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IO TARZAN, TU FARMER
di 
Gennaro Fucile

tarzanTarzan è un gioco che non stanca mai. Ripensarlo è divertente, eccitante, esilarante. Mantenersi in bilico tra parodia e sberleffo è un esercizio avventuroso spesso riuscito nei fumetti, dove se ne sono viste di tutti i colori, anche versioni al femminile, come le americane Sheena e Rulah, oppure Jungla, disegnata da Stelio Fenzo. L’anno di nascita è il 1968, l’immaginazione è al potere in Africa. Tempo addietro il signore delle scimmie era stato preso di mira da Benito Jacovitti con L’onorevole Tarzan uscito su gli Albi del Vittorioso nei primi anni Cinquanta del secolo scorso. Altrettanto irriverente si mostrò Antonio, che nel 1952 creò Tarzanetto per il periodico Chicchirichì. Freni inibitori in caduta verticale, domina il bizzarro, l’inusuale, l’elenco è lungo, ci sono i Kolosso Tarzan, Kolosso Uomo Scimmia, Kolosso Re della Giungla, c’è Walt Disney, con Paperoga e anche Pippo che si ritrovano a vestire (si fa per dire) i panni del signore della giungla. Tarzan è un gioco divertente, il personaggio è un caso unico di eroe che diventa più forte ad ogni presa in giro. Accumula punti vitali come nei video game. Lo sfottò di Totò non si può tralasciare. Totò Tarzan lo gira Mario Mattoli nel 1951, e ne vanno ricordati perlomeno due dettagli: Totò che indossa la bombetta anche quando è vestito della sola pelle di leopardo e una scena di nudo (siamo nel 1951!) curiosamente sfuggita alla censura: Totò tornato dalla giungla vede una donna indossare (l’attrice è Adriana Serra) una pelliccia di leopardo, le salta addosso, le strappa il vestito, ma nella foga strappa anche il corpetto, lasciandola a seno nudo. Solleticamenti selvaggi, che culminano nella deliziosa rilettura tutta bondage, fetish ed exotica di Betty Page. Chissà, magari il tema selvaggio giustificò cotanto ardire. Si va avanti, Tarzan si fa beffe di chi lo deride, ne trae linfa vitale. Nel 1984 ritorna sugli schermi nobile più che mai nel film Greystoke - La leggenda di Tarzan signore delle scimmie, con Christopher Lambert, dopo che in Italia Raimondo Vianello aveva messo in scena nel 1977 una memorabile burla, gag per la trasmissione Noi… no con Sandra “Jane” Mondaini. In sottofondo si ascoltava il ritornello “Ahiaaa…Ma quant’è forte Tarzàn, ma quanto strilla Tarzàn!…”. Il gioco continua, Tarzan si ritrova nel 2000 in compagnia di Giovanni Rana, conquistato dai tortellini. Una presa in giro per due, l’eroe selvaggio e il testimonial spregiudicato. Tarzan si presta anche al ludico letterario. Philip José Farmer si è spesso trastullato con Tarzan, anzi da vero giocatore ha finito per trasformare Lord Greystocke in un’ossessione. Lo ha posto al centro di uno strambo esperimento, realizzato da un milionario invaghito dei romanzi di Edgar Rice Burroughs, che fa rapire un neonato, lo spedisce in una valle sperduta dell’Africa, affidandolo a due nani che si spacciano per scimmie, cercando di riprodurre al naturale la vicenda di Tarzan. Lui, Ras Tyger, Lord Tyger, arriverà a scoprire la verità, dopo essersela spassata con tutte le femmine del villaggio di una tribù indigena confinante con il suo territorio, e il milionario che giocava a essere Dio finirà per subire la vendetta della creatura che si ribella (sì, c’è anche un’eco di Frankenstein). Il romanzo si intitola Lord Tyger (1992) e parte a razzo con un incipit memorabile: “ Mia madre è una scimmia, mio padre è Dio”. Il morbo di Tarzan ha scatenato in Farmer ancora altro, molto di più. In L’ultimo dono del tempo (1974), un certo John  Gribarsdun, si reca indietro nel tempo, a bordo di una navicella temporale chiamata H.G. Wells I. Si reca nel 14.000 a.C. insieme a tre compagni di viaggio, che ritorneranno indietro mentre lui decide di non abbandonare l’era magdeliana. Il gioco con il tempo, c’è sempre un gioco in gioco…, risulterà necessario a Gribarsdun per svelare la sua vera identità, quella di un immortale, reso tale da una pozione magica messa a punto da uno stregone africano quando il Nostro si trovava lì a fine Ottocento, sì proprio nel Continente Nero, un immortale che nel corso del tempo si ritrova all’origine di tutti gli avvenimenti che contano, testimone della storia che conta, lui, in persona, Tarzan, che in questa faccenda della storia del mondo ha le mani in pasta un po’ ovunque, leggere per credere: “Sono stato sposato molte volte, e sono stato padre di molti bambini. Ognuno di voi è mio discendente. Direi che praticamente tutti gli esseri umani che sono vissuti dopo il 5.000 a. C. sono miei discendenti. Io sono molte e molte volte il mio stesso antentato… Ho passato complessivamente mille anni nel cuore dell’Africa selvaggia, e altri mille anni in Asia e nell’America precolombiana… ho trascorso molto tempo in Egitto e in Mesopotamia, e nella valle dell’Indo, e sul fiume Giallo, e nell’antica Creta, e in Grecia. E un tempo sono stato Quetzalcoatl…” . 
