Il 1948 è per l’Italia una data
importante. In quell’anno infatti entrava in vigore la
Costituzione repubblicana, veniva eletto il primo Parlamento, Luigi
Einaudi saliva al Quirinale, Palmiro Togliatti subiva
l’attentato, Bartali vinceva il suo secondo Tour de France e,
soprattutto, usciva nelle sale cinematografiche Ladri di
biciclette di Vittorio De Sica. Ma il 1948 è anche
l’anno di nascita di Maurizio Nichetti, che, alla sua quinta
prova da regista, realizza Ladri di saponette, non
mera parodia del premio Oscar al miglior film straniero del 1950, ma
sagace e divertita riflessione sulla coesistenza tra i mondi del
cinema, della televisione e della pubblicità, che in questo
film si fondono fino a confondersi attraverso una continua violazione
delle regole che caratterizzano le tre esperienze. La figura di
Nichetti, già divisa tra la rappresentazione di
sé come regista invitato in tv per presenziare alla messa in
onda della sua opera e quella di interprete principale della vicenda
narrata, si complica ulteriormente attraverso una terza, non prevista,
presenza, quella del Nichetti-personaggio che irrompe nella finzione da
lui stesso creata e diretta. Del resto, dei personaggi di Ladri
di Biciclette, al quale il film s’ispira
più per scene e costumi che per la trama, restano
essenzialmente i nomi propri: Antonio Piermattei (Nichetti)
s’appropria di un lampadario della fabbrica che lo ha appena
assunto, ma il suo non è un gesto dettato dalla
disperazione, come quello del Ricci di De Sica, ma si tratta di una
questione puramente sentimentale, poiché tale oggetto per la
moglie è il simbolo di quella agognata svolta per
emanciparsi finalmente da una condizione finanziaria difficile; Maria
(Caterina Sylos Labini) coltiva, ai margini nella miseria quotidiana,
una passione per il canto in un trio dalle movenze meno composte delle
sorelle Lescano, esibendosi in Maramao perché sei
morto? e, ovviamente, in Bellezze in bicicletta
del trio Darling; Bruno, che trascorre più tempo accanto
alla figura di don Italo (Renato Scarpa) che col proprio padre, ha
anche un fratello più piccolo, Paolo, abilissimo a cacciarsi
in ogni sorta di pericolo domestico. Ladri di
saponette si apre con la figura del Nichetti nel ruolo del
regista che, accolto da una logorroica segretaria (Lella Costa),
arriva, attraverso una serie di slapstick, al
cospetto di un poco entusiasta Giorgio Claudio Fava nei panni di se
stesso, e i cui continui riferimenti a Herman Melville, del quale il
critico genovese è fra i massimi esperti, lo rendono
inequivocabilmente vero. Sulle note di Manuel De Sica, il film ha
inizio, mentre Fava nello studio registra un’introduzione
all’Armata degli Eroi per una puntata del
suo programma. All’improvviso un black out crea una sorta di
cortocircuito che intreccia le vicissitudini dei Piermattei con uno
spot appena andato in onda. Così una modella appena
tuffatasi in una piscina di una solitaria villa all’interno
di un rassicurante mondo a colori, si ritrova circondata dal bianco e
nero, rischiando di annegare nel mezzo di un fiume. È
salvata da un incredulo Antonio che sta tornando a casa dopo il furto
in fabbrica e che, come in un La vita è
meravigliosa senza ritorno, evita l’incidente che
lo avrebbe reso paralitico, scongiurando per sempre gli epiloghi
stabiliti dall’autore: la via del marciapiede per Maria,
quella dell’orfanotrofio per Bruno e Paolo. La trama
