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Ladri di saponette e dintorni italiani
di 
Andrea Sanseverino

b04.jpg Il 1948 è per l’Italia una data importante. In quell’anno infatti entrava in vigore la Costituzione repubblicana, veniva eletto il primo Parlamento, Luigi Einaudi saliva al Quirinale, Palmiro Togliatti subiva l’attentato, Bartali vinceva il suo secondo Tour de France e, soprattutto, usciva nelle sale cinematografiche Ladri di biciclette di Vittorio De Sica. Ma il 1948 è anche l’anno di nascita di Maurizio Nichetti, che, alla sua quinta prova da regista, realizza Ladri di saponette, non mera parodia del premio Oscar al miglior film straniero del 1950, ma sagace e divertita riflessione sulla coesistenza tra i mondi del cinema, della televisione e della pubblicità, che in questo film si fondono fino a confondersi attraverso una continua violazione delle regole che caratterizzano le tre esperienze. La figura di Nichetti, già divisa tra la rappresentazione di sé come regista invitato in tv per presenziare alla messa in onda della sua opera e quella di interprete principale della vicenda narrata, si complica ulteriormente attraverso una terza, non prevista, presenza, quella del Nichetti-personaggio che irrompe nella finzione da lui stesso creata e diretta. Del resto, dei personaggi di Ladri di Biciclette, al quale il film s’ispira più per scene e costumi che per la trama, restano essenzialmente i nomi propri: Antonio Piermattei (Nichetti) s’appropria di un lampadario della fabbrica che lo ha appena assunto, ma il suo non è un gesto dettato dalla disperazione, come quello del Ricci di De Sica, ma si tratta di una questione puramente sentimentale, poiché tale oggetto per la moglie è il simbolo di quella agognata svolta per emanciparsi finalmente da una condizione finanziaria difficile; Maria (Caterina Sylos Labini) coltiva, ai margini nella miseria quotidiana, una passione per il canto in un trio dalle movenze meno composte delle sorelle Lescano, esibendosi in Maramao perché sei morto? e, ovviamente, in Bellezze in bicicletta del trio Darling; Bruno, che trascorre più tempo accanto alla figura di don Italo (Renato Scarpa) che col proprio padre, ha anche un fratello più piccolo, Paolo, abilissimo a cacciarsi in ogni sorta di pericolo domestico.
Ladri di saponette si apre con la figura del Nichetti nel ruolo del regista che, accolto da una logorroica segretaria (Lella Costa), arriva, attraverso una serie di slapstick, al cospetto di un poco entusiasta Giorgio Claudio Fava nei panni di se stesso, e i cui continui riferimenti a Herman Melville, del quale il critico genovese è fra i massimi esperti, lo rendono inequivocabilmente vero. Sulle note di Manuel De Sica, il film ha inizio, mentre Fava nello studio registra un’introduzione all’Armata degli Eroi per una puntata del suo programma. All’improvviso un black out crea una sorta di cortocircuito che intreccia le vicissitudini dei Piermattei con uno spot appena andato in onda. Così una modella appena tuffatasi in una piscina di una solitaria villa all’interno di un rassicurante mondo a colori, si ritrova circondata dal bianco e nero, rischiando di annegare nel mezzo di un fiume. È salvata da un incredulo Antonio che sta tornando a casa dopo il furto in fabbrica e che, come in un La vita è meravigliosa senza ritorno, evita l’incidente che lo avrebbe reso paralitico, scongiurando per sempre gli epiloghi stabiliti dall’autore: la via del marciapiede per Maria, quella dell’orfanotrofio per Bruno e Paolo. La trama è irrimediabilmente sconvolta. Nichetti non è certo il primo a giocare sulla contaminazione fra il mondo reale e la sua rappresentazione attraverso l’arte: i sei personaggi pirandelliani, nella più significativa fra le esperienze di teatro nel teatro, irrompono sul palcoscenico non trattenuti dall’usciere e suscitando lo scontato disappunto del capocomico; il poeta-esploratore Tom Baxter fugge dallo schermo de La rosa purpurea del Cairo per conoscere il mondo reale in compagnia della dolce spettatrice Cecilia, destando non poche preoccupazioni in Gil Sheperd, astro nascente del cinema hollywoodiano che interpreta Tom e che teme che questi possa commettere nefandi reati, precludendogli per sempre una brillante carriera. Ma se in questa commedia di Woody Allen un attore si precipita nel New Jersey, luogo della bizzarra evasione, per convincere il suo personaggio a ritornare nella pellicola, in Ladri di saponette è il regista milanese in persona a calarsi nella propria finzione per salvare il finale tragico della sua opera, già compromessa irrimediabilmente dagli scellerati tagli pubblicitari nel bel mezzo di fondamentali battute. Nichetti parte dunque per Roma, da dove giunge l’ampex, per scendere dal treno direttamente nella location neorealista del suo film. La trasformazione nel Nichetti-personaggio è immediata, senza alcun artificio, a differenza, ad esempio, di Buster Keaton che approdava all’interno della pellicola proiettata in sala attraverso la potenza evocatrice del sogno: nel 1924 il genio del cinema muto americano aveva infatti diretto e interpretato Sherlock Jr., che, secondo il regista e critico René Clair, “è paragonabile a ciò che furono per il teatro i Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello” (Cremonini, 1995, p. 49).
Tra i meriti di Ladri di saponette va annoverata la rappresentazione del protagonismo della pubblicità televisiva, legato alla nascita della tv commerciale, che a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, ha ridisegnato indelebilmente le geometrie di programmi e palinsesti. Una realtà, quella pubblicitaria, che celebra e allo stesso tempo sostiene il consumismo, ma nella quale Maria trova la realizzazione dei suoi desideri, cantando in quel dissacrante coro che, sulle note della habanera della Carmen, esaltava le proprietà di un detersivo con liberatorio lancio finale dell’odiato secchio. Lo stesso Bruno, non a caso interpretato da Federico Rizzo, il bambino della “Tinsemal” per intenderci, piccolo divo della pubblicità italiana degli anni Ottanta, sembra essere più a suo agio alla ricerca del goloso Big Big che nel lungometraggio. Del resto, se l’intrusione degli spot ha rovinato il film di Nichetti, quest’ultimo sarà artefice di un’involontaria vendetta, violando gli spazi pubblicitari: nel tentativo di fermare Bruno fuggito verso l’ambito snack, Nichetti arriva persino a infastidire il testimonial di un liquore a base di carciofo, ossia il tranquillo Ernesto Calindri, seduto comodamente all’immancabile tavolino piazzato nel mezzo di un incrocio stradale e alla cui incolumità aveva già attentato Bruno qualche attimo prima. Maurizio Nichetti non è stato ovviamente il solo a ricordare il film di De Sica, dal momento che al capolavoro del neorealismo, nato da un soggetto che Cesare Zavattini trasse dall’omonimo romanzo di Luigi Bartolini, non erano mancati omaggi più o meno espliciti. Tra questi, non può non essere ricordato I protagonisti di Robert Altman, nel quale Tim Robbins interpreta un produttore sull’orlo del licenziamento, ossessionato dall’arrivo di cartoline condite da inquietanti scritte di morte nei propri confronti e che incontra il presunto autore delle minacce in un cinema di Pasadena, dove proiettano appunto The Bicycle Thieves: nel tentativo di farselo amico per dissuaderlo da insani propositi, gli offre di scrivere un remake del film. “E magari con un lieto fine”, conclude l’amareggiato sceneggiatore (un ispirato Vincent D’Onofrio), denunciando con la pungente risposta la tentazione tutta hollywoodiana di chiudere le storie con un happy end. Nella filmografia italiana invece, la memoria va a C’eravamo tanto amati, che Ettore Scola dedica proprio a De Sica, che morì mentre la pellicola era in fase di montaggio. Uno dei personaggi principali, il professor Nicola Palumbo (Stefano Satta Flores) ammette che fu proprio Ladri di biciclette a determinare il corso del proprio futuro: la sua vita cambia profondamente quando, durante un infuocato cineforum nella nativa Nocera Inferiore, per un alterco col preside del suo ginnasio, feroce interprete dei moniti di “un giovane cattolico di futuro avvenire, vicino a De Gasperi” sul film e sul neorealismo, è sospeso dal lavoro con effetto immediato e costretto ad abbandonare la sua famiglia e la sua terra in cerca di fortuna a Roma. Questo episodio non è l’unico a sconvolgere la vita del professor Palombo: giunto alla domanda finale del popolare quiz televisivo del Lascia o raddoppia?, un malinteso fra personaggio e attore lo farà cadere. Proprio tale ambiguità, che tocca in C’eravamo tanto amati uno dei momenti più amari della vicenda, è la chiave dell’opera di Nichetti, nella quale si assiste a una sorta di danza fra autore, regista, attore e personaggio, in una rigida atmosfera neorealista in cui non mancano, ancor prima del black out fatale, trasgressioni che strizzano l’occhio alla fantasia e al grottesco, come testimoniano i campanelli fabbricati da Bruno che suonano anche senza il passaggio di elettricità o le peripezie del piccolo Paolo.
Vent’anni esatti sono ormai trascorsi dall’uscita nelle sale di questo film, due decenni in cui il Paese e il mondo sono ormai cambiati, segnati indelebilmente dagli ultimi mesi del 1989, a cominciare dai quali le vecchie parole d’ordine e i confini, anche nel mondo dell’arte e dello spettacolo, così come dell’industria culturale, spot compresi, avrebbero lasciato spazio a nuove soluzioni, non tutte felici.