Casomai qualcuno lo prendesse per un megalomane, Gribarsdun documenta tutto con reportage fotografici: “ troverete delle fotografie, prese di nascosto, naturalmente, dell’originale storico di Ercole…io… di Nabuschadeznar, del Mosé storico… non io… di Giulio Cesare, Shakespeare, Eric il Rosso… una foto che ho scattato da dietro un arbusto, dopo aver aspettato per sei mesi il suo sbarco… dell’Odisseo storico, della vera città di Troia, del primo Faraone, di numerosi tra i primi imperatori della Cina, di Kublai Khan e di Marco Polo. Ci sono inoltre le foto di Gesù, di Buddha, e di Maometto, di Carlo Magno, del Saladino, del Beowulf storico e una foto di gruppo dei veri fondatori di Roma. Mi dispiace dire che non sono mai esistiti, in realtà, i leggendari Romolo e Remo”. Qui Gribarsdun bluffa, perché i due fondatori di Roma sono così reali da risultare senza ombra di dubbio gli ispiratori proprio di Tarzan, per ammissione dello stesso Burroughs, e qui si dà inizio a un paradosso che solo il fatto di aver a che fare con il tempo giustifica. D’altra parte, Farmer non si tira mai indietro quando si tratta di esagerare e Tarzan è l’esagerazione per eccellenza, per questo si presta al gioco e alla parodia. L’immaginifico Gribarsdun non basta allo scrittore dell’Indiana che si rifà al classico “l’unione fa la forza” e inizia a mescolare le carte, incrociando Tarzan e un altro eroe pulp, Doc Savage. I due, secondo Farmer sono mezzi fratelli, entrambi figli di Jack lo Squartatore e si ritrovano a farne di tutti i colori, con erezioni e orgasmi puntuali ogni qual volta ammazzano e altre avventure e amenità del genere nel cuore della classica foresta e poi se le danno di santa ragione. Il romanzo è Festa di morte (1969) cellula seminale del Wold Newton, più che una storia alternativa, un dietro le quinte, dove Farmer ricostruisce vicende storiche e letterarie, svelandone imposture, trame segrete, connessioni apparentemente impossibili e altri giochi del genere ad opera di una famiglia di super eroi mutanti, la Wold Newton Family, appunto. Per sorreggere la tesi, scrive due biografie, Tarzan Alive (mai tradotto in Italia) e Doc Savage: una biografia apocalittica (1992). Qui si spiega, in appendice, l’origine del Wold Newton: “Doc Savage non solo ha molti antenati famosi, ma ha anche molti cugini celebri, tutti originari di un piccolo villaggio inglese, Wold Newton, nello Yorkshire, famoso soprattutto per il meteorite che cadde nelle sue vicinanze nel 1795… al momento dell’impatto, transitavano a poca distanza da quel punto due grosse diligenze con quattordici passeggeri e quattro vetturini. Tutti questi furono esposti alle radiazioni ionizzanti sprigionatesi dal minerale di cui era composto il meteorite. Tra i discendenti di quelle diciotto persone si riscontra un impressionante numero di grandi esploratori, scienziati e nemici del crimine. Un numero così elevato, in effetti, che l’unica spiegazione ragionevole è che la radiazione del meteorite abbia portato a una mutazione benefica dei geni di coloro che sono stati esposti  a essa”. Ecco quindi che ci troviamo a scoprire che Doc Savage, Tarzan, Sherlock Holmes, Sam Spade, Fu Manchu e anche James Bond sono tutti parenti. Da questo filone nasce Il diario segreto di Phileas Fogg (1990), riscrittura del Giro del mondo in ottanta giorni, dove si svela la missione segreta di Fogg (vedi Quaderni d’Altri Tempi n. 1). Da qui arriva anche The Adventure of the Peerless Peer (1974), storia pubblicata come un inedito di Watson in cui Sherlock Holmes e Tarzan si ritrovano insieme in Africa a combattere i tedeschi durante la Prima guerra mondiale. Il Tarzangame non si esaurisce qui, Farmer si prende anche una vacanza dalla fantascienza più o meno iconoclasta per dedicarsi ad una saga extragenere, il Ciclo di Opar (Tarzan’s Africa) che inaugura con il romanzo Opar, la città immortale (1989). La rivisitazione