
L'ombra della morte, n. 4, 1994, disegno da pag. 73.
Soggetto e sceneggiatura: Mario Gomboli e Patricia Martinelli, matite e china: Dino Torchio e Franco Paludetti
04. TUTTO PER IL PROPRIO UOMO
di Susanna ScrivoBionda, alta, bellissima e
pericolosissima. Icona di sensualità e immagine di impatto
nel mondo del merchandising. Eva Kant è la protagonista
femminile del fumetto creato dalle sorelle Giussani; compagna e
complice di Diabolik, i due rappresentano la coppia perfetta, sia
esteticamente (lui scuro e lei bionda), sia professionalmente, grazie
alla condivisione di piani “diabolici”.
Inizialmente, come è noto, le sorelle Giussani utilizzarono come musa ispiratrice per la loro eroina l’attrice Grace Kelly. Negli anni, però, le immagini di Eva Kant e Diabolik sono state soggette ad alcune modifiche atte a modernizzarne quanto meno le caratteristiche fisiche.
Eva Kant rappresenta un personaggio femminile che nel tempo acquista un rapporto apparentemente paritario con il suo compagno Diabolik, sia dal punto di vista sentimentale che dal punto di vista professionale. L’apparente parità tra i due protagonisti è messa in evidenza soprattutto nell’episodio in cui Eva salva Diabolik dalla sicura ghigliottina, intitolato L’ombra della morte. Parità “apparente”, appunto, perché nello stato immaginario di Clerville, dove si svolgono le vicende di Diabolik, sembra non esistere un ministero delle pari opportunità.
L’ombra della morte, scritto da
Mario Gomboli e Patricia Martinelli e disegnato da Dino Torchio e
Franco Paludetti, esce a luglio 1994, n. 4 dell’anno XXXIII,
e ancora a novembre 2008, nella serie di ristampe Diabolik R. Clerville è sconvolta dall’epidemia
letale di un virus misterioso. Il contagio non risparmia Diabolik,
né Altea, compagna dell’ispettore Ginko. Eva si
vede costretta a consegnare Diabolik alle autorità per
assicurargli le cure adeguate, sebbene i ricercatori
dell’ospedale non abbiano la più pallida idea
dell’origine e della natura del virus, né
dispongano di un antidoto. Sembra che il virus sia stato creato in
laboratorio, e sulla città di Clerville si profila
l’ombra scura di una guerra batteriologica. Ginko inizia
così le indagini, coadiuvato da Eva Kant, che mette al
servizio dell’ispettore tutta la sua astuzia e
“professionalità”. Eva salva Ginko da un
incidente mortale organizzato dai servizi segreti e
dall’industria farmaceutica produttrice del virus ai danni
dell’ispettore, per fermare le sue indagini indiscrete. Eva
si rivela poi fondamentale nel furto dell’antidoto, che
garantirà la salvezza ai malati di Clerville, compresi
Diabolik e Altea. Ma se Eva deve allearsi con Ginko per salvare
Diabolik dalla malattia, dovrà poi sperimentare
un’altra inedita alleanza per salvare il suo uomo dalla
condanna a morte che pende sul suo capo. Ginko è deciso a
non lasciarsi sfuggire l’occasione di catturare una volta per
tutte il genio del male, ma non ha tenuto conto del fatto che militari,
poliziotti, elicotteri e armi di precisione poco o nulla possono contro
l’alleanza di due donne ben decise a raggiungere il loro
scopo: Eva Kant e Altea, duchessa di Vallenberg.
Sebbene la storia sia stata scritta nei primi anni Novanta, le dinamiche relazionali tra i personaggi e l’atmosfera prevalente rimandano chiaramente alla realtà spazio-temporale “diabolika”, che poi altro non è che l’Italia dei primi anni Sessanta. Anzi, ancora più nello specifico, la Milano delle sorelle Giussani, donne creative e imprenditrici moderne. Per fare un esempio della lungimiranza imprenditoriale delle Giussani, che decisero di creare un formato tascabile comodo da sfogliare in stazione o sui treni da lettori soggetti a spostamenti quotidiani, basti pensare all’impero giapponese dei manga, largamente basato sul consumo da parte dei pendolari. Ma c’è da dire che il pendolarismo giapponese implica lunghi spostamenti, e che il servizio – ferroviario ed editoriale – offerto loro è ben diverso da quello offerto ai pendolari italiani.
