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Kursk, la verità sommersa
di Erika Dagnino

kurskIl racconto che fa Ismaele è atto di testimoniare; è Ismaele colui che racconta e, vedendolo nel suo aspetto più formale, non si può non comprendere che è lui il destinato a sopravvivere: il lettore assume il ruolo di relatore e perfino di mittente della narrazione.
La tragedia nel mare, il sopravvissuto; la narrazione, la pagina letteraria, come sorta di manoscritto in bottiglia. Anche nella realtà della tragedia – ritrasmessa creativamente attraverso il dvd ideato da Gianni Mimmo dal titolo Truth In The End (Amirani Records*) – del sottomarino nucleare russo chiamato Kursk appartenente alla Flotta del Nord, accaduta nelle cupe profondità del mare di Barents, la testimonianza, l’oggetto vero e proprio che si fa attestato non mendace della verità è la parola scritta, con la sua natura verbale extraorale per necessità. 
In questo caso a sopravvivere è la comunicazione; nonostante la totalità del soffocamento, della dimensione satura e claustrofobica, proprio essa, attraverso la permanenza dei suoi contenuti, sembra riuscire a sopravvivere anche nelle condizioni più estreme. E se qui, diversamente dal caso di Moby Dick, non sopravvive il messaggero della tragedia, nella persona del tenente Dimitri Kolesnikov, si verifica in compenso l’estrema sopravvivenza del messaggio, e con esso dell’elemento umano nonostante il conflitto e l’opposizione con la materia inanimata e la fisicità dell’acqua.
È il 12 agosto dell’anno 2000. Alle ore 07.28.27 una misteriosa esplosione danneggia gravemente il sottomarino. Alle 07.30.42 una nuova forte esplosione. Il sottomarino, con a bordo (ufficialmente) 118 uomini, sprofonda in circa 25 secondi sul fondo, a -108 metri, inclinandosi di circa 60° sul lato sinistro ed insabbiandosi sempre più in breve tempo. Squarciati ed allagati almeno 4 compartimenti di prua, con il portellone per l'uscita di emergenza danneggiato: i recuperi risultano praticamente impossibili.
Questi i fatti di cronaca e, come riferito anche nel capitolo dedicato alla presentazione dell’opera dove lo stesso Mimmo rievoca il fatto storico, dopo l’esplosione la grandissima parte dell’equipaggio morì spazzata via dal fuoco, cedimento strutturale, acqua dentro. Tutti tranne 23 persone. Che si rifugiarono in un compartimento ancora sicuro e rimasero laggiù in attesa di un soccorso che non giunse mai.
Aspettarono la morte nell’oscurità e nell’angoscia per un tempo tremendamente troppo lungo.
Il più alto di grado, il tenente di vascello Dimitri Kolesnikov, prese il comando di quei sopravvissuti.
Aveva 27 anni. Scrisse una nota tecnica e una privata su un pezzo di carta e lo chiuse nella tasca della propria camicia.

Il contenuto del biglietto, recuperato il 25 ottobre, consiste dunque in informazioni puramente tecniche e in brevi parole d’addio ai propri cari “Sono le 13 e 15 tutto l’equipaggio del sesto, settimo e ottavo compartimento si riunisce al nono. Ci sono 23 membri qui. Abbiamo preso questa decisione in seguito all’incidente. Nessuno di noi può raggiungere la superficie. Sto scrivendo al buio. Sembra non ci siano speranze, forse il 10-20 per cento. Speriamo che almeno qualcuno legga. Qui sono gli elenchi dei membri dell'equipaggio dei vari compartimenti che si trovano adesso nel nono e che cercheranno di uscire. Ciao a tutti, non è necessario disperarsi.”

