Forse pensare ad un ragazzo di ventiquattro anni, un Signor
Nessuno, che arriva dal nulla della più remota provincia
americana e decide di scrivere un’autobiografia, è
qualcosa che muoverebbe i più al riso. Ma non
c’è che da essere felici che Craig Thompson,
classe 1975, abbia preso l’intera faccenda molto seriamente,
riuscendo a pubblicare nel 1999 la sua opera prima Goodbye,
Chunky Rice, un autentico gioiello a fumetti.
All’epoca Craig è giovanissimo, si è
appena trasferito a Portland (Oregon) dalla natale Marathon, nel
Wisconsin, e vive al limite della sopravvivenza. Ha lasciato il suo
primo lavoro alla Dark Horse Comics, dove disegnava
loghi pubblicitari e packaging commerciali, e si è scelto il
fumetto come unica professione. È facile capire che Craig
parla di sé in questa sua prima grappini novel, nonostante
si tratti di una storia che ha per protagonisti degli animali
antropomorfi: in particolare una giovane tartaruga, Chunky, in procinto
di lasciare la sua città natale e prendere il mare per
dirigersi verso la sua nuova vita, per il momento ancora completamente
ignota. L’autobiografia è celata, però
presente (come lo stesso Thompson afferma in numerose interviste): ma
è nella sua opera più conosciuta Blankets,
pubblicata nel 2003, e che ha consacrato Craig all’Olimpo
della graphic novel americana, che l’autobiografia diventa
manifesta, esplicitata nel racconto del primo amore di un Craig
diciassettenne. Ad oggi, sono queste le due opere principali di
Thompson, seguite dal Taccuino di viaggio del 2004,
che racconta dei tre mesi di viaggio in Europa per la promozione di Blankets.
Un viaggio attraverso le specificità di ognuna e i tratti in
comune a due dei più emozionanti e delicati romanzi a
fumetti mai scritti può schiuderci un panorama, sebbene
appena accennato, sulla poetica di Craig Thompson, un artista giovane e
in divenire, che al mondo del fumetto darà
senz’altro ancora moltissimo. Una coperta
e un addio. Le parole-chiave più significative per
comprendere le due opere sono già contenute nei due titoli.
La coperta di Blankets è una trapunta patchwork
cucita per Craig da Raina, il suo primo amore. Un pegno
d’amore, ma anche una coperta per nascondercisi dentro,
l’illusione che esista un posto dove il mondo non
può raggiungerci e farci del male, che in quel posto ci sia
spazio per due e si possa chiudere fuori tutto il resto. Ma
è anche la coperta che nei giochi di Craig e di suo fratello
Phil, da piccoli, diventava un vascello in mezzo alla tempesta, e
allora i due bambini minacciati dalle onde si stringevano e
affrontavano insieme il temporale: “… in quel
piccolo ammasso di coperte c’era conforto”. Né
Craig né Raina, teenager anomali ed emarginati rispetto al
proprio contesto sociale, sono capaci di resistere a quel temporale da
soli: la loro coperta è la fuga da quel mondo, la promessa
di un rifugio, di un luogo di conforto e comprensione. Anche Chunky,
una piccola tartaruga dai tratti infantili, è in fuga.
Scappa da un mondo che è diventato troppo stretto:
“Sei come un piccolo fiore che è diventato troppo
grande per il suo vaso… bisognoso di essere trapiantato per
poter continuare a crescere”, gli dice la topolina Dandel,
sua amica del cuore. Chunky va via e prende il mare, e allora una
tempesta si scatena, anche la barca di Chunky è minacciata
da un temporale. A riva, Dandel guarda l’oceano con infinita
malinconia e scrive a Chunky delle lettere che affida al mare rinchiuse
in decine di bottiglie. Sulla nave, il capitano Charles ha scelto il
mare come unico amico dopo aver perso la sua adorata moglie. Chunky,
smarrito e piccolissimo nelle vignette di Thompson, soffre suo malgrado
la perdita di Dandel. Solomon, il compagno di stanza di Chunky, vive la
perdita di Merle, un uccellino ferito che ha raccolto per strada e che
un giorno guarisce e vola via. La cagnetta Stomper, nei ricordi di
Solomon, ha il cuore spezzato per la perdita dei suoi cuccioli. Ogni
personaggio in Goodbye, Chunky Rice vive una
perdita. Storie di perdita e separazione si intrecciano e si
sovrappongono intorno al mare, che ci trasporta dagli occhi di un
personaggio a quelli di un altro, ed è un mare che separa e
cancella, ma è anche l’unico amico, ed
è anche colui che alla fine recapita a Chunky una lettera di
Dandel, poggiandola con grazia allo scafo della nave. E la perdita, il
distacco, l’allontanamento, sono temi che ritornano centrali
anche in Blankets, perché
l’illusione della coperta non può durare e la
realtà, come il mare, è inarrestabile e finisce
sempre col separare. C’è
dell’amarezza in questa riflessione, ma anche
serenità e la constatazione, ormai adulta e consapevole, che
il passato si è chiuso ma è servito a costruire
il presente e a renderci quello che siamo. L’ultimo capitolo
di Blankets è ambientato nel presente,
nel momento stesso in cui Thompson scrive, e ci lascia intendere che la
vita continua, e che le esperienze di ognuno, per quanto dolorose, sono
servite a modellarlo nella sua forma presente, e lo condurranno a fare
la conoscenza del proprio futuro. Entrambe le opere si
configurano innanzitutto come storie di crescita, e il distacco, la
separazione, sono una componente naturale di ogni percorso di
crescita. Un altro elemento palpabile in entrambe le storie
è la solitudine, declinata con poesia e malinconia in ogni
canale espressivo: compare tra le parole dei protagonisti, i ricordi
del passato, le pieghe dei paesaggi, perfino nel tratto del disegno.
