Il racconto che fa Ismaele è atto di testimoniare; è Ismaele colui
che racconta e, vedendolo nel suo aspetto più formale, non si può non
comprendere che è lui il destinato a sopravvivere: il lettore assume il
ruolo di relatore e perfino di mittente della narrazione. La
tragedia nel mare, il sopravvissuto; la narrazione, la pagina
letteraria, come sorta di manoscritto in bottiglia. Anche nella realtà
della tragedia – ritrasmessa creativamente attraverso il dvd ideato da Gianni Mimmo dal titolo Truth In The End
(Amirani Records*) – del sottomarino nucleare russo chiamato Kursk
appartenente alla Flotta del Nord, accaduta nelle cupe profondità del
mare di Barents, la testimonianza, l’oggetto vero e proprio che si fa
attestato non mendace della verità è la parola scritta, con la sua
natura verbale extraorale per necessità. In questo caso a
sopravvivere è la comunicazione; nonostante la totalità del
soffocamento, della dimensione satura e claustrofobica, proprio essa,
attraverso la permanenza dei suoi contenuti, sembra riuscire a
sopravvivere anche nelle condizioni più estreme. E se qui, diversamente
dal caso di Moby Dick, non sopravvive il messaggero della
tragedia, nella persona del tenente Dimitri Kolesnikov, si verifica in
compenso l’estrema sopravvivenza del messaggio, e con esso
dell’elemento umano nonostante il conflitto e l’opposizione con la
materia inanimata e la fisicità dell’acqua. È il 12 agosto dell’anno 2000. Alle ore 07.28.27 una misteriosa esplosione danneggia gravemente il sottomarino. Alle
07.30.42 una nuova forte esplosione. Il sottomarino, con a bordo
(ufficialmente) 118 uomini, sprofonda in circa 25 secondi sul fondo, a
-108 metri, inclinandosi di circa 60° sul lato sinistro ed
insabbiandosi sempre più in breve tempo. Squarciati ed allagati almeno
4 compartimenti di prua, con il portellone per l'uscita di emergenza
danneggiato: i recuperi risultano praticamente impossibili. Questi i
fatti di cronaca e, come riferito anche nel capitolo dedicato alla
presentazione dell’opera dove lo stesso Mimmo rievoca il fatto storico,
dopo l’esplosione la grandissima parte dell’equipaggio
morì spazzata via dal fuoco, cedimento strutturale, acqua
dentro. Tutti
tranne 23 persone. Che si rifugiarono in un compartimento ancora sicuro
e rimasero laggiù in attesa di un soccorso che non giunse mai. Aspettarono la morte nell’oscurità e nell’angoscia per un tempo tremendamente troppo lungo. Il più alto di grado, il tenente di vascello Dimitri Kolesnikov, prese il comando di quei sopravvissuti. Aveva 27 anni. Scrisse una nota tecnica e una privata su un pezzo di carta e lo chiuse nella tasca della propria camicia.
Il contenuto del biglietto, recuperato il 25 ottobre, consiste
dunque in informazioni puramente tecniche e in brevi parole d’addio ai
propri cari “Sono le 13 e 15 tutto l’equipaggio del sesto, settimo e
ottavo compartimento si riunisce al nono. Ci sono 23 membri qui.
Abbiamo preso questa decisione in seguito all’incidente. Nessuno di noi
può raggiungere la superficie. Sto scrivendo al buio. Sembra non ci
siano speranze, forse il 10-20 per cento. Speriamo che almeno qualcuno
legga. Qui sono gli elenchi dei membri dell'equipaggio dei vari
compartimenti che si trovano adesso nel nono e che cercheranno di
uscire. Ciao a tutti, non è necessario disperarsi.”
Ed ecco che l’elemento assertivo del testo scritto comprende una
duplice veridicità: vero in quanto oggetto, vero in quanto asserzione.