Tornando a Eva Kant, sì, lei è in
gambissima. Sa cavarsela molto bene con la meccanica, la tecnologia
più avanzata, è inoltre agile e ha un invidiabile
intuito. È evidente come sia perfettamente alla pari con il
suo compagno e complice. Eppure, tutto il suo talento ha
l’unico scopo di spalleggiare i piani e la carriera criminale
di Diabolik. In questo episodio è fondamentale il ruolo di
Altea, che appoggia e sostiene Ginko e che molto più di Eva
rappresenta la dedizione femminile verso il proprio uomo e la propria
famiglia tipica della donna degli anni Sessanta. Altea, alleandosi con
Eva per aiutarla a far scappare Diabolik come segno di gratitudine per
aver salvato prima la vita a Ginko, e poi a sua cugina e alla sua
figlioletta grazie all’antidoto al virus, viene meno a
dedizione domestica e sottomissione alla volontà maschile.
Il senso di colpa e l’insicurezza delle proprie scelte
emergono chiaramente dalle ultime due battute di Altea. La duchessa
è abbracciata a Ginko, e cerca di consolare
l’ispettore che non riesce a darsi pace per la fuga a lui
inspiegabile di Diabolik, e pensa: “Dio mio... se sapesse.
L’ho ingannato. Ho fatto passare i miei principi prima dei
suoi... Lui non dovrà saperlo mai, altrimenti lo
perderò. E io lo amo troppo per perderlo”. Bacio
appassionato.
Anche l’ultima scena di Diabolik ed Eva ritrae i due in un bacio appassionato, e anche in questo caso l’ultima battuta spetta al personaggio femminile: “Ho passato giorni di una angoscia che non ti posso descrivere, ma per fortuna ora è tutto finito”.
Nonostante Eva si possa considerare una specie di
super-eroina, o, meglio, di “super cattiva”, nel
rapporto sentimentale con Diabolik dimostra di essere ancora ben
lontana dalla consapevolezza femminista del suo ruolo di donna nella
società aldilà della presenza maschile al suo
fianco. Al contrario, sembra rappresentare pienamente il romanticismo
alla Grace Kelly o alla Jacqueline Kennedy, donne protagoniste del loro
tempo solo in quanto spose.
Non sembrerà troppo azzardato un parallelismo tra Eva Kant e Betty Draper, moglie di Don Draper, protagonista delle serie televisiva americana Mad Men (ideata da Matthew Weiner e in onda dal 2007, quinta stagione in corso). Mad Men, ambientato a New York in un arco temporale che parte dal 1959 e va a coprire tutti gli anni Sessanta, racconta le storie personali di un gruppo di uomini e donne impiegato in un’agenzia pubblicitaria, alle prese con il boom economico degli Stati Uniti, la nascita dell’egemonia commerciale e industriale americana, nonché con gli eventi storici e politici dell’epoca.
Colpisce prima di tutto la somiglianza fisica dei due personaggi di fantasia con Grace Kelly, evidentemente simbolo di una prorompente femminilità abbinata a un’innata eleganza e classe necessarie per una scalata sociale degna di una principessa Disney. Ma, soprattutto, simbolo di una donna dedita alla propria famiglia, perfetta donna di casa, moglie e madre, disposta a mettere da parte le proprie ambizioni personali e la propria carriera.
Betty Draper è una modella che rinuncia alla propria carriera per diventare moglie e madre dei figli del pubblicitario più famoso e produttivo della Sterling Cooper di New York. Quando a Betty viene offerta l’opportunità di riprendere il suo lavoro di modella, scelta da un’agenzia pubblicitaria per essere il volto della campagna della Coca Cola in virtù della sua somiglianza proprio con Grace Kelly, si scoprirà successivamente che tale offerta aveva l’unico scopo di spingerla a convincere il marito a lavorare per la concorrenza. A Betty non viene riconosciuto un valore individuale, se non quello estetico ed erotico, perché è considerata una semplice costola del marito. Il personaggio di Betty crescerà sempre di più e si svilupperà a tal punto da allontanarsi dal modello di donna devota al focolare familiare, dolce e amorevole con il marito, per arrivare a diventare una donna più moderna, complessa e travagliata, anche una “figura cattiva”, che però decide di stravolgere la propria vita solo dopo aver scoperto i numerosi tradimenti del marito ed essersi innamorata di un altro uomo. Una donna di altri tempi, insomma, che non può fare a meno di una presenza maschile al suo fianco.
Un po’ come Eva Kant, che in tanti anni di serializzazione di Diabolik non è ancora degna di uno spin-off regolare tutto suo, al contrario di altre eroine del fumetto italiano a lei successive, come Legs Weaver (nata dalla costola di Nathan Never).