è irrimediabilmente sconvolta. Nichetti non è
certo il primo a giocare sulla contaminazione fra il mondo reale e la
sua rappresentazione attraverso l’arte: i sei personaggi
pirandelliani, nella più significativa fra le esperienze di
teatro nel teatro, irrompono sul palcoscenico non trattenuti
dall’usciere e suscitando lo scontato disappunto del
capocomico; il poeta-esploratore Tom Baxter fugge
dallo schermo de La rosa purpurea del Cairo per
conoscere il mondo reale in compagnia della dolce spettatrice Cecilia,
destando non poche preoccupazioni in Gil Sheperd, astro nascente del
cinema hollywoodiano che interpreta Tom e che teme che questi possa
commettere nefandi reati, precludendogli per sempre una brillante
carriera. Ma se in questa commedia di Woody Allen un attore si
precipita nel New Jersey, luogo della bizzarra evasione, per convincere
il suo personaggio a ritornare nella pellicola, in Ladri di
saponette è il regista milanese in persona a
calarsi nella propria finzione per salvare il finale tragico della sua
opera, già compromessa irrimediabilmente dagli scellerati
tagli pubblicitari nel bel mezzo di fondamentali battute. Nichetti
parte dunque per Roma, da dove giunge l’ampex, per scendere
dal treno direttamente nella location neorealista del suo film. La
trasformazione nel Nichetti-personaggio è immediata, senza
alcun artificio, a differenza, ad esempio, di Buster Keaton che
approdava all’interno della pellicola proiettata in sala
attraverso la potenza evocatrice del sogno: nel 1924 il genio del
cinema muto americano aveva infatti diretto e interpretato Sherlock
Jr., che, secondo il regista e critico René Clair,
“è paragonabile a ciò che furono per il
teatro i Sei personaggi in cerca d’autore
di Pirandello” (Cremonini, 1995, p. 49). Tra i
meriti di Ladri di saponette va annoverata la
rappresentazione del protagonismo della pubblicità
televisiva, legato alla nascita della tv commerciale, che a partire
dalla seconda metà degli anni Settanta, ha ridisegnato
indelebilmente le geometrie di programmi e palinsesti. Una realtà,
quella pubblicitaria, che celebra e allo stesso tempo sostiene il
consumismo, ma nella quale Maria trova la realizzazione dei suoi
desideri, cantando in quel dissacrante coro che, sulle note della
habanera della Carmen, esaltava le
proprietà di un detersivo con liberatorio lancio finale
dell’odiato secchio. Lo stesso Bruno, non a caso interpretato
da Federico Rizzo, il bambino della “Tinsemal” per
intenderci, piccolo divo della pubblicità italiana degli
anni Ottanta, sembra essere più a suo agio alla ricerca del
goloso Big Big che nel lungometraggio. Del resto,
se l’intrusione degli spot ha rovinato il film di Nichetti,
quest’ultimo sarà artefice di
un’involontaria vendetta, violando gli spazi pubblicitari:
nel tentativo di fermare Bruno fuggito verso l’ambito snack,
Nichetti arriva persino a infastidire il testimonial di un liquore a
base di carciofo, ossia il tranquillo Ernesto Calindri, seduto
comodamente all’immancabile tavolino piazzato nel mezzo di un
incrocio stradale e alla cui incolumità aveva già
attentato Bruno qualche attimo prima. Maurizio Nichetti non
è stato ovviamente il solo a ricordare il film di De Sica,
dal momento che al capolavoro del neorealismo, nato da un soggetto che
Cesare Zavattini trasse dall’omonimo romanzo di Luigi
Bartolini, non erano mancati omaggi più o meno espliciti.
