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Due sciamani e un’interfaccia gnostica di Gaia Carrino | |
Cosa hanno in comune un antropologo americano di origini ispaniche e uno sciamano erede dell’antica Sapienza degli stregoni toltechi ed un tecnomistico1, critico della cultura dei media e della tecnologia? Molto, se si tratta rispettivamente di Carlos Castaneda e di Erik Davis2. Chiunque li conosca bene non farà fatica ad individuare gli elementi comuni, a condizione, però, di non ignorare “il mondo della conoscenza”. Attualmente il termine conoscenza è costantemente utilizzato nel linguaggio comune, brulica di significati e di molteplici accezioni: istruzione, informazione, sapere, cultura, cognizione, familiarità. In passato essa veniva utilizzata solo di rado; per riferirsi al sapere nella sua accezione più ampia si adoperava la sua derivazione greca: gnosis. Un sistema gnostico è un sistema caratterizzato anzitutto dal primato della conoscenza su qualsiasi altro mezzo di salvezza, un primato riscontrato in tutte le epoche ed in tutte le culture. Ci fu gnosis nell’antico Egitto, in Grecia, a Roma, in Persia, in Cina, in Messico. È opinione condivisa che gli uomini siano per natura protesi alla conoscenza. Ciò è confermato dalla dicitura sul frontespizio del tempio di Delfi: “Uomo conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei che in essi dimorano”. E ancor più dall’ingente pila di scritti filosofici e metafisici che trattano la questione. In particolar modo è con Platone che la questione della conoscenza si allontana dal gergo dei miti e dei simboli superando così la visione degli orfici e dei pitagorici, derivata dall’arcaica tradizione sciamanica della Scizia e della Tracia. Ed è infatti proprio in Platone che si riscontra maggiormente uno dei concetti-base che guidano il pensiero davisiano; non è un caso che Davis gli dedichi alcune pagine del suo testo Techgnosis. “Platone ha dato all’idea un fondamento cosmologico e metafisico, sposandolo così con il suo più ampio progetto razionalistico. Infatti la simultanea accettazione platonica di misticismo e pensiero razionale sottolinea uno dei sospetti che guidano questo libro: che i prodotti della ragione non possono essere tanto facilmente separati da ricerche ultraterrene… Platone chiama psichè la sua anima intelligibile. Per Platone, il pianeta Terra è la polverosa base di una ascesa cosmologica a più piani. Nell’attico residenziale risiedono le forme pure, ed è qui che le nostre anime razionali sono nate. Quando però scendiamo al piano inferiore, queste essenze immortali sono sommerse nelle indolenti sacche di fluidi e ossa che ci trasciniamo per il pianeta3.” La polarità sottesa alle dinamiche del tecnomisticismo davisiano,
così come anche a quelle dello sciamanesimo castanediano, è quindi una
sorta di dualismo spirito(anima)/materia(corpo) in cui l’esperienza
sensoriale raggiunge i massimi livelli; la conoscenza non è
raggiungibile nel regno del male, non è presente nel nostro mondo
materiale, ma s’innalza ad una dimensione suprema, verso un mondo non
visibile all’occhio superficiale moderno imprigionato dalla
materia/corpo: il mondo della “Gnosi”. Lo sciamanesimo ed il tecnomisticismo mirano a
dare una spiegazione, non sempre plausibile, alla questione ed
all’interrogativo:il mondo che percepiamo è l’unico reale e possibile?
La risposta è negativa per entrambi. Secondo lo sciamanesimo tolteco il
mondo è il prodotto di un consenso sociale, di un trucco; è più
complesso di quanto siamo disposti ad ammettere di solito. Risulta
evidente che una simile constatazione non è chissà quanto lontana
dagli studi sociologici. Il punto di vista dello sciamanesimo non fa
altro che riprendere e confermare la visione di ciò che è definita
“sociologia della conoscenza” ed in particolar modo quanto sostenuto
dagli studi di Peter Berger e di Thomas Luckmann. Nell’opera La realtà come costruzione sociale6 i
due autori si occupano delle modalità con cui costruiamo la nostra
conoscenza della realtà, intendendo per realtà tutti i fenomeni che
consideriamo indipendenti dalla nostra volontà prescindendo dalla
questione della validità o meno di questa conoscenza. La nostra
coscienza, affermano, è sempre coscienza di qualcosa. Gli oggetti si
presentano alla coscienza come appartenenti a diverse sfere di realtà.
Tra queste sfere di realtà ve n’è una che ha un ruolo dominante: la
realtà quotidiana, che la coscienza percepisce come una realtà
ordinata, preesistente, intersoggettiva. Ciò deriva dal fatto che il
processo di socializzazione, quando funziona, ci convince che le
interpretazioni della realtà che noi condividiamo sono anche i suoi
confini. Analogamente, ciò che noi chiamiamo normale percezione, è in
realtà per lo sciamanesimo tolteco, solo frutto di una convenzione
sociale, ovvero di una descrizione del tutto arbitraria che può essere
smantellata da altre forme di percezione parimenti reali ed oggettive. Le tecnologie, secondo il pensiero davisiano, nonostante siano gli
strumenti più razionali costruiti dall’uomo, devono dividere la scena
cosmica con ogni sorta di dei, stregoni e spiriti animisti, sono
intrise di sacralizzazione, sono tecnologie del sacro.
e poi nel libro Techgnosis Miti,magia e misticismo nell’era dell’informazione (Ipermedium, S.Maria C.V., 2001) del 1998, è stato il primo ad analizzare questa peculiare tendenza spirituale. 2. Cfr. A colloquio con lo sciamano Erik Davis, http:quadernisf.altervista.org/numero7/indexsf.htm. 3. Cfr. E. Davis, cit., pag. 47. 4. C. Castaneda, Gli insegnamenti di Don Juan, Rizzoli, Milano, 1999, pag. 323. 5. Vecchio indiano Yaqui, studioso, uomo di conoscenza, incontrato da
Castaneda nel 1960 6. Peter L.Berger Thomas Luckmann, La realtà come costruzione sociale, Il Mulino, Bologna, 1997. 7. Lewis Mumford, Il mito della macchina, Il Saggiatore, Milano, 1969. 8. Cfr. Castaneda, cit., pagg. 113-119. |