Testimonianza e comunicazione, testimonianza e trasmissione, sono
processi che si sviluppano nella loro storicità e oggettiva esistenza,
ma anche e soprattutto nel tessuto e nella materia stessa dell’opera
artistica – visivo-sonora – nel suo farsi, e sembrano superare la
barriera di quell’ elemento materico concentrico, entro una sorta di
metaforico conflitto in cui l’umano si estingue, suo malgrado, a favore
della prevalenza della materia non umana: l’elemento acqueo inquietante
e inquieto, che circoscrive la materia-sottomarino, a sua volta
contenitore – soffocante – della materia umana. Il mare si sente
incombere anche nelle immagini che focalizzano l’interno, fino ai
particolari della strumentazione delle macchine, in una continua
dialettica tra materia animata e materia inanimata, dove all’espansione
della materia corrisponde una sua contemporanea sottrazione. E se lo
spazio sottomarino è già una sorta di parzialità vitale, il rapporto
con la materia esterna, il suo incombere, a tratti invisibile ma
esistente, sebbene non ravvisabile come una sorta di onda tsunami,
potrebbe alludere metaforicamente all’incombere della morte. Esistente
ma apparentemente invisibile, nel suo appartenere a un dominio altro. Morte che ha come canale il tempo stesso della materia. Testimonianza,
narrazione, trasmissione, sono quindi i processi che si sviluppano
nella loro storicità e oggettiva esistenza, ma soprattutto nel tessuto
e nella materia stessa dell’opera visiva sonora, di cui l’asse portante
è la musica. Nell’opera dedicata al Kursk, che è anche un’opera corale
chiamando in causa l’immaginazione degli altri artisti coinvolti nel
progetto, dalle immagini della fotografa Elda Papa, alle parti filmate
di Agua Mimmo, alla musica di Angelo Contini e Xabier Iriondo, l’evento
storico rientra infatti nell’ambito dell’immaginazione artistica in una
sorta di ibrido processo creativo a ritroso. Come ulteriormente precisato nella presentazione dell’opera, le
televisioni, la stampa, la rete hanno dato un esaustivo rapporto su
quanto fu supposto essere accaduto giù nel mare di Barents. In
particolare Cnn e BBC hanno svolto un lavoro di incredibile precisione
esplorando le contraddizioni politiche e le dichiarazioni ufficiali che
le autorità rilasciarono in quei giorni. Si può facilmente rintracciare
ogni tipo di informazione sul web. Ma con l’opera Truth in the End l’intenzione non era di fornire un ulteriore rapporto storico.
È questo il caso in cui lo sguardo si sofferma sull’elemento
estetico dell’episodio storico: occhio poetico che osserva la storia
come scena. Evento reale all’interno dell’immaginazione. Nel caso
specifico il processo interno alla genesi avviene a ritroso, inverso è
il rapporto tra fatto e creatività. È infatti quest’ultima che, pur
entrando in relazione con il primo, si relaziona nella misura in cui
esso le fa da sponda: non ispirazione, ma sottolineatura, una sorta di
estrinsecazione ‘artificiale’, non naturale ma artistica, come se i
rispettivi ruoli fossero invertiti. La storia contiene e offre il dato
di interesse come occasione per un fatto artistico preesistente. Si
instaura una sorta di artisticizzazione della cronaca e della storia,
nella loro funzione non di ispirazione, ma di supporto. Sottolineando i
confini dell’evento, nella vita si apre un ritaglio che funge quasi da
prolungamento fisico del sottomarino, una sorta di frammento, che
prevede e contiene in sé il montaggio dei suoi segmenti inseriti nello
spazio, dall’inizio al suo termine, una sorta di vita filmica.
L’episodio reale si denaturalizza, senza snaturarsi, a servizio
dell’arte; la vecchia poetica naturalistica si capovolge, non è l’arte
che rappresenta la vita, ma la vita che fa da supporto all’arte:
connubio natural-artificiale, dove l’arte sussiste e preesiste. Siamo
di fronte a una specie di iperrealismo alla rovescia: il dettaglio
minimo della realtà non viene tradotto in fatto artistico, ma, anzi,
posto a supporto dell’opera, mentre i fatti vengono affiancati da un
elemento musicale cronologicamente preesistente. La vita che diventa
arte nel suo aspetto formale più che nel suo contenuto. Assistiamo
quindi a un fenomeno di capovolgimento, con la manifestazione di una
concezione del montaggio, del ritaglio, che sfocia in un taglia/incolla
di vita e arte, una ricomposizione dove il dato reale viene integrato e
montato in simbiosi con la musica che è lo storyboard di tutta l’opera: Così
ogni cosa in questo lavoro viene dalla musica. Ogni immagine era già
là, il film era là, il dramma e la trama erano nella musica stessa. Il
prodotto finale è e rimane comunque un ibrido di elementi reali e non
reali: l’opera diventa ontologicamente anfibia come è anfibia la sua
genesi. Dalla musica al fatto, dal fatto al video come sintesi. L’opera
complessiva conferma, e, dialetticamente, allontanamento dall’episodio
storico. Ma la preesistenza della musica non esaurisce il rapporto
artisticità/vita: l’operazione artistica in relazione all’ispirazione
del fatto è avvenuta successivamente, in corso d’opera. Il precedere,
‘a-parte’ musicale, assunta a sé la parte reale, implica un successivo,
spurio ritorno alla mescolanza, con il recupero di realtà, non realtà,
immaginazione. Nell’inversione del rapporto avvenimento storico-musica,
per affrontare, inventare e concatenare le immagini si verifica un
ulteriore passaggio artistico: inversione + ritorno, quindi, fino alla
sintesi comprendente entrambe le cose e i passaggi, sotto il segno
della bidirezionalità: la partenza è a ritroso, la realtà storica
ritorna come ispiratrice dell’immaginazione filmica. Il leitmotiv
strutturale dell’opera in quanto tale si specchia in quello
semiologico: il segno della realtà e il segno dell’ispirazione estetica. * www.amiranirecords.com
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