Tra questi, non può non essere ricordato I
protagonisti di Robert Altman, nel quale Tim Robbins
interpreta un produttore sull’orlo del licenziamento,
ossessionato dall’arrivo di cartoline condite
da inquietanti scritte di morte nei propri confronti e che incontra il
presunto autore delle minacce in un cinema di Pasadena, dove proiettano
appunto The Bicycle Thieves: nel tentativo di
farselo amico per dissuaderlo da insani propositi, gli offre di
scrivere un remake del film. “E magari con un lieto
fine”, conclude l’amareggiato sceneggiatore (un
ispirato Vincent D’Onofrio), denunciando con la pungente
risposta la tentazione tutta hollywoodiana di chiudere le storie con un
happy end. Nella filmografia italiana invece, la memoria va a C’eravamo
tanto amati, che Ettore Scola dedica proprio a De Sica, che
morì mentre la pellicola era in fase di montaggio. Uno dei
personaggi principali, il professor Nicola Palumbo (Stefano Satta
Flores) ammette che fu proprio Ladri di biciclette
a determinare il corso del proprio futuro: la sua vita cambia
profondamente quando, durante un infuocato cineforum nella nativa
Nocera Inferiore, per un alterco col preside del suo ginnasio, feroce
interprete dei moniti di “un giovane cattolico di futuro
avvenire, vicino a De Gasperi” sul film e sul neorealismo,
è sospeso dal lavoro con effetto immediato e costretto ad
abbandonare la sua famiglia e la sua terra in cerca di fortuna a Roma.
Questo episodio non è l’unico a sconvolgere la
vita del professor Palombo: giunto alla domanda finale del popolare
quiz televisivo del Lascia o raddoppia?, un
malinteso fra personaggio e attore lo farà cadere. Proprio
tale ambiguità, che tocca in C’eravamo
tanto amati uno dei momenti più amari della
vicenda, è la chiave dell’opera di Nichetti, nella
quale si assiste a una sorta di danza fra autore, regista, attore e
personaggio, in una rigida atmosfera neorealista in cui non mancano,
ancor prima del black out fatale, trasgressioni che strizzano
l’occhio alla fantasia e al grottesco, come testimoniano i
campanelli fabbricati da Bruno che suonano anche senza il passaggio di
elettricità o le peripezie del piccolo Paolo. Vent’anni
esatti sono ormai trascorsi dall’uscita nelle sale di questo
film, due decenni in cui il Paese e il mondo sono ormai cambiati,
segnati indelebilmente dagli ultimi mesi del 1989, a cominciare dai
quali le vecchie parole d’ordine e i confini, anche nel mondo
dell’arte e dello spettacolo, così come
dell’industria culturale, spot compresi, avrebbero lasciato
spazio a nuove soluzioni, non tutte felici.
:: letture ::
— Pirandello L., Sei personaggi in cerca
d’autore, 1921, Einaudi, Torino, 2005.
— Cremonini G., Buster Keaton, Il Castoro, Milano, 1995.
:: ascolti ::
— Maria Bottini, Trio Lescano, Maramao perché sei morto?, 1939, in A.A. V.V., I
grandi successi dello Swing Italiano, vol. 2, Warner, 2005.
— Trio Darling, Bellezze in biciclette, 1951, in Trio Darling, Le più belle canzoni degli anni ’40, Sony, 2000.
— Bizet G., L’amour est un oiseau rebelle, in Bizet G., Carmen, RCA Red Seal, 2008.
:: visioni ::
— Nichetti M., Ladri di saponette, 1989, Italia,
— De Sica V., Ladri di biciclette, 1948, Italia, 20th Century Fox Home Entertainment, 2002.
— Atlman R., The Player, 1992, USA, I protagonisti, Cecchi Gori Home Video, 2004.
— Melville J. P., L’armée des ombres, 1969, Francia, L’armata degli eroi,
Cecchi Gori Home Video, 2008.
— Scola E., C’eravamo tanto amati, 1974, Italia, Eagle Pictures, 2003.
— Allen W., The Purple Rose of Cairo, 1985, USA, La rosa purpurea del Cairo, 20th Century Fox Home Entertainment, 2009.
— Keaton B., Sherlock Jr., 1924, USA, La palla numero 13.
— Capra F., It’s a Wonderful Life, 1946, USA, La vita è meravigliosa, Millennium Storm, 2009.
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