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NEL CUORE E NELL'ANIMA stampa

[ DENVER ]
denverdi Stefano Pastor

Who journeyed to Denver, who died in Denver, 

who came back to Denver & waited in vane, who

watched over Denver & brooded & loned in Denver

and finally went away to find out the Time, &

now Denver is lonesome for her heroes

Allen Ginsberg, Howl *

“Ora potevo scorgere Denver scintillare di fronte a me come la terra promessa, laggiù lontano sotto le stelle, attraverso le praterie dello Iowa e le pianure del Nebraska.” Con questo lirico passaggio, Jack Kerouac in On The Road individua chiaramente nella vasta città del Colorado un punto centrale, stella tra le stelle, scintillante guida intramontata a ispirare il viaggio esistenziale e artistico dello scrittore americano. Sal Paradise, personaggio che nell’opera rappresenta Kerouac stesso, dà avvio al suo destino di pellegrinaggi fortunosi e folli da un capo all’altro degli Stati Uniti proprio percorrendo, in autobus e autostop, le migliaia di chilometri che separano New York da Denver, per raggiungere due figure chiave nella lettura del romanzo che è poi vita stessa del suo autore: Dean Moriarty e Carlo Marx (Neal Cassady e Allen Ginsberg nella realtà). Nulla di meno casuale si direbbe e a dar peso a tale impressione vi è la notevole riflessione del protagonista durante il primo incontro dei tre a NY che precede e stimola il suddetto viaggio: “arrancavo loro appresso come ho fatto tutta la mia vita con la gente che mi interessa, perché per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi artificiali...”
Siamo all’inizio della vicenda, il vagabondare, tema forte dell’opera, è ancora un vago desiderio per Sal ma l’influenza dei due personaggi provoca in lui l’urgenza di volgere la propria esistenza in quella direzione. Influenza che, come noto, Ginsberg e Cassady certamente esercitano su Kerouac (ma non si vuole qui negare la reciprocità dello scambio) sia da un punto di vista dell’evoluzione dello stile letterario e sia da quello del fiorire di una cultura beat - intendendo con ciò linguaggio, stile di vita, contenuti socio-politico-esistenziali - che andavano maturando in seno agli individui e al movimento di cui questi facevano parte. Un omaggio importante e consapevole dunque che si estende anche alla città di Denver, teatro d’infanzia e di adolescenza di Dean/Neal e punto di riferimento insistito, al pari di New York o San Francisco, del fermento ancora giovane della beat generation. 
Larimer Street. La ricostruzione del Downtown ha risparmiato soltanto due isolati  tra quelli che sono stati vissuti da Dean/Neal in Larimer Street e che ancora fanno sfolgorante mostra di sé tra le strutture di vetro e di metallo. Al tempo cui si riferisce la narrazione, fine anni Quaranta, questa via era meta di numerosi vagabondi: “Dean era il figlio di un ubriacone, uno dei più scalcinati vagabondi di Larimer Street, e infatti era cresciuto più che altro in Larimer Street e dintorni.” 
Oggi, con il numero di senzatetto in preoccupante aumento è tristemente comune, a Denver, incontrare vagabondi che si aggirano nel Downtown chiedendo un dollaro per strada oppure distribuendo pubblicazioni interamente dedicate al problema degli homeless.

È tra i mattoni e le vitree pareti

Tra gli sbuffi di vapore e le fulgide luci 

Tra i segni murali e le recinzioni metalliche

Tra l’arroganza ben vestita e l’indigenza nuda

Che s’annida e germina il modello occidentale:

Capitale e produttività

Ma irresistibile richiamo

- Canto silente d’occhi atterriti e composti -

Di vesti indossate 

Di luna e di sole

Una sull’altra

Di sonno e di veglia

Di strada stremata

Di giovane donna diseredata

E alla maschera terrea del

Dignitoso vagare già mancano

Uccisi due incisivi **

Denver, per un newyorkese come Sal assume anche un forte significato simbolico. Posta sull’immenso altopiano dell’Ovest prima delle Rock Mountains, ultima imponente barriera per la West Coast, incarna l’idea stessa della continentale lontananza geografica e storica del grande West. E l’idea stessa del West, vitale e immenso, è associata a Dean/Neal e alla sua smodata voglia di vita, come si evince dalle parole appassionate di Sal/Jack: “Era occidentale, il vento d’occidente, un’ode delle praterie, qualcosa di nuovo, da lungo tempo profetizzato, da lungo tempo atteso.” Impressionante distesa di praterie secche, senza coltivazioni, territorio incontrastato dei cani delle praterie e, un tempo, degli indiani, “che osservano tutto con i loro occhi di pietra”, e che a Denver s’incontrano numerosi come anche i neri.