della città perduta si è interrotta dopo due puntate, ma il gioco non ha subito interruzioni. Farmer nel 1999 corona un sogno: scrivere una storia di Tarzan. Il libro inedito in Italia è The Dark Heart of Time: A Tarzan Novel, storia tutta d’azione che sviluppa un gioco vertiginoso di specchi riflettenti l’immagine di Tarzan da quello scritto da Burroughs a quello riscritto da Farmer a quello da lui scritto, ma nelle vesti di Burroughs. L’uomo scimmia ne viene fuori rinvigorito, guadagnando in immortalità, in vitalità. Il giovane lord inglese ne esce bene anche dal più duro dei trattamenti a cui Farmer lo ha sottoposto: l’uso intensivo di diverse droghe pesanti. Il Tarzan fulminato dalla chimica di Il dannato figlio della giungla impasticcato (1976) è un altro doppio salto mortale, dove si immagina che a scrivere le note vicende dell’inglesino nella giungla sia stato l’altro Burroughs, William, il visionario autore de Il pasto nudo, La scimmia sulla schiena, Nova Express e tutti gli altri deliranti reportage sul mondo probabilmente reale che abitiamo. Se deve essere selvaggio, sia, sembra essersi detto Farmer mentre schizzava ritratti di tal fatta: “Grosse zampe pelose, forti, come quelle di uno spacciatore di Old Jungle, strapazzano Clayton a terra e in aria. Respiro puzzolente. Deve fumare bucce di banana. Tuut! Tuut! L’Espresso Gorilla ding-dong s’infila nel nero tunnel del mio retto. Emorroidi infrante come pomodori schiacciati, con un lieve sospiro. Morte vieni. E vieni. Orgasmi spaventosi e sanguinosi”. Fumettistico come La notte del drive-in di Joe Landsdale, e si torna al fumetto, quello dei Tarzan semi-seri (ma qual è quello tutto serio?), al giocoso e arbitrario intrattenimento con un pezzo pregiato dell’immaginario collettivo novecentesco, quello più rivisitato in questa chiave, certo in misura maggiore di Dracula, di King Kong, oppure di Frankenstein, per questioni genetiche, probabilmente, poiché Tarzan è l’unico umano del mazzo, un eroe, super ma umano, più complesso, forse, ma meno insondabile degli altri tre, tutti alieni di diverso grado e intensità. Si gioca con Tarzan come con Big Jim, lo si può lanciare su qualsiasi scena, Farmer sembra agire in questo modo, in fondo lui amava fabbricare universi selvaggi abitati da popoli distanti dalla civiltà. A ben vedere, Tarzan è il prototipo di innumerevoli personaggi in azione su mondi alieni, pur nascendo prima della moderna fantascienza. Ecco perché è il cittadino modello di tutti i mondi creati da Farmer, metafore neanche tanto velate dei meccanismi dell’invenzione letteraria. Questo è il punto, al culmine dello sfottò troviamo il volto più semi-serio di Tarzan, così come ce lo disegna Farmer, quello del personaggio originario, colui che è dietro ogni personaggio, colui che precede i personaggi, per questo sfuggente, imprendibile, una presenza oscura pur essendo fragorosa, falsamente rozza, selvaggia. Il gioco Tarzan ha anche qualcosa a che fare con lo shopping contemporaneo, perché nessuno tra i prodotti culturali è confezionato come Tarzan in modo da potersi offrire in ogni taglia, colore, sapore, odore, misura, aspetto, qualità, adatto ad ogni target, qualsiasi gusto, capace di soddisfare necessità diverse, il gioco intellettuale e l’intrattenimento grossolano. Tarzan è stato molti personaggi, ma anche molti oggetti e prodotti sono e/o sono stati Tarzan, come gli orologi Swatch, oppure gli yogurt, o le merendine nelle loro infinite segmentazioni di gusto. Logica pop, quella che Farmer conosceva a meraviglia. Quella di privilegiare Tarzan è una scelta consapevole, egli è l’eroe per eccellenza, non ha modelli a cui si ispira, lascia che altri si ispirino a lui, anche solo per burlarsene.
Resta ancora da dire del manoscritto farmeriano – The King and The Duke  –  in cui si narra di una possibile influenza tarzaniana sulla nascita del jazz moderno, di jam session dimenticate tenute da Duke Ellington e i suoi fidi, come Johnny Hodges e Barney Bigard, prove d’orchestra prima di andare in scena al Cotton Club, la messa a punto del genere jungle, finemente riassunto da pezzi come Black and Tan Fantasy o The Mooche. Siamo sul finire degli anni Venti del secolo scorso. Suoni esotici, tanti effetti, trombe e tromboni che fanno uso esagerato di sordine plunger, e quel giovane inglese, distinto nobile, per nulla turbato dalla compagnia del popolo nero, anzi si diverte, batte il tempo, gioca.

