Do Androids Dream of Heretic Lambs? L’ultimo dei replicanti |
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di Adolfo Fattori |
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Concludiamo dunque
coraggiosamente che l’uomo è una
macchina, e che in tutto l’universo
c’è una sola sostanza diversamente
modificata. J. O. de la Mettrie, L’uomo macchina
Gli esseri umani
sono stati dei cyborg fin dall’anno zero. Erik Davis,
Techgnosis
qui le commande et qui voit pour lui. Guerrier invulnérable, sans peur et sans pitié, ce combattant d’acier serait un adversaire des plus redoutables. Pierre Mabille, Le miroir
du merveilleux SCENA 1, esterno notte S. Francisco, California, 2019 d. C. Rick Deckard
è un Blade Runner, un
poliziotto incaricato di rintracciare e “terminare” i replicanti, gli androidi ribelli, e
riesce a rintracciarne sette su otto, per poi scoprire che l’ultimo è...[1]
È la storia che
Philip Dick, uno dei più rigorosi cronisti del futuro attuale, ci narra in Il cacciatore di androidi[2]:
in un futuro (forse ormai prossimo), una guerra disastrosa, l’ultima guerra mondiale, ha distrutto e
spopolato la Terra, e la maggior parte dei sopravvissuti è dovuta emigrare su
Marte, accompagnati dai replicanti, androidi al loro servizio. Ma gli androidi, che hanno una
vita “a termine”, si ribellano alla loro condizione – e ai loro padroni – e
vengono eliminati, terminati, nel
gergo algido del potere. Tranne otto di loro, che riescono a scappare dalla
colonia e a raggiungere la Terra. Ma… Dick – e con lui Ridley Scott, che riprende la
storia qualche anno dopo – evidentemente non era al corrente di tutta la
verità: i due ci danno informazioni non sempre coincidenti – o hanno voluto
tacerci qualcosa. Perché… E se i replicanti fossero stati di più? E se lo
stesso Deckard fosse stato tenuto all’oscuro di una parte
della verità? E se un replicante, il
più pericoloso, fosse stato tenuto fuori dal conto, nascosto, e spedito laddove
i Blade Runners, i
poliziotti come Rick, non avrebbero mai potuto
rintracciarlo? Per esempio nel passato? SCENA 2, esterno
notte Los Angeles, California, 1984 d. C. Siamo nel cortile di una scuola. Improvvisamente dal nulla
si alza il vento, accompagnato da uno stridìo
lamentoso, mentre si produce un arco voltaico. Compare un uomo nudo, apparentemente di circa trent’anni. Ha il fisico di un militare superaddestrato, il volto duro, i capelli cortissimi. Si muove con grazia e sicurezza. È il Terminator. Sappiamo dai cronisti del futuro – altri, rispetto a Dick e Scott, in questo caso James Cameron[3]
– che “Nel 2029 un supercomputer chiamato Skynet,
creato come arma di difesa capace di apprendere e crescere da solo, si ribella
e tenta di controllare il pianeta distruggendone tutte le forme di vita e
creando per lo scopo delle macchine dalle sembianze umane, i Terminator, che
usano veri tessuti vitali come guaina che ricopre uno scheletro di metallo. Uno
di loro (Schwarzenegger) viene mandato indietro nel
tempo, nella Los Angeles del 1984, con lo scopo di uccidere Sarah Connor (Hamilton) la madre del
futuro capo della resistenza umana John Connor; ma sempre dal futuro viene inviato dalla resistenza
un uomo, Kyle Reese (Biehn), con l'incarico di proteggere la donna dal
Terminator.”[4] Potrebbe essere lui il replicante sfuggito alla caccia dei
Blade Runners – lui, e
quelli che lo seguiranno, con intenzioni alternanti, nei due sequel della serie.[5] Cambiamo scenario e torniamo
indietro, molto indietro nel tempo.
[1] Tengo conto anche del film
che Ridley Scott ha tratto
dal romanzo, l’indimenticabile Blade
Runner.
[2] Il romanzo di Dick,
l’ormai famoso Do Androids
Dream of Electric Sheep?
ha avuto molte edizioni in italiano: Il
cacciatore di androidi, Nord, Milano, 1986/1995; Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, Fanucci,
Roma, ma anche, sempre per Fanucci, Balde Runner, più strettamente legata al
film di Scott.
[3] J. Cameron,
The Terminator, USA, 1984.
[4] F. Puglisi, Terminator,
http://www.cinefile.biz/t1.htm , 22
settembre 2003.
[5] J. Cameron,
Terminator 2, USA, 1991.
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