Coricata distesa adagiata nel vasto altopiano

Di piccoli antri di quotidiano vivere

Case esili respirano la costa occidentale

Al di là dei picchi di roccia

Echi cruenti di occhi di nativi resistenti

Sangue di pelle di deportazioni antiche

Qui la gente parla d’Africa

Questa è l’America **

Il viaggio in On The Road, nella condizione precaria in cui viene affrontato, è metafora di una ricerca spirituale ed esistenziale, e infine anche artistica per l’autore, che, come tale, non è comoda, non svaga, ma snerva e logora senza mai offrire certezze. “Ero stanco e mi sentivo stranito e sperduto in un posto remoto, disgustoso. L’ondata di terrore ebbe il sopravvento sui miei pensieri.” E ancora: “Mi toccò dormire nella stazione ferroviaria su una panchina; all’alba gli impiegati ferroviari mi buttarono fuori (...) Uscii incespicando e sfinito dalla stazione; non avevo più alcun contollo. Tutto quel che potevo vedere del mattino era un biancore simile a quello di una tomba. Stavo morendo di fame.”Ma la ricerca estrema, quella in cui si mette in gioco persino la propria incolumità, è l’unico mezzo per mettersi totalmente in ascolto e compenetrare tutta la dolorosa poesia, semplice e alta a un tempo, che il mondo può riservare, nonostante tutto: “un sax tenore suonava dei bellissimi blues in quella casa cantoniera della Pennsylvania; io ascoltai e piansi”. Viaggio doloroso e carico di significati dunque e un polo di attrazione, Denver, quasi vero baricentro dell’America di Sal/Jack, ma anche luogo di infinita nostalgia, svuotato dai personaggi, numerosi invero, che ne avevano determinato il legame con il movimento. Così Sal/Jack, comprata una casa a Denver, scopre che a mancargli, anche qui, è Dean/Neal, misterioso motore di tutta la sua inquieta ispirazione, e anche Marylou (LouAnne Henderson nella realtà e prima moglie di Cassady) che si trovano a San Francisco mentre anche tutti gli altri personaggi che gravitano intorno alla città e al movimento sono altrove, e ora Denver, proprio come il protagonista, ha nostalgia dei suoi eroi. Sal/Jack misura la sua sconfinata solitudine mentre si trova ad assistere ad una partita di baseball, in un campo incolto ancora oggi esistente, osservando tutta quell’umanità varia in un quartiere ben conosciuto da Dean/Neal e da Marilou/LouAnne: “Oh la tristezza delle luci quella sera! Il giovane lanciatore pareva proprio Dean. Una graziosa bionda fra i sedili sembrava esattamente Marilou. Era la notte di Denver; tutto quel che feci fu morire.

Down in Denver, down in Denver

All I did was die

(…) Come morii! Mi allontanai di là.” 

Angosciosa ombra delle mie vulnerate notti

Inquietante, fioco bagliore della lenta

Neve cadente sull’altopiano 

di antichi bivacchi stroncati **


Sentimento d’attrazione e repulsione che ha radici in un passato di negatività e che si motiva e diviene fisica sofferenza nella vicenda narrata in cui Dean/Neal, proprio nella città che lo vide randagio fanciullo e carcerato, mette a soqquadro la città stessa una notte, rubando una serie di automobili e rischiando seriamente l’arresto di sé e di chi era con lui in quei giorni. “Tutta l’amarezza e la pazzia della sua intera vita di Denver si stava scatenando dal suo organismo come tanti pugnali. La sua faccia era rossa e sudata e cattiva. (...) Più presto ci allontanavamo da Denver e meglio mi sentivo, e ci stavamo allontanando presto davvero.”
Fortemente presente in On The Road è il tema dell’amore, vissuto dal protagonista con sofferta profondità, in totale antitesi con la falsa idea del romanzo come una sorta di inno al libertinaggio. Come appare anche dagli scritti più maturi, la ricerca dell’amore assume, per lo scrittore, i contorni di una impossibilità definitiva a comprendere e compenetrare totalmente l’altro, una sorta di eterna distanza che determina il fallimento dell’idea di un amore assoluto in partenza. Questa disillusione è spesso cantata da Kerouak con doloroso lirismo di cui si trovano tracce in quest’opera. “Stavamo sdraiati sulla schiena guardando il soffitto e chiedendoci che cosa avesse combinato Dio quando ha fatto la vita così triste.” Oppure: “Mi baciò senza emozione nella vigna e si allontanò lungo il filare. Ci voltammo dopo dodici passi, perché l’amore è un duello, e ci guardammo per l’ultima volta.”
L’addio. Inevitabile conseguenza dell’impossibilità di una coincidenza perfetta tra esseri umani. E l’addio che fa rabbrividire di un senso ben più definitivo. “Che cos’è quella sensazione quando ci si allontana dalle persone e loro restano indietro sulla pianura finché le si vede appena come macchioline che si disperdono?... È il mondo troppo vasto che ci sovrasta, ed è l’addio.”

“Mankind is alive, but Mankind must die”.

So good-bye to the house with its wallpaper red,

Good-bye to the sheets on the warm double bed,

Good-bye to the beautiful birds on the wall,

It’s good-bye, dear heart, good-bye to you all.

Wystan Hugh Auden, Another Time ***

 


 

* Che andavano a Denver, che morivano a Denver, che ritornavano a Denver e aspettavano invano, che vegliavano a Denver e meditavano senza compagni a Denver e infine se ne andavano per scoprire il Tempo, e ora Denver ha nostalgia dei suoi eroi

** I versi sono di Stefano Pastor.

*** “L’Umanità è viva, ma L’Umanità deve morire”

Perciò addio alla casa con la tappezzeria rossa,

addio alle tiepide lenzuola del letto matrimoniale

addio agli splendidi uccelli sul muro,

addio, sì, mio cuore, addio a tutti voi.

 


 

:: letture ::

— Auden W. H., Another Time, 1940, Un altro tempo, Adelphi, Milano, 1997.

— Ginsberg A., Howl & Other Poems, 1956, Jukebox all'idrogeno, Rizzoli, Milano, 2004.

— Kerouak J., On the Road, 1959, Sulla strada, Mondadori, Milano, 2007.