Valzer con Bashir
di Ari Folman
Libano, 1982. Quando gli israeliani avanzavano di notte verso gli insediamenti palestinesi, i primi ad accorgersene erano i cani, che abbaiavano segnalando così l’arrivo di intrusi. A una di quelle operazioni partecipò anche Folman, militare tra i meno bellicosi, anzi riluttante a uccidere, cosicché gli venne affidato proprio il compito di sparare ai cani per impedir loro di lanciare l’allarme. L’episodio si verifica qualche tempo prima la strage compiuta dalle Falangi cristiano-maronite, nei campi di Sabra e Chatila, nei confronti dei profughi palestinesi, secondo le autorità colpevoli dell’omicidio, avvenuto nove giorni prima della sua investitura ufficiale, del presidente eletto Bashir Gemayel, Molti anni dopo, in un bar, Folman confida ad un amico di sognare da anni di essere inseguito da 26 cani inferociti, tanti quanti quelli da lui uccisi anni prima. Durante il racconto dell’incubo, però, Folman si rende conto per la prima volta di aver rimosso tutto quanto accadde nei mesi precedenti la carneficina dei palestinesi. Ricorda solo in parte i suoi compagni, ma non gli episodi, si ri-vede uscire dal mare, di notte, nudo, dirigersi verso la spiaggia ed entrare in Beirut, in compagnia di altri due soldati e nient’altro. Per ricostruire quegli avvenimenti ricontatta quelli che all’epoca erano i suoi commilitoni. Valzer con Bashir è la storia di questa ricostruzione, che genialmente, Folman decide di non effettuare con l’ausilio di vere interviste in forma di documentario. Sceglie una combinazione di animazione in Flash, animazione tradizionale e 3D utilizzata magistralmente, ri-creando un allucinato universo dove tutti uccidono tutti, un orgia di morte e di irrealtà, sorta di Apocalypse Now (esplicitamente citato) sulle rive del Mediterraneo. I ventenni israeliani che riducono a un colabrodo una vettura dove poi risulta che a bordo c’era una famiglia, il fuoco incrociato di notte, da cui prende il via il valzer con Bashir intrapreso dal soldato Frenkel, amico del protagonista, che danza sotto una pioggia di pallottole per indispettire il nemico, davanti all’enorme immagine-simbolo di Gemayel, i cecchini che spuntano ovunque e sono anche solo dei ragazzini (torna alla mente la ragazzina vietnamita nel Full Metal Jacket di Stanley Kubrick). |
titolo Valzer con Bashir
regia Ari Folman
interpreti principali Ron Ben-Yishai, Ronny Dayag, Ari Folman, Dror Harazi, Yehezkel Lazarov, Mickey Leon, Ori Sivan, Zahava Solomon
casa di produzione Lucky
Red
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Il risultato è uno splendido film d’animazione, colto e formalmente raffinato, un tragico documento, una pseudo biografia collettiva, una parziale ammissione di colpa, una denuncia senza mezzi termini della guerra, un atto di coraggio, se si pensa alla citazione esplicita del bambino con mani alzate del ghetto di Varsavia, che delinea un’analogia tra il comportamento nell’occasione dei comandi di Israele e i nazisti. Denuncia tardiva? Mah, certo è un’opera contraddittoria, ambigua sin dalla forma (un documentario animato?), difficile da affrontare altrimenti, anche perché il conflitto è ancora tuttora lì, irrisolto. Tornando alla narrazione degli avvenimenti, lentamente Folman ricorda, la fine è prossima, è il 16 settembre del 1982, a Sabra e Chatila sta succedendo qualcosa, incredibilmente i soldati israeliani non si accorgono di granché, ma con i binocoli osservano fucilazioni sommarie, una visione della violenza che ricorda (altra citazione) la sequenza finale dal Salò/Sade pasoliniano: voyeurismo del Male. Si continua, un giornalista telefona ad Ariel Sharon allora Ministro della Difesa e gli chiede se è a conoscenza di quel che accade nei campi. Lui, senza fare una piega, ringrazia per l’informazione e gli augura buon anno (il capodanno ebraico cade in settembre). Sharon si trovava nell'area del comando generale, all'incrocio dell'ambasciata del Kuwait, appena fuori Shatila. Dal tetto di quella costruzione a sei piani era possibile vedere chiaramente la città ed entrambi i campi profughi. Una complicità (o di più?) criminale che gli costò soltanto le dimissioni da ministro. Quando Folman ricorda, scorrono pochi, macabri fotogrammi della mattanza recuperati da filmati d’archivio e definirli un pugno nello stomaco rende solo pallidamente l’idea. Le vittime furono 700, 1.000, 1.500, 3.500. non si saprà mai, anche le cifre ballano il valzer. | ||
Gennaro Fucile |
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