La fantascienza è in crisi. Il fenomeno non ha
eccezioni di sorta: anche se il cinema di fantascienza appare in ottima
salute, nei fatti oggi poche pellicole possono essere definite davvero
“fantascientifiche” e ancora meno si possono
considerare di qualità; anche se fuori dall’Italia
l’editoria sembra ancora solida e non costretta a poco
onorevoli compromessi per liberarsi della sua etichetta discriminante,
gli ultimi dati sulle riviste di fantascienza americane dimostrano
quanto molle sia il suo ventre. La storica Analog
(erede di quell’Astounding Stories che ha
lanciato nomi come Isaac Asimov e Robert Heinlein) è passata
dalle 115.000 copie vendute degli anni Ottanta alle 27.000 del 2007; la
Asimov’s Science Fiction è
passata da 69.000 copie del 1994 alle 17.000 attuali; The
Magazine of Fantasy and Science Fiction passerà
dal numero di aprile/maggio 2009 dalla mensilità alla
bimestralità. Le tre più celebri e storiche
riviste di fantascienza americana soffrono una clamorosa perdita di
lettori, non compensata da tentativi – spesso fallimentari
– di passaggio all’online. Di contro oggi la
fantasy domina il mercato. Dei 10 film campioni d’incassi
nella storia del cinema, i fantasy scorrono senza soluzione di
continuità dalla seconda alla settima posizione.
L’evidenza è tanto più notevole se si
cerca in una qualsiasi libreria lo scaffale dedicato alla fantascienza,
trovandolo regolarmente inondato dai più recenti prodotti
dell’editoria fantasy che negli ultimi anni ha visto un
proliferare di autori anche nostrani e di case editrici di genere senza
precedenti e paragoni negli altri settori. Sarebbe un errore
attribuire solo a mode momentanee o ancor di più a meri
fenomeni di marketing la preferenza accordata dai lettori e dagli
spettatori alla fantasy piuttosto che alla fantascienza. Piuttosto
questa preferenza può essere considerata in buona parte come
il sintomo di un cambiamento ideologico che ha caratterizzato gli
ultimi due decenni, ossia la fine del processo di “disincanto
del mondo” e l’inizio – o meglio la
ripresa – di un processo di “fuga dalla
realtà”. Oggi di quel binomio tutto italiano tra
fantasia e scienza che compone il termine che da noi sta per science-fiction
sopravvive e prospera solo il primo termine, la fantasia, a tutto
svantaggio del secondo termine – la scienza – che
invece fu il terreno di coltura di questo genere narrativo. Eva strappa
ad Adamo lo scettro, se vogliamo adeguarci a una visione
“antropologica” dove la fantasy è
spiccatamente femminile, se non femminista, e la fantascienza
irrimediabilmente maschile, se non maschilista. Quando
Max Weber parlava di disincanto del mondo (2006), indicava un fenomeno
che a suo dire avrebbe caratterizzato la modernità: una
generale secolarizzazione delle categorie di interpretazione degli
eventi, sottratte al fideismo, alla superstizione e alla magia per
sottoporsi infine al dominio della ragione. La fine delle spiegazioni
irrazionali del mondo e l’avvento di interpretazioni
scientifiche, oggettive, razionali. Il positivismo, il laicismo e il
trionfo della scienza nel XX secolo sembrarono dare ragione a Weber: il
ritirarsi delle religioni – in primis di quella cristiana
– nell’ambito puramente individuale della fede, la
fiducia incondizionata dell’umanità nei progressi
della scienza, l’abbandono di pratiche tradizionali e
superstiziose, sono stati i segni concreti del disincanto del mondo.
