lcuni membri della polizia di
Los Angeles stanno ri-visionando un filmato fatto arrivare in
commissariato da anonimi. L’investigatore privato Harold
Childe fa parte del ristretto pubblico ammesso. Sullo schermo viene
proiettato un incontro tra una misteriosa e affascinante donna e
Matthew Colben, socio di Childe, sparito da un paio di settimane.
L’incontro è sin dalle premesse di quelli caldi,
anzi bollenti, Colben è disteso su un tavolo, nudo, le
braccia legate al corpo e le gambe al tavolo, divaricate in modo da
formare una V. La donna è nuda a sua volta. Sulle prime
tutto procede come in un soft porno,
“La bocca di lei girò intorno alla testa del pene e si sentì il rumore del risucchio.
Niente di speciale, la scena è resa bizzarra da una colonna sonora che snocciola di seguito l’Humoresque di Antonín Dvořák e l’Ouverture del Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini. Colben eiacula. Poi…
“La donna alzò velocemente la testa. Il pene era scosso dai fremiti dell’orgasmo. Aprì la bocca in tutta la larghezza, si piegò rapidamente e morse. I muscoli lungo la mascella si gonfiarono quelli del collo le divennero simili a corde. Corben urlò”.
Parte un colpo di cannone, è l’Ouverture 1812 di Pёtr Il’ič Čajkovskij, tra il pubblico nel commissariato c’è chi inizia a vomitare, sullo schermo succede di tutto, entra in scena un uomo che indossa un mantello nero, rivoli di sangue colano dal mento della donna e scorrono sui suoi seni, il pene di Colben è zuppo di sangue e sperma, l’uomo che è appena sopraggiunto si china su di lui e completa l’opera iniziata dalla donna. Anche Childe vomita non riuscendo a rivedere il filmato fino alla sua conclusione. Dobbiamo a Philip José Farmer (vedi Quaderni d’Altri tempi n.20), autore di questo romanzo, The Image of The Beast (1968) e del suo seguito, Blown (1969), la messa in scena della singolare copula tra fantascienza, gotico e pornografia. I suoi vampiri sono alieni, invasori della Terra. Il singolare triangolo si rivela fertile, mettendo a nudo i legami sottesi tra i generi, fra il gotico con tutto il suo repertorio di psico-simboli, compresa a rimorchio la licenziosità che fino ad allora faceva solo capolino su locandine piccanti e il metagenere della modernità: la science fiction. Ad illuminare la scena è proprio la figura del vampiro, l’alieno per eccellenza, l’esso che è altro da noi, un differentemente esistente agito da logiche che ci sono estranee. Gli alieni sono con i robot le due creature che appartengono di diritto alla fantascienza. Una è figlia dell’uomo, l’altra dell’universo. Afferiscono entrambe al corpo, ma se nel caso delle macchine (più o meno) senzienti il legame è trasparente, meno chiaro, anzi torbido è il nesso tra corporalità e vampirismo, relazione parassitaria, che vede il vampiro nutrirsi della vitalità del corpo umano ingerendo cibo altamente simbolico: il sangue.
L’essere vampiro non è cognitivamente comprensibile, ma qualsiasi sia la modalità prescelta per rappresentarlo, ha un solo tema inscritto nel suo codice, il sangue e una sola regola di comportamento: la serialità. Logica che ha incarnato ingenuamente, ma con forza incontenibile, la metafora del rapporto capitale/lavoro, la dialettica profonda della società industriale, quella che è andata declinando negli ultimi cinquant’anni, grossomodo, nei territori più avanzati dell’occidente. L’estrazione di plusvalore, lo sfruttamento della forza lavoro, il dominio del lavoro morto sul lavoro vivo, i concetti chiave della critica marxista alla società e all’economia capitalistica sono stati incarnati alla perfezione dall’essere chiamato vampiro. Società dei tempi andati, metafora obsoleta, ora il vampiro è specie a rischio estinzione. Sarà per questo che molte delle nuove incarnazioni sono così tormentate, non/altre/esistenze in preda a drammi esistenziali. L’oggi è tutt’altro, l’immaginario si liquefa, le figure liberate dai ruoli, ormai emancipate, si rimescolano. Liberi di essere qualsiasi cosa si aggirano alla ricerca di possibili nuove metafore da incarnare. La globalizzazione, però, richiede al vampiro flessibilità, che il loro corredo genetico sembra non contemplare, per assolvere efficacemente alla funzione metaforica che come un’ombra li accompagna. Uno smarrimento anticipato da alcune operette minori, nello snodo temporale posto a cavallo tra i Sessanta e i Settanta del secolo scorso, che fungono da indice della svolta culturale nel segno di varie liberazioni (sessuale, generazionale e così via) alla quale neanche queste misteriose creature hanno potuto sottrarsi. Lavori di serie B, ma segni forti dei tempi che cambiavano. Al lavoro non c’è solo Farmer. L’alba del tardomoderno vede un altro autore coniugare vampirismo ed