Nonostante il
forte schiacciamento sul presente tipico della
post-modernità, il bisogno di memoria – di essere
ricordati e
contemporaneamente di essere depositari della memoria altrui
– rimane
una dimensione molto importante per
l’uomo. Ciò
è ancora più vero
quando ci si trova di fronte all’esperienza più
spiazzante e meno
giustificabile che siamo inevitabilmente tenuti a
“vivere”: la morte. Se
la morte rappresenta in sé la contraddizione più
estrema in opposizione
alla razionalità e alle progettualità umane, la
memoria può essere
considerata una delle possibili “cure”, uno di quei
meccanismi
difensivi contro il pensiero della propria fine, a cui si affida il
“destino” della propria storia individuale. Ma
essere nella memoria
di altri significa innanzitutto essersi esposti allo sguardo di chi ci
circonda e avere affidato agli altri la propria storia, i propri
vissuti1. In
altre parole essersi “tradotti” in
narrazioni. Alla base
della costruzione della memoria, dunque, vi è il processo
narrativo e
le logiche dello scambio e della condivisione di queste particolari
storie biografiche. I media sono sicuramente coinvolti nel
processo
di preservazione, costruzione e recupero della memoria collettiva delle
società occidentali, poiché, come sostiene Chiara
Giaccardi, essi sono
una sorta di “impresa di memoria” in grado di
raccontare “il passato,
selezionando eventi degni di essere ricordati, e fissando le
modalità
del ricordo; (i media) rigenerano la memoria attraverso la costituzione
di tempi rituali, si costituiscono essi stessi come archivi della
memoria”2. Fra
i media di ultima generazione deputati
alla memoria,
non può essere sottovalutato il ruolo svolto da Internet.
Oltre al suo
potere mnemonico, connesso a una illimitata capacità di
archiviazione,
la Rete oggi rappresenta il meta-medium narrativo che stravolge le
tradizionali regole di fruizione dei contenuti. Grazie agli
elevati
livelli di interattività – sempre più
potenziati dalle piattaforme di
ultima generazione – il surfer non è semplicemente
colui che fruisce
dei contenuti presenti nel web, ma è diventato ad oggi il
più
importante “autore” di ciò che
è proposto in versione digitale. Al
centro degli scambi e delle costruzioni dei net-user vi sono in genere
piccole narrazioni, biografiche e autobiografiche, che trovano nel
cyberspazio non solo il supporto fisico per la loro organizzazione
cronologica e archiviazione, ma anche per la condivisione con gli altri
abitanti della Rete. Inoltre, il Web definisce sempre di
più un
contesto di relazione più che un semplice strumento di
comunicazione e
ciò fa sì che gli spazi destinati allo scambio
diventano spesso luoghi
non fisici di incontro in cui si intessono interazioni e rapporti
autentici. Partendo da questi presupposti –
l’importanza della
memoria di fronte all’esperienza estrema della morte e la
centralità
giocata oggi dai media con particolare riferimento a Internet
– ci
siamo posti l’obiettivo di indagare se la Rete potesse
costituire un
nuovo contesto di socializzazione dell’esperienza di perdita
della
persona cara – oggi sempre più espropriata dagli
spazi sociali e da
momenti collettivi di elaborazione – con particolare
riferimento alla
dimensione della memoria. Per rispondere a questo obiettivo
conoscitivo abbiamo realizzato una ricerca empirica di carattere
esplorativo all’interno del web, che ha visto
l’analisi qualitativa del
contenuto di oltre 250 link presenti in Rete e ottenuti attraverso
apposite ricerche sul principale motore italiano. L’analisi
è stata
condotta attraverso una traccia di tipo narrativo che ha posto al
centro del contenuto della singola narrazione – singolo
post/pagina
intera – il soggetto, l’oggetto, il referente e
l’obiettivo, implicito
o esplicito, della narrazione. Attraverso questa analisi, che
ha
abbracciato un arco temporale piuttosto ampio, abbiamo
individuato
diverse tipologie di ricordi virtuali che abbiamo definito memorie,
testimonianze, monumenti virtuali, epitaffi, ricordi e aggiornamenti,
esperienze e commemorazioni. Le memorie
sono particolari
racconti biografici, relativi alla vita di persone
“comuni” che, in
qualche modo, sono anche tracce di specifici momenti del
nostro non
lontano passato. Sono storie di vita che si intrecciano più
o meno
inconsapevolmente con episodi che caratterizzano la memoria collettiva
o sociale del gruppo di riferimento della persona scomparsa. I racconti
sono solitamente rivolti agli altri naviganti, scritti da qualcuno
