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Risentimento o rabbia rancida, ma tu chiamale, se vuoi, emozioni in Rete
di 
Elisabetta Risi

risi.jpg I sentimenti sembrano farsi strada online, richiedendo spazio, spingendo per essere scritti, depositati, mediati. Probabilmente la Rete, così come la conosciamo, non esisterebbe se fosse solo un reticolo neuronale di pensieri slegati dall'emozione. Nei blog personali depositiamo non solo pensieri, ma affetti; nei social network (creati intorno a prodotti, aziende, istituzioni) ci lamentiamo perchè riteniamo di aver subito un danno, oppure esprimiamo un'opinione che non è mai neutra, ma sempre carica dell'elettricità emozionale. Esprimiamo anche risentimento. Quando uno dei mattoni fondamentali nella vita delle persone, quello connesso alla sfera lavorativa, per alcuni soggetti è continuamente smussato, distrutto, cambiato e ricercato, le discussioni intraprese in Rete costituiscono possibili valvole di sfogo del risentimento connesso a questi vissuti. Benché il risentimento sia una componente emozionale che può essere esperita da chiunque, esso sembra stanziare maggiormente presso alcune categorie (disoccupati, precari, vittime del mobbing) che percepiscono di essere private di un oggetto di valore, di cui possono invece godere altri. Il risentimento è caratterizzato da un sentimento d’ingiustizia unito ad un senso d’impotenza: le persone si considerano arenate in una situazione (lavorativa) in cui ci si percepiscono disarmate e impossibilitate ad operare dei cambiamenti. Coloro che provano risentimento, vanno spesso alla ricerca di un colpevole della situazione d’ingiustizia esperita. Questo processo avviene attraverso meccanismi freudiani (meccanismo depressivo e persecutivo) utilizzati, da uno dei primi sociologi italiani che si è occupato di sentimenti, Alberoni, per l’analisi di alcuni di essi (1989). I legami sociali che si sviluppano in Rete e, più in particolare, i discorsi e le narrazioni intessuti dai net-users, possono costituire una delle possibili vie di elaborazione del risentimento esperito da queste vittime dei sistemi lavorativi contemporanei, individualistici e ad alta flessibilità.
Cercando di sistematizzare le narrazioni di risentimento in Rete, è stata condotta una ricerca empirica che si è articolata attraverso la lettura e l'analisi interpretativa del contenuto di oltre 700 post depositati in ambienti virtuali (10 blog e 5 forum di discussione tematizzati intorno a problematiche dei lavoratori contemporanei). Si è cercato in primo luogo di ricostruire i contenuti del raccontare/raccontarsi in Rete per sondare la presenza e le caratteristiche del risentimento esperito dai net-users; in secondo luogo di individuare le funzioni che tali narrazioni acquisiscono per alcuni di questi soggetti. Dall'analisi del materiale si evince che anche se non in modo consapevole, i soggetti, nel racconto online della loro storia di vita (lavorativa), fanno emergere i tratti peculiari di questo sentimento, individuati nella letteratura di riferimento. In queste narrazioni si nota come il risentimento sia un sentimento complesso (connesso alla rabbia “rancida”) difficile da riconoscere spontaneamente. Le storie raccontate dai soggetti nei messaggi online sono state analizzate ed interpretate attraverso un modello d’analisi narrativo (Di Fraia, 2004), ossia individuando delle storie che, anche se riconducibili sostanzialmente alla macro-storia dei lavoratori della complessità contemporanea, si declinano però in modo specifico e differenziato. Anche se il risentimento non è esplicitamente nominato, dall'analisi del contenuto, è stato possibile ricostruire delle storie prototipiche che, pur non corrispondendo a nessuna storia effettivamente rintracciata nel materiale analizzato, consentono di sintetizzare concettualmente ed esemplificare i tratti del risentimento emersi nei racconti in Rete ed i meccanismi d’imputazione della colpa. La prima peculiarità del risentimento, che emerge in diversi racconti online, riguarda il focalizzarsi della trama lavorativa sull’ingiustizia subita da queste persone:

“Il precario viene illuso per anni di una probabile assunzione” (generazione100euro).

“La vittima del mobbing viene minacciata di licenziamento se io non effettua lavori “sgradevoli” o non lavora nei giorni festivi” (stopmobbing.org).

Un’altra caratteristica emergente del risentimento è quella relativa al cronicizzarsi del senso d’impotenza: i soggetti percepiscono l’impossibilità di agire per risolvere la situazione che subiscono. Alcune storie prototipiche emblematica:

“Il manager disoccupato, costretto a bussare continuamente a molte porte, sente di poter fare poco o nulla per ritrovare nuovamente un lavoro” (nonholeta.blog).

“Il lavoratore interinale si sente frustrato perché ritiene di non può fare niente per cambiare la sua situazione” (anagrafeprecari).

Il risentimento è un ri-sentire, rievocando il passato, accentuato da un contesto sociale in cui si è passati dal futuro promessa, al futuro minaccia (Benasayag, Schmit, 2005). Lo sguardo rivolto al passato si evince nelle storie in Rete ad esempio de:

“Il precario che non vuole pensare al futuro perché non vi trova sollievo dalla frustrazione, ma ripensa alle scelte di formazione che avrebbe dovuto intraprendere” (argonauti.it/forum).