erotismo, soft porno e gotico: Jess Franco. Cineasta spagnolo, autore prolifico ancor più di Farmer (ha girato centinaia di film), come lui avvezzo a giocare con i generi e disinvolto nelle commistioni, come esige l’alchimia pop. Un paio d’anni dopo le storie vampiresche firmate dall’ingegnoso scribacchino dell’Indiana, Franco girò Vampyros Lesbos (1970), con l’incantevole Soledad Miranda, nome d’arte di Soledad Redon Bueno, promettente attrice spagnola scomparsa a soli ventisette anni in un incidente stradale, pochi mesi dopo aver terminato le riprese del film di Franco. In Vampyros Lesbos il vampiro ritorna al femminile, riprendendo il filone inaugurato da Carmilla scritto nel 1872 dall’irlandese Sheridan Le Fanu. Soledad Miranda impersona la contessa Carody, unica erede del conte Vlad che seduce una certa Linda Westinghouse, dell’agenzia Simpson & Simpson, incaricata di notificare il passaggio di eredità dal conte alla contessa. Tra ossessione, seduzione, erotismo e morte, commentato da una colonna sonora divenuta a sua volta cult, il film è solo il primo atto, seguito da La fille de Dracula (1972), di una trilogia dedicata a vampire ammalianti e letali, di cui la contessa Karnstein (l’attrice Lina Romay, “erede” di Soledad Miranda, in seguito moglie di Franco) è sicuramente la figura più carismatica. È la protagonista del terzo episodio, il film La comtesse noire (1973), così intitolato almeno nella versione più accreditata, poiché esistono più versioni, con differenti titoli e montaggi. È qui che Farmer e Franco si congiungono definitivamente affidando entrambi alle proprie eroine il compito di uccidere praticando sesso orale. Anche in questo caso, la prima scena è spiazzante, fuoriuscendo dai generi: una lunga inquadratura della contessa che emerge dalla nebbia, indossando solo un mantello nero, guardando in macchina durante l’intera sequenza, un mix impertinente di erotismo noir e metacinema.
Il vampiro, l’alieno, la donna, diversità
che si emancipano, corpi che mutano, trasmigrano gli uni negli altri.
In Italia spuntano fumetti porno-horror, con protagoniste che si
chiamano Jacula, Zora la vampira,
Sukia (nomen omen). Sono la risposta a Vampirella
di Forrest J. Ackerman (e Frank Frazetta). Farmer la cita in Blown
e vi fa anche comparire Ackerman come personaggio, secondo la
modalità ludica che gli è propria. In generale,
la vampira non è mai morta nei fumetti, eroine del genere
oggi si chiamano, ad esempio, Maisha (la vampira
ideata da Francesco Matteuzzi), o Chinatsu (la saga è Drain,
scritta da C. B. Cebulski e disegnata da Sana Takeda). Tornando ai
Settanta, si misero al passo gli afroamericani, esponenti della
diversità per statuto. Nel 1972 esce Blacula,
diretto da William Craine, che fa suo il tema del vampiro. Soundtrack
da culto anche in questo caso, il sound del vampiro è sempre
seducente. È un film appartenente al genere cosiddetto Blaxploitation,
impostosi alle platee di tutto il mondo con il celebre Shaft,
diretto nel 1971 da Gordon Parks. Qui l’orgoglio nero
prevale, il protagonista, Blacula, è un principe africano
vampirizzato da Dracula nel Settecento che ricompare a Los Angeles,
scegliendo alla fine di suicidarsi esponendosi alla luce del sole,
piuttosto che farsi uccidere dai bianchi. Ormai è tempo di
post-modernità, i generi scivolano, si sbriciolano, i ruoli
si confondono, la fantascienza è annessa al soprannaturale,
il gotico al surrealismo, l’alieno alla donna, il vampiro al
nero, tutto tende a confluire in un unico metagenere che dimezza anche
la distanza tra fiction e realtà. Il vampirismo saffico
arriva anche in forma patinata, esprimendo raffinata inquietudine in The
Hunger (1983), noto in Italia come Miriam si
sveglia a mezzanotte, con la vampira Catherine Deneuve a
sedurre Susan Sarandon, mentre il vampiro è già
un personaggio ambiguo, David Bowie, una carriera con trascorsi da
androgino ed extraterrestre. È a partire da questo scenario che va ripensata la
metafora del vampiro, la sua funzione, la sua coazione a ripetere
l’esistenza aliena che lo segna. Oggi la merce privilegiata,
il cibo prediletto dal vampiro, non è il mero corpo, il
lavoro materiale che deve assolvere. Il capitalismo cognitivo si nutre
d’informazioni, ogni angolo, anche il più
recondito dell’animo umano, i sentimenti, i desideri, i
sogni, deve essere estratto, trasformato da bit grezzo a dato
di qualità, tutto deve essere trasparente, analizzabile,
osservabile, scrutabile, ogni moto dello spirito è
obbligato/invitato ad esporsi, a mostrarsi, a rendersi disponibile per
trasformarsi in informazione e di seguito a reincarnarsi in un prodotto
o in un servizio che epifanicamente si proporrà sul mercato
come ciò che avevamo sempre voluto, desiderato, sognato.