particolarmente vicino al defunto, con lo scopo di tenere memoria della
persona cara e della sua storia. Le testimonianze,
invece, sono
racconti auto-biografici, lasciati direttamente dalla persona che ne
è
protagonista, ma, come il caso precedente, riguardano storie di vita
che si fanno testimoni del cambiamento storico e sociale vissuto dalle
città e dai piccoli centri italiani. Il referente della
narrazione
continua ad essere la comunità della rete. Il lettore, sia
nel caso
delle memorie che delle testimonianze, assolve il compito del
testimone, nell’accezione descritta da Paolo Jedlowski3,
referente,
custode e affidatario di quel particolare racconto. Il
terzo gruppo
di ricordi on-line individuato è quello dei monumenti
virtuali4. Si
tratta in prevalenza di pagine personali realizzate in maniera
amatoriale, dai familiari del defunto, dedicate alla vita del soggetto
ma soprattutto alle cause della sua morte, agli eventi che hanno
determinato la sua scomparsa. L’oggetto
della narrazione è, dunque,
un particolare episodio che riguarda la vita del defunto e spesso tale
avvenimento ha una rilevanza sociale e culturale. La grafica
è
utilizzata, pur nella sua semplicità, per sottolineare il
tono luttuoso
dei contenuti e per marcare il dolore che spesso accompagna la
prematura scomparsa del soggetto, protagonista della
narrazione. In
questi casi emerge chiaramente il bisogno profondo di tenere memoria,
di impedire che venga dimenticata quella che si vuole proporre come
verità taciuta. I ricordi sono brevi
narrazioni, spesso composte da
poche righe, postate in prevalenza in quegli ambienti definiti cimiteri
virtuali5. I pochi
casi presenti sul web italiano hanno grosso modo le
stesse caratteristiche: l’uso di terminologie tipicamente
legate
all’ambiente cimiteriale per indicare le varie sezioni del
sito, un
impianto grafico che evoca in maniera più o meno palese le
iconografie
e l’ambientazione del “classico”
cimitero, la possibilità di costruire
gratuitamente o a pagamento uno spazio dedicato alla memoria del caro
estinto. Vi sono immagini o semplicemente raffigurazioni che richiamano
la passione di Cristo, i classici lumini o le candele, dominano i
colori scuri ed è spesso possibile vedere le fotografie
opportunamente
incorniciate del defunto. Nel caso dei ricordi il vero
referente
della narrazione è il proprio caro, quasi a volere
instaurare con lui
un dialogo diretto e personale, superando i limiti della
“distanza”
fisica. La rete, lo strumento in grado di abbattere le frontiere
spazio-temporali, sembra permettere di raggiungere anche chi
“non c’è
più”. In questo caso
l’obiettivo è quello di tenere traccia di un
proprio pensiero, una dedica personale al ricordo di chi si ama, che
lascia un segno concreto, non tangibile ma rileggibile nel
tempo. Molto
simili ai ricordi sono gli aggiornamenti, con cui indichiamo quei
particolari messaggi direttamente rivolti alla persona estinta, che
fanno riferimento all’immediato passato di cui lei non
è più parte.
Quasi al fine di metterlo al corrente degli avvenimenti che
caratterizzano i suoi gruppi di appartenenza, chi frequenta questi
spazi di interazione riporta fedelmente gli accadimenti più
significativi della sua vita ed anche, possiamo dire, del contesto
sociale. Un esempio è offerto da questo messaggio:
“Il 6 ottobre si
è laureato Marco con ottimi voti. È stata una
giornata indimenticabile,
abbiamo avuto la sensazione che anche tu fossi accanto a noi. Siamo
certi che tu partecipi a questa grande gioia. Mamma e papà”. Gli
epitaffi sono invece narrazioni biografiche legate a particolari
interessi della persona scomparsa, solitamente pubblicati a seguito
della morte o per ricordarne l’anniversario. Non
sono dei siti ma
delle pagine o sezioni presenti all’interno di spazi dedicati
ad
argomenti specifici, come ad esempio i siti delle associazioni, di enti
pubblici o di corporazioni e albi. Il referente
della narrazione è
il “net-user specifico”, se così
possiamo definirlo ovvero colui che
frequenta intenzionalmente quel particolare sito. Al centro della
narrazione vi è sì la biografia della persona
scomparsa, ma riletta
alla luce del suo impegno per una particolare attività, del
suo
interesse specifico o della sua professione. Le
esperienze sono
racconti particolari connessi proprio alla perdita e
all’elaborazione
del lutto. In questi casi si verifica la messa in comune di questo
particolare vissuto traumatico attraverso la narrazione in rete del
proprio dolore e soprattutto delle vicende che hanno riguardato la
