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letture /
di Gino Pagliuca
I bluff, le bugie
le ricette economiche di Tremonti e quelle biologiche

Che cosa avranno mai a che vedere il più potente ministro della Repubblica, anzi, il vero capo del Governo, alias Giulio Tremonti, con le leggende metropolitane che circondano il mondo del cibo? Il parallelo è ardito ma lo facciamo mettendo in relazione due recenti volumi che hanno un tratto in comune molto interessante: entrambi trattano di disvelamento delle bufale e di un’informazione compiacente o interessata (o disinformata, o solo superficiale) che invece opera attivamente in favore del radicamento delle bufale stesse. E la parentela sta anche nel titolo, nel primo compare la parola bluff, nel secondo bugie.
Il testo su Tremonti, Il Grande bluff, è opera di Giovanni La Torre, manager finanziario che ha alle spalle la pubblicazione di due fortunati manuali di divulgazione economica (L’economia in dieci conversazioni nel 2006 e Conversazioni sull’economia contemporanea nel 2009, entrambi pubblicati da Editori Riuniti); se i primi due libri, adottando la formula della scrittura a domanda e risposta, si rifacevano alla maieutica di Socrate, per quest’ultimo lavoro invece La Torre ha adottato l’altra famosa tecnica dell’Ateniese, l’ironia.
Il pensiero di vacillante struttura teoretica, la prosa oscura e le continue contraddizioni al limite del grottesco che caratterizzano gli scritti del ministro sono vivisezionati senza pietà per giungere alla conclusione che ci troviamo di fronte a un fiscalista che gioca un ruolo del tutto al di sopra delle sue possibilità. A questo proposito vale la pena di ricordare un episodio consegnato alle cronache: Tremonti ha avuto l’indubbio merito di essere stato il primo a osteggiare Antonio Fazio, quando questi era osannato da destra e sinistra ed era considerato una sorta di risorsa per il paese destinato a un grande destino politico (era già successo, prima di lui con Carli, Ciampi e Dini, forse succederà con Draghi). Nel corso di un’audizione parlamentare sulle vicenda Popolare di Lodi a Fazio, ancora in carica, anche se ormai in odore di pensionamento, venne chiesto che cosa sapeva delle operazioni compiute all’estero dalla banca nei paradisi fiscali. La risposta velenosa di Fazio fu: “Avete come ministro il più grande esperto italiano di paradisi fiscali, rivolgetevi a lui…”
Ora, la mossa di mettere a capo del ministero delle Finanze uno che nella vita precedente di professione aiutava i suoi clienti a sfuggire, per carità nel pieno rispetto delle normative italiane e internazionali, alle maglie del Fisco a qualcuno potrebbe sembrare come mettere Mengele a fare il ministro della Sanità; si può però obiettare che le major dell’informatica cercano di assumere i più brillanti hacker per aiutarle a sconfiggere gli altri hacker; il guaio è che alcune scelte compiute da Tremonti fanno propendere più per l’ipotesi Mengele, a partire dallo scudo fiscale per il rientro dei capitali dall’estero. Un provvedimento che è stato sì varato anche altrove ma non con aliquote così generose (il 5% nella versione 2009) e soprattutto senza dare al contribuente furbo la garanzia dell’anonimato.
D’altra parte, come nota La Torre, Tremonti da commentatore senza responsabilità politiche di primo piano si era sempre scagliato contro i condoni fiscali giudicati come immorali…
Molte pagine del volume sono dedicate al melting pot ideologico di Tremonti, che mischia nelle sue analisi liberismo e liberalismo, forse ritenendo - chiosa La Torre - trattarsi di sinonimi, e giunge all’introduzione del concetto di “mercatismo” di oscuro significato, che nell’analisi del ministro filosofo dovrebbe essere una sorta di rivincita dei comunisti, che dopo la caduta del Muro di Berlino si sono messi a lavorare per distruggere l’odiato sistema capitalistico dall’interno; forse però il sistema stava già facendo da solo…
“Questo è un punto della storia in cui non devi leggere i libri di economia ma la Bibbia”, recita uno delle più fortunate uscite recenti del ministro e che fa il paio con l’ancora più celebre “Silete economisti” lanciato nel pieno delle crisi finanziaria globale di fine 2008 (un appello per la verità non del tutto ingiustificato: le stupidate dette anche da affermati cultori della scienza triste prima dello scoppio della crisi sono oggetto di esilaranti raccolte in volume). La folgorazione sulla via di Damasco del ministro nato socialista lo sta portando a sempre più stretti legami Oltretevere, dove però anche prima certo non era malvisto, dato che da tecnico il giovane Tremonti diede un impulso decisivo alla formulazione dei criteri di erogazione dell’8 per mille. Vicino alla Chiesa sono le posizioni, assolutamente condivisibili in sé e di per sé, sul consumismo; un fenomeno che, nell’analisi tremontiana, omologando le persone ancora una volta si disvela come il trionfo o, se vogliamo la rivincita, del comunismo. La Torre nota, però, che nelle dotte analisi di cause ed effetti c’è un’omissione: il ruolo svolto nell’esasperazione del consumismo dalla televisione. Una dimenticanza forse voluta pensando a chi possiede le televisioni in Italia.