Ed ecco che l’elemento assertivo del testo scritto comprende una duplice veridicità: vero in quanto oggetto, vero in quanto asserzione. Testimonianza e comunicazione, testimonianza e trasmissione, sono processi che si sviluppano nella loro storicità e oggettiva esistenza, ma anche e soprattutto nel tessuto e nella materia stessa dell’opera artistica – visivo-sonora – nel suo farsi, e sembrano superare la barriera di quell’ elemento materico concentrico, entro una sorta di metaforico conflitto in cui l’umano si estingue, suo malgrado, a favore della prevalenza della materia non umana: l’elemento acqueo inquietante e inquieto, che circoscrive la materia-sottomarino, a sua volta contenitore – soffocante – della materia umana. Il mare si sente incombere anche nelle immagini che focalizzano l’interno, fino ai particolari della strumentazione delle macchine, in una continua dialettica tra materia animata e materia inanimata, dove all’espansione della materia corrisponde una sua contemporanea sottrazione. E se lo spazio sottomarino è già una sorta di parzialità vitale, il rapporto con la materia esterna, il suo incombere, a tratti invisibile ma esistente, sebbene non ravvisabile come una sorta di onda tsunami, potrebbe alludere metaforicamente all’incombere della morte. Esistente ma apparentemente invisibile, nel suo appartenere a un dominio altro. Morte che ha come canale il tempo stesso della materia.
Testimonianza, narrazione, trasmissione, sono quindi i processi che si sviluppano nella loro storicità e oggettiva esistenza, ma soprattutto nel tessuto e nella materia stessa dell’opera visiva sonora, di cui l’asse portante è la musica. Nell’opera dedicata al Kursk, che è anche un’opera corale chiamando in causa l’immaginazione degli altri artisti coinvolti nel progetto, dalle immagini della fotografa Elda Papa, alle parti filmate di Agua Mimmo, alla musica di Angelo Contini e Xabier Iriondo, l’evento storico rientra infatti nell’ambito dell’immaginazione artistica in una sorta di ibrido processo creativo a ritroso.  
Come ulteriormente precisato nella presentazione dell’opera, le televisioni, la stampa, la rete hanno dato un esaustivo rapporto su quanto fu supposto essere accaduto giù nel mare di Barents. In particolare Cnn e BBC hanno svolto un lavoro di incredibile precisione esplorando le contraddizioni politiche e le dichiarazioni ufficiali che le autorità rilasciarono in quei giorni. Si può facilmente rintracciare ogni tipo di informazione sul web.  Ma con l’opera Truth in the End l’intenzione non era di fornire un ulteriore rapporto storico.

È questo il caso in cui lo sguardo si sofferma sull’elemento estetico dell’episodio storico: occhio poetico che osserva la storia come scena. Evento reale all’interno dell’immaginazione. Nel caso specifico il processo interno alla genesi avviene a ritroso, inverso è il rapporto tra fatto e creatività. È infatti quest’ultima che, pur entrando in relazione con il primo, si relaziona nella misura in cui esso le fa da sponda: non ispirazione, ma sottolineatura, una sorta di estrinsecazione ‘artificiale’, non naturale ma artistica, come se i rispettivi ruoli fossero invertiti. La storia contiene e offre il dato di interesse come occasione per un fatto artistico preesistente. Si instaura una sorta di artisticizzazione della cronaca e della storia,  nella loro funzione non di ispirazione, ma di supporto. Sottolineando i confini dell’evento, nella vita si apre un ritaglio che funge quasi da prolungamento fisico del sottomarino, una sorta di frammento, che prevede e contiene in sé il montaggio dei suoi segmenti inseriti nello spazio, dall’inizio al suo termine, una sorta di vita filmica. L’episodio reale si denaturalizza, senza snaturarsi, a servizio dell’arte;  la vecchia poetica naturalistica si capovolge, non è l’arte che rappresenta la vita, ma la vita che fa da supporto all’arte: connubio natural-artificiale, dove l’arte sussiste e preesiste. Siamo di fronte a una specie di iperrealismo alla rovescia: il dettaglio minimo della realtà non viene tradotto in fatto artistico, ma, anzi, posto a supporto dell’opera, mentre i fatti  vengono affiancati da un elemento musicale cronologicamente preesistente. La vita che diventa arte nel suo aspetto formale più che nel suo contenuto. Assistiamo quindi a un fenomeno di capovolgimento, con la manifestazione di una concezione del montaggio, del ritaglio, che sfocia in un taglia/incolla di vita e arte, una ricomposizione dove il dato reale viene integrato e montato in simbiosi con la musica che è lo storyboard di tutta l’opera: Così ogni cosa in questo lavoro viene dalla musica. Ogni immagine era già là, il film era là, il dramma e la trama erano nella musica stessa. Il prodotto finale è e rimane comunque un ibrido di elementi reali e non reali: l’opera diventa ontologicamente anfibia come è anfibia la sua genesi.
Dalla musica al fatto, dal fatto al video come sintesi. L’opera complessiva conferma, e, dialetticamente, allontanamento dall’episodio storico. Ma la preesistenza della musica non esaurisce il rapporto artisticità/vita: l’operazione artistica in relazione all’ispirazione del fatto è avvenuta successivamente, in corso d’opera. Il precedere, ‘a-parte’ musicale, assunta a sé la parte reale, implica un successivo, spurio ritorno alla mescolanza, con il recupero di realtà, non realtà, immaginazione. Nell’inversione del rapporto avvenimento storico-musica, per affrontare, inventare e concatenare le immagini si verifica un ulteriore passaggio artistico:  inversione + ritorno, quindi, fino alla sintesi  comprendente entrambe le cose e i  passaggi, sotto il segno della bidirezionalità: la partenza è a ritroso, la realtà storica ritorna come ispiratrice dell’immaginazione filmica. Il leitmotiv strutturale dell’opera in quanto tale si specchia in quello semiologico: il segno della realtà e il segno dell’ispirazione estetica.

* www.amiranirecords.com