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Posto che
si sia davvero chiamato Herman Poole “Sonny” Blount e nato sul
serio in Alabama nel 1914 (o 1915? il dubbio rimane), Sun Ra è l’Hugo
Gernsback della fantascienza musicale. Se il primo fonda il genere
letterario moderno, il secondo scrive lo spartito di base da cui nessuno
potrà più prescindere. Sun Ra adopera titoli schiettamente sci-fi,
impiega suoni elettronici (già nei primi anni 50 mise a punto una
tastiera elettrica dai suoni un po’ theremin, un po’ Onde Martenot),
miscela jazz e popular music, swing e free, configura la sua orchestra
come una setta, la rimodella a suo piacimento a iniziare dal nome (Myth
Science Arkestra, Astro Infinity Arkestra, Solar Arkestra, ecc.), mentre i
suoi componenti si legano al band leader come fan in un circolo, sedotti
da un personaggio favoloso (se stesso, ma non importa). Afrodianetica di
un freak non così out da non sapere che negli anni 50 tecnologie
sofisticate stanno irrompendo sulla scena in compagnia di nuovi suoni,
tecnologie di uso quotidiano che offrono benessere, tempo libero, redditi
maggiori e dando luogo a non poche metamorfosi, quella possibile in tempo
di guerra per effetto delle radiazioni nucleari e quella effettuata nella
pace parallela con la generazione dei non adulti, ad esempio, trasformata
in giovani.
Muta anche
la fantascienza, da adolescenziale diventa adulta, mentre la sua
dimensione più meravigliosa inizia lentamente a trasmigrare in nuove
dimensioni, musicali non letterarie. Sun Ra miscela exotica, jazz e
science fiction, tre prodotti culturali tipici del made in Usa. Quello che
fa di questa operazione un caso irripetibile è la mancanza del target di
riferimento. Sun Ra arriva prima che quei minorenni appassionati di
fantascienza, quelle minoranze che apprezzano il jazz, quegli adolescenti
ribelli pazzi per il rock and roll e tutti coloro che usufruiscono del
nuovo benessere del dopoguerra, sognando vacanze ed avventure in luoghi
esotici, diventino un solo soggetto.
Il
passaggio intermedio è nel segno di Bond, dei Beatles e del
moog. Il primo si fa carico di aggiornare il
cocktail con una dose di
spettacolarità che Sun Ra non poteva certo permettersi. I Fab Four fanno
emergere il target e fondano il genere musicale più idoneo alla
fantascienza: il pop. Il terzo segna lo stadio più alto
dell’elettronica analogica. Strumento elettronico inventato
dall’ingegnere Robert Moog (scomparso di recente) nel 1964,
coetaneo di un'altra meraviglia della tecnica, il mellotron, un antenato
del campionatore, il moog, - sintetizzatore di suoni per antonomasia -
esplode nel 1968 quando Walter Carlos decide di utilizzarlo per
eseguire i Concerti Brandeburghesi di Bach. L’album Switched on Bach
ottiene un successo enorme e il moog si trasforma nell’oggetto del
desiderio di quanti cercano il colore del futuro nella loro musica.
L’anno prima non aveva funzionato sul piano commerciale un altro album
per solo moog, In Sound From Way Out di Jean-Jacques Perrey e
Gershon Kingsley. Le note di copertina dichiaravano: “Ecco la musica
elettronica di facile consumo che presto verrà ascoltata dai juke-box
delle stazioni spaziali interplanetarie, dove faranno sosta le navicelle
spaziali durante i loro lunghi viaggi”. Insomma, i tempi stavano
cambiando.
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