I sentimenti sembrano farsi strada online, richiedendo spazio,
spingendo per essere scritti, depositati, mediati. Probabilmente la
Rete, così come la conosciamo, non esisterebbe se fosse solo
un reticolo neuronale di pensieri slegati dall'emozione. Nei blog
personali depositiamo non solo pensieri, ma affetti; nei social network
(creati intorno a prodotti, aziende, istituzioni) ci lamentiamo
perchè riteniamo di aver subito un danno, oppure esprimiamo
un'opinione che non è mai neutra, ma sempre carica
dell'elettricità emozionale. Esprimiamo anche risentimento. Quando
uno dei mattoni fondamentali nella vita delle persone, quello connesso
alla sfera lavorativa, per alcuni soggetti è continuamente
smussato, distrutto, cambiato e ricercato, le discussioni intraprese in
Rete costituiscono possibili valvole di sfogo del risentimento connesso
a questi vissuti. Benché il risentimento sia una componente
emozionale che può essere esperita da chiunque, esso sembra
stanziare maggiormente presso alcune categorie (disoccupati, precari,
vittime del mobbing) che percepiscono di essere private di un oggetto
di valore, di cui possono invece godere altri. Il risentimento
è caratterizzato da un sentimento d’ingiustizia
unito ad un senso d’impotenza: le persone si considerano
arenate in una situazione (lavorativa) in cui ci si percepiscono
disarmate e impossibilitate ad operare dei cambiamenti. Coloro che
provano risentimento, vanno spesso alla ricerca di un colpevole della
situazione d’ingiustizia esperita. Questo processo avviene
attraverso meccanismi freudiani (meccanismo depressivo e persecutivo)
utilizzati, da uno dei primi sociologi italiani che si è
occupato di sentimenti, Alberoni, per l’analisi di alcuni di
essi (1989). I legami sociali che si sviluppano in Rete e,
più in particolare, i discorsi e le narrazioni intessuti dai
net-users, possono costituire una delle possibili vie di elaborazione
del risentimento esperito da queste vittime dei sistemi lavorativi
contemporanei, individualistici e ad alta flessibilità. Cercando
di sistematizzare le narrazioni di risentimento in Rete, è
stata condotta una ricerca empirica che si è articolata
attraverso la lettura e l'analisi interpretativa del contenuto di oltre
700 post depositati in ambienti virtuali (10 blog e 5 forum di
discussione tematizzati intorno a problematiche dei lavoratori
contemporanei). Si è cercato in primo luogo di ricostruire i
contenuti del raccontare/raccontarsi in Rete per sondare la presenza e
le caratteristiche del risentimento esperito dai net-users; in secondo
luogo di individuare le funzioni che tali narrazioni acquisiscono per
alcuni di questi soggetti. Dall'analisi del materiale si evince che
anche se non in modo consapevole, i soggetti, nel racconto online della
loro storia di vita (lavorativa), fanno emergere i tratti peculiari di
questo sentimento, individuati nella letteratura di riferimento. In
queste narrazioni si nota come il risentimento sia un sentimento
complesso (connesso alla rabbia “rancida”)
difficile da riconoscere spontaneamente. Le storie raccontate dai
soggetti nei messaggi online sono state analizzate ed interpretate
attraverso un modello d’analisi narrativo (Di Fraia, 2004),
ossia individuando delle storie che, anche se riconducibili
sostanzialmente alla macro-storia dei lavoratori della
complessità contemporanea, si declinano però in
modo specifico e differenziato. Anche se il risentimento non
è esplicitamente nominato, dall'analisi del contenuto,
è stato possibile ricostruire delle storie
prototipiche che, pur non corrispondendo a nessuna storia
effettivamente rintracciata nel materiale analizzato, consentono di
sintetizzare concettualmente ed esemplificare i tratti del risentimento
emersi nei racconti in Rete ed i meccanismi d’imputazione
della colpa. La prima peculiarità del risentimento, che
emerge in diversi racconti online, riguarda il focalizzarsi della trama
lavorativa sull’ingiustizia subita da queste persone:
“Il precario viene illuso
per anni di una probabile assunzione” (generazione100euro). “La
vittima del mobbing viene minacciata di licenziamento se io non
effettua lavori “sgradevoli” o non lavora nei
giorni festivi” (stopmobbing.org). Un’altra
caratteristica emergente del risentimento è quella relativa
al cronicizzarsi del senso d’impotenza: i soggetti
percepiscono l’impossibilità di agire per
risolvere la situazione che subiscono. Alcune storie prototipiche
emblematica: “Il manager disoccupato,
costretto a bussare continuamente a molte porte, sente di poter fare
poco o nulla per ritrovare nuovamente un lavoro”
(nonholeta.blog). “Il lavoratore interinale
si sente frustrato perché ritiene di non può fare
niente per cambiare la sua situazione” (anagrafeprecari). Il
risentimento è un ri-sentire, rievocando il passato,
accentuato da un contesto sociale in cui si è passati dal
futuro promessa, al futuro minaccia (Benasayag, Schmit,
2005). Lo sguardo rivolto al passato si evince nelle storie in Rete ad
esempio de: “Il precario che non vuole
pensare al futuro perché non vi trova sollievo dalla
frustrazione, ma ripensa alle scelte di formazione che avrebbe dovuto
intraprendere” (argonauti.it/forum). Altra
caratteristica che si rileva è quella della sensazione
d’inferiorità, dell’essere delle vittime
di una situazione d’ingiustizia, in cui i soggetti risentiti
si percepiscono. “Il disoccupato over
quaranta si sente umiliato perchè tocca con mano una
situazione d’inferiorità rispetto agli
altri” (nonholeta.blog). “Il
precario si sente considerato un bamboccione
perché non può permettersi di pagare un mutuo,
fare dei figli” (anagrafeprecari).