Un altro aspetto su cui La Torre si sofferma sono le famose bordate anticinesi e l’idea, molto leghista (non per nulla il Nostro ormai è la cerniera di congiunzione tra Bossi e il Vaticano) di varare dazi. Non è solo un errore, argomenta La Torre, ma suicidio economico: un paese che esporta più di quanto importa non ha niente da guadagnare da una politica protezionista che innescherebbe reazioni uguali e contrarie. Così come un errore è l’idea del duo Tremonti-Berlusconi di ridurre il numero delle aliquote e spostare il peso fiscale dall’Irpef all’Iva. Si introdurrebbero imposte nei fatti regressive (i consumi pesano meno sui redditi dei ricchi) e si otterrebbe l’effetto opposto a quello, la difesa dei ceti più deboli, che Tremonti dice di voler ottenere in questa fase in cui appare folgorato dalla dottrina sociale della Chiesa.
La Torre si chiede come sia possibile che un personaggio come questo possa trovare apprezzamento anche a sinistra (dove è considerato comunque il meno peggiore della compagine governativa; chi sa gli altri) e soprattutto come mai non vi sia nessuno che lo sottoponga a un serio contraddittorio in televisione ma si dia spazio alla sua dialettica brillante (Tremonti funziona sulla frase ad effetto, molto meno sui periodi che contengano almeno una subordinata) e lo si lasci compiacere di se stesso come un primo della classe che ha dimostrato ancora una volta il suo ruolo. Quello di Tremonti è un linguaggio, non un pensiero, scrive La Torre, e nessuno ne rivela il bluff.
La critica fatta all’informazione da La Torre è fondata ma, da umili addetti ai lavori, dobbiamo dire che il ministro non è il solo a godere di un trattamento di favore. A destra e a sinistra si va alle trasmissioni televisive solo se possono scegliere gli intervistatori e concordano le domande: si dice che Vespa sia servile nei confronti di Berlusconi, ma non ricordiamo durissime interviste fatte da questo illustre collega a D’Alema o a Fassino, così per dire… Forse ci saremo distratti.
Il ruolo dell’informazione è, come dicevamo sopra, anche al centro di un libro che parla di cibo: Pane e bugie. Lo ha scritto un professore dell’Università dell’Insubria, Dario Bressanini, e anche qui il registro stilistico è quello dell’ironia, calata sui luoghi comuni che riguardano quello che mangiamo. Il primo è quello dei cibi per definizione più salubri di altri: lo scopo di Bressanini è far capire che spesso quello che ci viene spacciato come più sano è solo più redditizio per chi lo produce, senza alcuna evidenza scientifica della superiorità nutrizionale. Il bio e i pregiudizi contro gli Ogm sono nel mirino dell’autore: il primo perché molto spesso, anche qualora si prendano per buone (e a modesto avviso di chi scrive un po’ di sano scetticismo non sarebbe male) tutte le assicurazioni che i prodotti siano coltivati e raccolti con tutti i crismi dell’agricoltura biologica capita spesso che il rapporto tra qualità e prezzo sia parecchio sfavorevole (Bressanini in un’intervista ci ha dichiarato “Al consumatore non importa sapere quante vitamine ci sono in un chilo di patate bio rispetto a quelle non bio, a lui interessa sapere quante vitamine può comprare per ogni euro speso per le patate”). Sugli Ogm invece il Nostro ha un atteggiamento di sospensione del giudizio, ma segnala che al proposito si sono diffuse informazioni del tutto inesatte dal punto di vista scientifico, veicolate da chi ha precisi interessi (contrariamente a quanto si può pensare per il business delle maggiori aziende chimiche del mondo sono che si continui la coltivazione tradizionale) e, soprattutto, senza che nessun organo di stampa chieda seriamente di argomentare le affermazioni di non addetti ai lavori. È così capitato anche al nostro ex ministro dell’Agricoltura quando ha detto di non voler dare seguito alle norme europee in materia: Tremonti quindi, nell’evitare qualsiasi contradditorio, non è un privilegiato dalla stampa…
Bressanini, al pari di La Torre, mette l’accento sulle contraddizioni delle posizione protezioniste: dura la polemica con i mercatini dei Km 0, non perché non vadano preservate le produzioni locali, ma per due ottime ragioni: la prima è che non si può pensare di predicare l’autarchia alimentare e pretendere che altri non facciano poi lo stesso (l’export alimentare fa parecchio comodo alla bilancia commerciale), la seconda è che i mercatini locali, anche ammesso poi che la merce sia realmente prodotta dai contadini e non comprata ai mercati all’ingrosso (noi la mano sul fuoco che la seconda ipotesi si possa sempre scartare non ce la metteremmo) non sempre presentano prodotti con un bilancio ambientale favorevole: se, ad esempio, vendo frutta prodotta in serra riscaldata probabilmente l’energia impiegata per il calore è superiore a quella necessaria per il trasporto anche da migliaia di chilometri e questo basta per smentire che la merce a km 0 sia sempre più sostenibile. Insomma, serve anche in questo campo la metodologia scientifica, basata sul dubbio cartesiano. Un sistema di pensiero che non pare piacere né ai guru dell’ambientalismo più o meno furbetto né al nostro furbetto al ministero dell’Economia, che di dubbi non ne ha mai quando scrive. Salvo affermare il contrario al successivo best seller.