Alla fine si è soli, si cresce restando da soli, ci
suggerisce Thompson, e questo non è altro che
l’ordine naturale delle cose. Tutta la storia di Blankets,
poi, è costruita anche intorno all’amore: al
racconto di un innamoramento adolescenziale illogico e totalizzante,
l’esperienza più comune eppure più
singolare del mondo, nella quale ogni lettore può facilmente
identificarsi pur sapendo che ognuna di queste storie è
unica e irripetibile. Un altro concetto-chiave in Blankets,
ossessivamente presente in tutto il romanzo, è
senz’altro la religione. La morale cristiana pervade la vita
del giovane Craig, cresciuto in una comunità fondamentalista
che fa del cristianesimo evangelico il perno dell’educazione
dei giovani. Questo tipo di religione però, agli occhi di
Craig, non è mai espressione di trascendenza, di senso del
divino, e non fornisce risposte valide: è per
l’appunto una presenza ossessiva e ingombrante, che fin da
bambino gli parla esclusivamente di paura e di colpa, di regole e
limitazioni. In tutta la storia c’è un continuo
dialogo tra il retroterra religioso di Craig e le sue nuove scoperte,
le nuove consapevolezze che nascono dalla sua storia d’amore,
come la presa di coscienza del proprio corpo e della propria
sessualità, dei propri desideri e delle proprie ambizioni.
Una dialettica che porterà, anch’essa, al
superamento di antiche paure e alla nascita di un nuovo Craig, libero
dal peso di una morale che non gli è mai appartenuta. Il
dialogo tra il presente e il passato è continuo in entrambe
le opere: si tratta di una delle caratteristiche distintive dello stile
di Thompson. Come in Blankets è
fortissima la presenza dell’infanzia, con il continuo
richiamo ad aneddoti della vita di un Craig bambino, già
perseguitato dal senso di solitudine e di estraneità e
carico di domande e di insicurezze, allo stesso modo in Goodbye
Chunky Rice veniamo continuamente trasportati nei ricordi
dei vari personaggi, che ci aprono dolorosi squarci sulle loro tante
storie di perdita e di distacco. Un movimento continuo enfatizzato
dallo stile vibrante e dinamico di Thompson, dove il tratto
è fortemente emotivo e le pagine sono composte a volte come
affreschi a sé stanti, altre come bianchi momenti di
silenzio, altre ancora come struggenti canti di nostalgia, come incubi
o splendidi sogni. Un altro interessante tratto in comune alle
due opere è il fatto che in entrambe l’azione si
svolga prevalentemente intorno ad un unico elemento naturale: il mare
nel caso di Goodbye Chunky Rice, la neve nel caso
di Blankets. Di questi elementi
Thompson fa un uso altamente metaforico: laddove il mare, come
è già stato ricordato, unisce e separa,
può essere l’unico amico ma anche il nemico
più crudele (distrugge in un attimo la vita della cagnetta
Stomper, minaccia di distruggere la nave sulla quale viaggia Chunky,
è il responsabile fisico, materiale, di tanti distacchi), la
neve viene utilizzata in più punti nella narrazione di Blankets
per una serie di riflessioni sui cambiamenti del paesaggio e sullo
scorrere del tempo che hanno un chiaro richiamo alla storia. Craig,
passeggiando per i boschi nei giorni del disgelo, osserva ad esempio
come le cose, prive della copertura del manto bianco della neve, mutino
completamente forma fino a rivelare un paesaggio del tutto
irriconoscibile. E quando nelle ultime pagine, ormai adulto, torna a
trovare i suoi genitori durante le feste di Natale ed esce da solo a
passeggiare e a guardare la neve, lo vediamo correre come un bambino in
alcune vignette mute e immacolate, per poi fermarsi a contemplare le
proprie tracce con un sorriso e commentare:
“Che
soddisfazione lasciare un segno su una superficie bianca. Fare una
mappa dei miei movimenti… anche se è soltanto
temporanea”.
:: visioni ::
— Thompson G., Goodbye, Chunky Rice, Usa, 1999, Addio, Chunky Rice, Black Velvet Editrice, Bologna, 2004
— Thompson G., Blankets, Usa, 2003, Blankets, Coconino Press, Bologna, 2004
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