 


 

:: letture ::

— Pirandello L., Sei personaggi in cerca d’autore, 1921, Einaudi, Torino, 2005.

— Cremonini G., Buster Keaton, Il Castoro, Milano, 1995.

 


 

:: ascolti ::

— Maria Bottini, Trio Lescano, Maramao perché sei morto?, 1939, in A.A. V.V., I grandi successi dello Swing Italiano, vol. 2, Warner, 2005.

— Trio Darling, Bellezze in biciclette, 1951, in Trio Darling, Le più belle canzoni degli anni ’40, Sony, 2000.

— Bizet G., L’amour est un oiseau rebelle, in Bizet G., Carmen, RCA Red Seal, 2008.

 


 

:: visioni ::

— Nichetti M., Ladri di saponette, 1989, Italia, 

— De Sica V., Ladri di biciclette, 1948, Italia, 20th Century Fox Home Entertainment, 2002.

— Atlman R., The Player, 1992, USA, I protagonisti, Cecchi Gori Home Video, 2004.

— Melville J. P., L’armée des ombres, 1969, Francia, L’armata degli eroi, Cecchi Gori Home Video, 2008. 

— Scola E., C’eravamo tanto amati, 1974, Italia, Eagle Pictures, 2003.

— Allen W., The Purple Rose of Cairo, 1985, USA, La rosa purpurea del Cairo, 20th Century Fox Home Entertainment, 2009.

— Keaton B., Sherlock Jr., 1924, USA, La palla numero 13.

— Capra F., It’s a Wonderful Life, 1946, USA, La vita è meravigliosa, Millennium Storm, 2009.