Negli ultimi decenni, tuttavia, questo fenomeno ha subito una brusca
inversione. La fine delle “grandi narrazioni”, come
sostengono i teorici del postmodernismo, ha garantito nuovi margini di
manovra a forze irrazionali. Ma quello che molti osservatori hanno
ignorato è stato l’effetto, soprattutto in
Occidente, del cosiddetto
“tecnoscientismo”. In una tavola
rotonda del 1999 per i dieci anni di attività del CICAP, il
Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale,
dal titolo “Scienza, paranormale e mass media”, il
giornalista scientifico Pietro Greco sosteneva che fossero in atto
nella società contemporanea quattro componenti
anti-scientifiche. La prima è la crescita
dell’irrazionalismo di massa alimentata dall’appeal
di astrologia, occultismo e New Age; la seconda è quella che
lo storico della scienza Gerald Holton ha definito
“irrazionalismo di élite” propugnato dai
teorici del postmodernismo, critici verso qualsiasi capacità
conoscitiva e interpretativa della scienza e forse ancora
più pericoloso perché divulgato nelle
università e nei dibattiti filosofici; la terza componente
è l’irrazionalismo dei mezzi di comunicazione che
semplificano e generalizzano al fine di diffondere più
facilmente e rapidamente ogni tipo di messaggio, senza mai andare in
profondità; la quarta e qui più interessante
è appunto il tecnoscientismo. Si tratta della fede
irrazionale delle masse nelle capacità
‘salvifiche’ della scienza e della tecnica,
considerate quasi alla stregua di nuove forze magiche capaci di ogni
cosa. L’ignoranza riguardo il metodo scientifico e il
funzionamento dei ritrovati tecnologici, in generale la sempre maggiore
complessità e incomprensibilità di un mondo
impregnato di tecnica, favorisce paradossalmente l’emerge di
“nuovi profeti” e “nuove
irrazionalità” basate su
un’interpretazione mistica della scienza. Inevitabilmente,
dunque, la crescente complessità della scienza provoca una
sorta di fuga da una realtà incomprensibile da parte
dell’uomo comune. Il ritorno a forme di credenze irrazionali
non necessariamente in Occidente prende la forma di un revival
religioso, che al di là dell’apparenza
è ben lungi dal verificarsi, ma favorisce forme ibride di
anti-scientismo. La New Age è appunto una delle soluzioni
rintracciate, che cerca di sposare – come fa soprattutto la
chiesa di Scientology di Ron Hubbard – realtà
scientifiche con elementi mistici. Già Asimov, che fu tra i
fondatori del CICAP americano e che aveva letto Ron Hubbard dalla
stessa rivista che pubblicava anche i suoi racconti (proprio Astounding
Stories ospitò Dianetics, da
cui si svilupparono poi le teorie alla base di Scientology),
condannò violentemente – fino a mettere in crisi
la sua amicizia con l’editore John W. Campbell, tra i primi
seguaci della chiesa hubbardiana – l’inaccettabile
confusione tra scienza e magia. Recentemente nel dibattito si
è inserito anche Piergiorgio Odifreddi, tra i più
importanti matematici italiani e noto per le sue posizioni
anti-religiose. In una breve intervista pubblicata su La
Repubblica nell’agosto 2007, il matematico
sosteneva: “…tutto l' Occidente è
diventato antiscientifico, tutto spinge ad una visione irrazionale,
magica, basta guardarsi intorno, al fenomeno Harry Potter,
i bambini crescono pensando che la magia risolva i problemi, la
matematica diventa un'eccezione in una visione del mondo
ascientifica”; rimarcando poi lo stesso concetto in un
più elaborato articolo di qualche giorno dopo sulla stessa
testata: “E come può, lo stesso giovane, imparare
a pensare razionalmente, se da bambino si appassiona alle imprese
fantastiche di Harry Potter o del Signore
degli Anelli, e da adulto ha il 10% di probabilità
di diventare uno dei sei milioni di italiani che ogni anno consultano
maghi, astrologi, chiromanti o guaritori, e altrettante
probabilità di diventare uno dei sei milioni di pellegrini
che ogni anno fanno visita a Padre Pio, per chiedergli grazie o
miracoli?”. Difficile dare torto a queste riflessioni,
benché sia necessario fare i dovuti
“distinguo”, evitando di condannare acriticamente
fenomeni che possiedono, al di là delle generalizzazioni
prodotte dai mass media, dei notevoli aspetti culturali. Leggere
le opere di Tolkien o di J.K. Rowling non comporta automaticamente la
caduta nel baratro del fideismo, il cui punto di arrivo sembra essere
il pellegrinaggio alla tomba di Padre Pio. Piuttosto è vero
che il successo delle trasposizioni cinematografiche ha alimentato un
clima di rinnovato interesse per l’esoterismo e per il
paranormale, ma questo non vuol dire che l’interesse per tali
fenomeni costituisca di per sé una forma di irrazionalismo.