 


 

:: letture ::

Tutti i libri di P.J. Farmer  sotto indicati sono attualmente fuori catalogo, o non tradotti in italiano

— Farmer P.J., Tarzan Alive: A Definitive Biography of Lord Greystoke, Doubleday, 1972. 

— Farmer P.J., The Adventure of the Peerless Peer, Aspen Press, 1974.

— Farmer P.J., The Dark Heart of Time: A Tarzan Novel, Del Rey, 1999.

— Farmer P.J.,  Opar, la città immortale (Hadon of Ancient Opar, 1974), Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1989.

— Farmer P.J., Fuga a Opar (Flight to Opar, 1976), Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1990.

— Farmer P.J., Festa di morte (A Feast Unknown, 1969), De Carlo Editore,  Milano, 1972.

— Farmer P.J., L'ultimo dono del tempo (Time's Last Gift, 1972), Libra Editrice, Bologna, 1974.

— Farmer P.J., Doc Savage: una biografia apocalittica (Doc Savage: His Apocalyptic Life, 1972) in I Massimi della Fantascienza, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1992.

— Farmer P.J., Lord Tyger (Lord Tyger, 1970), in I Massimi della Fantascienza, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1992.

— Farmer P.J., Il dannato figlio della giungla impasticcato (The Jungle Rot Kid on the Nod, 1968), in Cristalli di futuro, (a cura di) Norman Spinrad, La Tribuna, Piacenza, 1976. 

Farmer P.J., Il diario segreto di Phileas Fogg (The Other Log of Phileas Fogg, 1973), Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1999.