Il risentimento raccontato in queste storie online viene
elaborato, ricercando un colpevole della situazione vissuta. Le
cariche negative della frustrazione possono essere scaricate su un
oggetto (meccanismo persecutivo), che per la persona
risentita può costituire il capro espiatorio a cui imputare
la colpa. L’individuazione del colpevole diviene tuttavia
complessa quand’esso non è costituito da una
persona in carne ed ossa, ma si palesano diversi capri espiatori (il
Governo, il “sistema”, la sfortuna…) a
cui si accolla la responsabilità della propria situazione.
Citando alcune affermazioni dei net-users:
“I colpevoli sono tanti: sono i
montezemolo, i bombassei, i calearo…” (blogover40). “Il
problema in questo paese non sono solo gli stranieri, ma una classe
politica incapace!” (anagrafeprecari). Dai
racconti di risentimento online si coglie anche il possibile processo
di auto-colpevolizzazione che può essere a livello
individuale (meccanismo depressivo): “Mi
sentivo in colpa con me stesso e mettevo in dubbio le mie
capacità in tutto” (tuttosulmobbing.blogspot), e
sfociare talvolta in patologia (depressione): “Sono
disperata, incazzata, depressa (…) ho avuto attacchi di
panico, piangevo, mi davo della stupida, mi chiedevo come ho potuto
fare una scelta del genere” (benessere.com/forum/). Oppure
può essere un’auto-colpevolizzazione a livello di
gruppo sociale al quale il lavoratore ritiene di appartenere: “La
colpa è solo nostra, perché abbiamo paura di
perdere quel poco che abbiamo” ( HYPERLINK
"http://miglioriamolavoro.blogspot/"miglioriamolavoro.blogspot). Analizzando
le funzioni che i racconti di risentimento online sembrano avere, la
prima fra queste appare quella identitaria. Attraverso i social network
in Rete si problematizza la questione del riconoscimento: “Noi
precari apparteniamo alla stessa categoria. Il nostro limite
è la nostra diversità, la nostra intrinseca
pluralità. Prenderne atto è il primo
passo” (anagrafeprecari).
La rete può quindi costituire un ambiente di
elaborazione cognitiva ed emozionale dove ci si conosce/riconosce come
persone simili, un luogo di incontro dell’altro come
me che, anche se si trova geograficamente istante, condivide
una simile situazione lavorativa ed una medesima esperienza emotiva. Un’altra
tipologia di funzioni attribuibili a questi messaggi online
è quella comunicativa. L’utilizzo della narrazioni
di risentimento ha infatti le funzioni di esprimere il proprio
malessere oppure di esporre, esternare, denunciare una situazione:
“Non so se riuscirò ad
esprimere bene come mi sento: ho una rabbia e un dolore dentro di me da
anni per cui è veramente difficile trovare le parole per
descriverli” (nonholeta.blog). “Uno
spazio per sensibilizzare, denunciare o, più semplicemente,
comunicare (generazione1000euro).
Rilevante tipologia di funzioni delle narrazioni di
risentimento in Rete è quella propositiva. Si possono
individuare due tipi di azioni che vengono proposte: delle
attività da agire in Rete (l’invio di
un’email al ministro, l’apertura di un blog per
sollevare il problema, di un sito per stimolare attenzione e
raccogliere consensi e solidarietà) e delle azioni da
svolgere invece negli ambienti tradizionali della manifestazione:
“È il caso di far
scendere in piazza mille persone per sensibilizzare e rendere
fisicamente visibile il problema, altrimenti non
esisti”(anagrafeprecari).
Nel nostro studio abbiamo riscontrato come in Rete sia
presente un proliferare non solo di blog personali, ma anche di blog a
più voci, siti, forum, social network costruiti o
frequentati da questi soggetti. Essi divengono da un lato luogo e
strumento di condivisione di emozioni e sentimenti (altrimenti
difficilmente possibile per distanzia o vergogna della propria
situazione) e di potenziale elaborazione del risentimento attraverso la
narrazione della propria esperienza; dall’altro,
rappresentano una possibilità per costruire la
rappresentazione dell’identità personale o
collettiva, attraverso il dialogo, il riscontro e il riconoscimento
dell’altro.
:: letture ::
- Alberoni F., Genesi, Garzanti Libri, Milano, 1989.
- Benasayag M., Schmit G., L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, Milano, 2005.
- Bruner, J., La mente a più dimensioni, Laterza, Bari, 2005.
- Di Fraia G., Storie con-fuse. Pensiero narrativo, sociologia e media, Franco Angeli, Milano, 2004.
- Girard R., Il risentimento. Lo scacco del desiderio nell’uomo contemporaneo, Raffaello Cortina Editore, 1999.
- Nietzsche F., Genealogia della morale, Mondadori, 1975.
- Runciman W.G., Ineguaglianza e coscienza sociale. L'idea di giustizia sociale nelle classi lavoratrici, Einaudi, Torino, 1972.
- Scheler M., Il risentimento nella edificazione delle morali, Vita e Pensiero, Milano, 1975.
- Tommelieri S., La società del risentimento,
Meltemi, Roma, 2004.
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