Altra caratteristica che si rileva è quella della sensazione d’inferiorità, dell’essere delle vittime di una situazione d’ingiustizia, in cui i soggetti risentiti si percepiscono.

“Il disoccupato over quaranta si sente umiliato perchè tocca con mano una situazione d’inferiorità rispetto agli altri”

(nonholeta.blog).

“Il precario si sente considerato un bamboccione perché non può permettersi di pagare un mutuo, fare dei figli” (anagrafeprecari).

Il risentimento raccontato in queste storie online viene elaborato, ricercando un colpevole della situazione vissuta. 
Le cariche negative della frustrazione possono essere scaricate su un oggetto (meccanismo persecutivo), che per la persona risentita può costituire il capro espiatorio a cui imputare la colpa. L’individuazione del colpevole diviene tuttavia complessa quand’esso non è costituito da una persona in carne ed ossa, ma si palesano diversi capri espiatori (il Governo, il “sistema”, la sfortuna…) a cui si accolla la responsabilità della propria situazione. Citando alcune affermazioni dei net-users:

“I colpevoli sono tanti: sono i montezemolo, i bombassei, i calearo…” (blogover40).

“Il problema in questo paese non sono solo gli stranieri, ma una classe politica incapace!” (anagrafeprecari).

Dai racconti di risentimento online si coglie anche il possibile processo di auto-colpevolizzazione che può essere a livello individuale (meccanismo depressivo):

“Mi sentivo in colpa con me stesso e mettevo in dubbio le mie capacità in tutto” (tuttosulmobbing.blogspot),

e sfociare talvolta in patologia (depressione):

“Sono disperata, incazzata, depressa (…) ho avuto attacchi di panico, piangevo, mi davo della stupida, mi chiedevo come ho potuto fare una scelta del genere” (benessere.com/forum/).

Oppure può essere un’auto-colpevolizzazione a livello di gruppo sociale al quale il lavoratore ritiene di appartenere:

“La colpa è solo nostra, perché abbiamo paura di perdere quel poco che abbiamo” ( HYPERLINK "http://miglioriamolavoro.blogspot/"miglioriamolavoro.blogspot).

Analizzando le funzioni che i racconti di risentimento online sembrano avere, la prima fra queste appare quella identitaria. Attraverso i social network in Rete si problematizza la questione del riconoscimento:

“Noi precari apparteniamo alla stessa categoria. Il nostro limite è la nostra diversità, la nostra intrinseca pluralità. Prenderne atto è il primo passo” (anagrafeprecari).

La rete può quindi costituire un ambiente di elaborazione cognitiva ed emozionale dove ci si conosce/riconosce come persone simili, un luogo di incontro dell’altro come me che, anche se si trova geograficamente istante, condivide una simile situazione lavorativa ed una medesima esperienza emotiva.
Un’altra tipologia di funzioni attribuibili a questi messaggi online è quella comunicativa. L’utilizzo della narrazioni di risentimento ha infatti le funzioni di esprimere il proprio malessere oppure di esporre, esternare, denunciare una situazione:

“Non so se riuscirò ad esprimere bene come mi sento: ho una rabbia e un dolore dentro di me da anni per cui è veramente difficile trovare le parole per descriverli” (nonholeta.blog).

“Uno spazio per sensibilizzare, denunciare o, più semplicemente, comunicare (generazione1000euro).

Rilevante tipologia di funzioni delle narrazioni di risentimento in Rete è quella propositiva. Si possono individuare due tipi di azioni che vengono proposte: delle attività da agire in Rete (l’invio di un’email al ministro, l’apertura di un blog per sollevare il problema, di un sito per stimolare attenzione e raccogliere consensi e solidarietà) e delle azioni da svolgere invece negli ambienti tradizionali della manifestazione:

“È il caso di far scendere in piazza mille persone per sensibilizzare e rendere fisicamente visibile il problema, altrimenti non esisti”(anagrafeprecari). 

Nel nostro studio abbiamo riscontrato come in Rete sia presente un proliferare non solo di blog personali, ma anche di blog a più voci, siti, forum, social network costruiti o frequentati da questi soggetti. Essi divengono da un lato luogo e strumento di condivisione di emozioni e sentimenti (altrimenti difficilmente possibile per distanzia o vergogna della propria situazione) e di potenziale elaborazione del risentimento attraverso la narrazione della propria esperienza; dall’altro, rappresentano una possibilità per costruire la rappresentazione dell’identità personale o collettiva, attraverso il dialogo, il riscontro e il riconoscimento dell’altro.

 


 

:: letture ::

- Alberoni F., Genesi, Garzanti Libri, Milano, 1989.

- Benasayag M., Schmit G., L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, Milano, 2005.

- Bruner, J., La mente a più dimensioni, Laterza, Bari, 2005.

- Di Fraia G., Storie con-fuse. Pensiero narrativo, sociologia e media, Franco Angeli, Milano, 2004.

- Girard R., Il risentimento. Lo scacco del desiderio nell’uomo contemporaneo, Raffaello Cortina Editore, 1999.

- Nietzsche F., Genealogia della morale, Mondadori, 1975.

- Runciman W.G., Ineguaglianza e coscienza sociale. L'idea di giustizia sociale nelle classi lavoratrici, Einaudi, Torino, 1972.

- Scheler M., Il risentimento nella edificazione delle morali, Vita e Pensiero, Milano, 1975.

- Tommelieri S., La società del risentimento, Meltemi, Roma, 2004.