Molteplici sguardi ci inquadrano, restituendoci, come è
proprio della pornografia, un’immagine deformata di noi
stessi, proprio in virtù dell’innaturale vicinanza
dell’occhio all’oggetto della visione, mostrandoci
contemporaneamente come individui affamati di cibi esotici, ingordi di
tipicità regionali, inguaribili appassionati di auto
sportive, convinti assertori dei piaceri della passeggiata a piedi,
fautori del self-service, in cerca di contatto e relazione con il
personale di vendita, un coacervo di scelte, tutte interscambiabili,
nessuna plausibile, come quei ritagli anatomici, segno
dell’inquadratura pornografica, che nessuno, in
realtà, potrebbe mai osservare contemporaneamente. A questo
continuo succhiare linfa vitale, informazioni, dobbiamo la giovinezza
non scalfita del vampiro. Il morso sul collo che contemporaneamente subiamo in forma
istituzionale dai vari istituti di ricerca, dai sondaggi ufficiali, ma
anche dalle nuove forme d’indagine sociale, grazie
all’uso strumentale dei nuovi media, ad esempio i blog,
reitera l’ideologia e la pratica del consumo, mantiene in
vita il mondo delle merci industriali che si è incorporato
in quello delle marche, rinsalda il predominio del morto sul vivo. Il
quotidiano ne è segnato, l’universo dei
segni/prodotti/servizi ne risulta costantemente rielaborato e
aggiornato, a partire dal dato grezzo, da attività di
marketing che scrutano e cercano di determinare la vita materiale di
ogni giorno, di convogliare la molteplicità degli sguardi in
un’inquadratura ristretta. Il marketing “ci
racconta il mondo, ci dice come noi dobbiamo interpretarlo, come noi
dobbiamo rappresentarcelo e ci indica come vivere dentro questo
mondo” (Cremonesini 2006, pag 165). Questo è
l’humus da cui sorge il porno-vampiro, assetato di sangue,
quello fresco, che scorre ininterrottamente, 24 ore su 24. La metafora
rinasce, la creatura è ancora viva, ora si chiama
biocapitalismo, il suo nutrimento è il flusso delle
informazioni.
:: letture ::
— Cremonesini V., Il potere degli oggetti. Il marketing come dispositivo di controllo sociale,
Franco Angeli, Milano, 2006.
— Farmer P.J., The Image of the Beast, 1968, trad. it. L'immagine della bestia, Fanucci, Roma, 1994.
— Farmer P.J., Blown, 1969, trad.it. Nelle rovine della mente, Fanucci, Roma, 1995.
:: ascolti ::
— Hubler M. & Schwab S., Vampyros Lesbos:
Sexadelic Dance Party Soundtrack,
1969, Crippled Disk, distr.
Audioglobe.
— Page G, Blacula, 1972, Rev.Ola, distr. Goodfellas.
:: visioni ::
— Craine W., Blacula, Usa 1972, Mgm, 2004.
— Franco J., Vampyros Lesbos, Spagna/Germania, 1970, Dolmen Home Video, 2009.
— Franco J., La fille de Dracula, Francia/Portogallo, 1972, Redemption Films, 2007.
— Franco J., La comtesse noire, Francia/Belgio, 1973, Eurociné, 2005.
— Matteuzzi F., Fortunato A., Ambu F., Turini M., Maisha, Edizioni Arcadia, Bergamo, 2009.
— Scott. T., The Hunger, Uk, 1983, Miriam si sveglia a mezzanotte, Warner Home, 2007.
— Takeda S., Cebulski C.B., Drain, Italycomics, Roma, 2009.