perdita. In questo caso, chi racconta è anche il
protagonista della
narrazione e attraverso il racconto di sé mantiene e
condivide il
ricordo dell’altro. Si tratta quasi sempre di narrazioni
“aperte”, in
fieri, che procedono di pari passo alle fasi
dell’elaborazione del
lutto. La forma scelta per la propria narrazione è la
più varia: a
seconda dell’urgenza emotiva che
necessita di prendere forma,
si assiste all’alternanza della narrazione organizzata e
ordinata, con
quella più frammentaria e impulsiva, fino ad arrivare alla
“messa in
poesia” dei propri vissuti. Le commemorazioni
rappresentano il
gruppo più complesso, perché, a differenza dei
precedenti, sono
difficilmente catalogabili rispetto ai criteri individuati –
soggetto,
oggetto e referente della narrazione – dato che possono
assumere forme
e modi differenti. Ciò che caratterizza questa
tipologia di ricordi
è la spontaneità, se così possiamo
definirla, rispetto al contesto e
rispetto all’avvenimento particolare che ne determina la
costituzione. I
pochi casi che abbiamo individuato sono caratterizzati dal fatto che
l’autore di un particolare spazio della rete scompare
improvvisamente e
il suo ambiente virtuale diventa il luogo entro cui le persone che lo
conoscevano si “incontrano” virtualmente e
“scambiano” ricordi, memorie
e vissuti condivisi con il defunto. A nostro avviso
è possibile
accostare questi particolari casi ai luoghi fisici della memoria e
della commemorazione. Questi siti, infatti, nati per
tutt’altri scopi,
divengono, a seguito della morte del loro autore e grazie alle
attenzioni dei frequentatori, luoghi per custodire il ricordo e
commemorare la persona scomparsa soprattutto in determinati momenti:
compleanni, anniversari o date significative che univano il defunto
all’autore del commento. La sostanziale
differenza è che se nel
luogo fisico si tende lentamente a perdere la
“memoria”
dell’accadimento che viene ricordato, la storia di quel
particolare
episodio, trasformandosi spesso in un ricordo del ricordo, nel caso
della rete si ha la possibilità di tenere traccia di quanto
è accaduto
e dell’esatta successione temporale dei frammenti di storia
data dai
post. Proponiamo qui una provocazione interpretativa per
proporre
una lettura trasversale di un fenomeno che, a nostro avviso,
è
destinato a crescere nel tempo: condividere la narrazione, propria o
altrui, di carattere strettamente biografico o relativa a una perdita
importante nella propria vita, non è altro che una
“pratica digitale”,
un’azione condivisa, che, nelle forme e nei modi che abbiamo
descritto,
presenta delle ricorsività di struttura, di ambienti, di
modalità
partecipative – meno di linguaggi condivisi. Queste
azioni compiute
individualmente – nell’intimità
circoscritta del proprio monitor –
hanno però un risvolto collettivo: sono espressione di una
partecipazione al ricordo della persona scomparsa, rappresentano una
modalità di preservare e onorare la memoria di chi non
c’è più. Alla
luce di queste considerazioni riteniamo che nelle forme digitali di
ricordi condivisi si possano intravedere i prodromi di una
ritualità
nuova che attende solo di essere legittimata. Dietro
all’urgenza
narrativa di lasciare un messaggio digitale si potrebbe nascondere il
bisogno antropologico di “fermare” in una traccia
virtuale il proprio
“essere nel mondo”, poiché:
Raccontare
storie significa occuparsi
del tempo, e esperire la nostra vita come tempo ha a che vedere col
fatto che la nostra vita ha un termine, e che la vita dei nostri amici
ne ha pure uno. L'angoscia di fronte a questo dover finire
può essere
tenuta a bada (...). Ciò che però non scompare
è la tristezza per
questa finitudine (...) la tendenza degli uomini alla tristezza li fa
diventare narratori di storie6.
::
note ::
1. Paolo
Jedlowski, Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana,
Bruno Mondadori, Milano, 2002.
2. C. Giaccardi, (1999) a cura di, Memorie
del presente, in Comunicazioni sociali
anno XXI, luglio- settembre 1999.
3. P. Jedlowski, Il testimone e
l’eroe. La socialità della memoria in
Jedlowski P. Rampazi M., a cura di, Il senso del passato. Per
una sociologia della memoria, Franco Angeli, Milano, 1991.
4. www.duronia.com/ricordo.html
5. Cfr. Fiorenza Gamba, Simulazione ed
emozione Lo strano caso dei cimiteri nel web,
in
http://www.quadernidaltritempi.eu/rivista/numero16/03mappe/q16_simulazione01.htm
6. Bichsel P., Il lettore, il narrare,
Marcos y Marcos, Milano, 1992.
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