Odifreddi confonde la causa con l’effetto. Non è
la fantasy ad alimentare l’irrazionalismo, ma
quest’ultimo ad alimentare il successo della fantasy; e non
in tutti i settori: ancora una solida fetta di lettori passa dalla
fantascienza alla fantasy senza problemi e coniuga la lettura di
narrativa fantastica con una solida cultura scientifica. Il problema si
riscontra quando il successo di questi fenomeni viene recepito e
rielaborato da categorie con scarsa istruzione e scarsa esperienza di
lettura, poco avvezze al tradizionale sistema di “sospensione
dell’incredulità” che permette di
distinguere il piano della realtà da quello della fantasia
nella lettura o nella visione di un’opera di finzione.
Il “tecnoscientismo”
è, come si è visto, un fenomeno prodotto dalla
stessa evoluzione tecnologica non più capace di essere
compresa dalla mente comune. La scarsa presenza di una buona
divulgazione scientifica è sicuramente una delle cause di
questo fenomeno. Ma anche la fantascienza, che nei suoi primi decenni
di vita servì come veicolo per stimolare
l’interesse scientifico nella cultura di massa, oggi ha le
sue colpe. Si pensi soprattutto alla corrente del postumanesimo. Essa
fa riferimento alla possibilità, considerata più
o meno certezza, che in un prossimo futuro l’evoluzione
tecnologica raggiunga un punto detto
“singolarità” superato il quale tale
evoluzione non sarà più comprensibile
né controllabile dall’intelletto umano. Tale
singolarità coinciderebbe con il sorpasso
dell’intelligenza umana da parte dell’intelligenza
artificiale. Il postumanesimo pone dunque
l’inintelligibilità del progresso come postulato
essenziale: presto non solo la comprensione, ma anche
l’evoluzione stessa della tecnologia sfuggirà al
controllo umano e prenderà strade proprie. In una situazione
del genere, la ‘fede’ in una singolarità
e in un mondo post-umano implica già di per sé un
elemento irrazionale. L’uomo del futuro non potrà
fare altro che affidarsi a sistemi di cui ignora il funzionamento,
andando incontro alla legge di Arthur C. Clarke per cui “ogni
tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla
magia” (1962). Come ha scritto giustamente Giovanni De
Matteo, scrittore appartenente alla corrente italiana del
postumanesimo, intorno al concetto di singolarità sembra
essere nata una sorta di “attesa acritica e quasi religiosa
di un evento [che è] una semplice – per quanto
promettente – ipotesi sul futuro della nostra
società (e civiltà)”. Quello che la
fantascienza dovrebbe provare a fare oggi è ricercare lo
straniamento coniugando la speculazione sul futuro con un atteggiamento
più “umano” e meno
“postumano”, teso cioè a riportare la
scienza e la tecnologia alla portata della comprensione
dell’uomo comune, liberandosi anche da uno stile che spesso
fa deliberatamente uso di tecnicismi per dare un senso di
estraneità alla storia. Ridare spazio a quella fantascienza
sociologia e antropologica di John Brunner o Ursula Le Guin,
aggiornandola e ampliandola con le speculazioni scientifiche
più avanzate, potrebbe essere il primo passo per non
chiudere la fantascienza in uno spazio sempre più ristretto
negli scaffali delle librerie, soffocata da una fantasy sempre
più d’evasione.
:: letture ::
- Aa.Vv., Scienza, paranormale e mass media. 10 anni di indagine ai confini della realtà, Atti del VI
Convegno Nazionale del CICAP, 1999.
- Clarke A.C., Profiles of the Future; an Inquiry into the Limits of the Possible, New York, Harper & Row,
1962.
- Ron Hubbard L., Dianetics: the modern science of mental health, 1950, trad. it. Dianetics: la forza
del pensiero sul corpo, New Era, Milano, 1987.
- Weber M., Wissenschaft als Beruf, 1919, trad. it. La scienza come professione, Mondadori,
Milano, 2006.
- Greco P., La tecnologia alimenta il paranormale,
“L’Unità”, 1° novembre 1999, http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/991101b.htm
- De Matteo G., Singolarità Universali, “Uno Strano Attrattore – Fantascienza.com”, http://www.fantascienza.com/blog/stranoattrattore/tag/transizioni/
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