vivaci. In questa “linea di fuga” si fonda la pregnanza ontologica di Burton, quel suo indagare la complessità socioculturale e la sua atmosfera simbolica come una sorta di geofilosofia dagli accenti fantasiosi dove, riferendoci alla filosofia di Gilles Deleuze e Felix Guattari, la molteplicità delle figure disegnate si legano insieme per formare uno sguardo di superficie. Tra l’altro questo legare insieme, da un altro punto di vista, rappresenta, secondo la prospettiva del pensiero di Michel Maffesoli, un momento dove si avverte il bisogno di fondersi e di accentuare un “sentimento di appartenenza con i miti, le piccole storie” (Maffesoli, 2007). In questo senso, gli eroi fantasiosi di Burton rappresentano la “stranezza” del mondo e mettono in moto un universo di attrazione in cui le emozioni sensibili permettono di passare dall’altro lato dello specchio per fondersi con l’Altro. E quell’Altro è composto qui da un mondo di metamorfosi bizzarre, di stranezze carnevalesche, maschere che rendono lo “strano” un universo prossimo alla natura umana. Come un eterno ritorno al mito infantile: questa sembra essere una delle direzioni proprie all’universo immaginifico di Burton. Un universo formato da vie della percezione capaci di farci passare tra due mondi e che ci ricorda in che modo si può comprendere il reale a partire dall’irreale. Questo sembra essere l’invito del mondo di Burton in cui le varie produzioni visive sono come tanti “raggi del mondo” (Merleau-Ponty, 2003) caratterizzati da una “porosità” che, come illustrato da Walter Benjamin, esprime una co-appartenenza. Se tale co-appartenenza nel filosofo tedesco si compie nell’immersione estetica e onirica dei passages, nel caso del mondo “strano” di Burton possiamo situare vari passages estetici nelle molteplici immersioni immaginative del suo universo visivo. La percezione di questo universo nella sua qualità sinestesica e cinestetica, come ci insegna Maurice Merleau-Ponty, è una fonte espressiva in cui emerge la potenzialità del senso. In questo caso il viaggio nel mondo fantastico di Burton rappresenta il senso di un mondo estetico fondamentalmente poroso.

 


 

LETTURE

  Abruzzese Alberto, Lessico della comunicazione, Meltemi, Roma, 2003.
Borges Jorge Luis, Guerrero Margarita, Il libro degli esseri immaginari, Adelphi, Milano, 2006.
Burton Tim, Morte malinconica del bambino ostrica e altre storie, Einaudi, Torino, 1998.
Burton Tim, Entretiens avec Mark Salisbury, Sonatine, Paris, 2009.
Barthes Roland, Miti d’oggi, Einaudi, Torino, 1974.
Deleuze Gilles, Guattari Félix, Millepiani, Castelvecchi, Roma, 2000.
Durand Gilbert, Le strutture antropologiche dell’immaginario: introduzione all’archetipologia generale, Dedalo, Bari, 1972.
Freud Sigmund, Il Perturbante in Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, vol. 1, Boringhieri, Torino, 1980.
Klee Paul, Confessione creatrice e altri scritti, Abscondita, Milano, 2004.
Maffesoli Michel, Le réenchantement du monde. Une éthique pour notre temps, La Table Ronde, Paris, 2007.
Merleau-Ponty Maurice, Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano, 2003.
 

 

VISIONI

Una selezione per conoscere meglio l’opera di Tim Burton. Sono indicate le edizioni più recenti in dvd.

 Frankenweenie, incluso in Nightmare Before Christmas Special Edition, Walt Disney Studios Home Entertainment, 2010.
Pee-wee’s Big Adventure, Warner Home Video, 2006.
Beetlejuice, Spiritello porcello, Warner Home Video, 2008.
Edward mani di forbice, 20th Century Fox, 2002.
Nightmare Before Christmas Special Edition, Walt Disney Studios Home Entertainment, 2010.
Mars Attack! Warner Home Video, 2000.
La fabbrica di cioccolato, Warner Home Video, 2005.
La sposa cadavere, Warner Home Video, 2006.
Alice in Wonderland, Walt Disney Studios Home Entertainment, 2010.
Dark Shadows, 2012, Warner Home Entertainment, 2012.