Kursk, la verità sommersa di Erika Dagnino | ||
È questo il caso in cui lo sguardo si sofferma sull’elemento estetico dell’episodio storico: occhio poetico che osserva la storia come scena. Evento reale all’interno dell’immaginazione. Nel caso specifico il processo interno alla genesi avviene a ritroso, inverso è il rapporto tra fatto e creatività. È infatti quest’ultima che, pur entrando in relazione con il primo, si relaziona nella misura in cui esso le fa da sponda: non ispirazione, ma sottolineatura, una sorta di estrinsecazione ‘artificiale’, non naturale ma artistica, come se i rispettivi ruoli fossero invertiti. La storia contiene e offre il dato di interesse come occasione per un fatto artistico preesistente. Si instaura una sorta di artisticizzazione della cronaca e della storia, nella loro funzione non di ispirazione, ma di supporto. Sottolineando i confini dell’evento, nella vita si apre un ritaglio che funge quasi da prolungamento fisico del sottomarino, una sorta di frammento, che prevede e contiene in sé il montaggio dei suoi segmenti inseriti nello spazio, dall’inizio al suo termine, una sorta di vita filmica. L’episodio reale si denaturalizza, senza snaturarsi, a servizio dell’arte; la vecchia poetica naturalistica si capovolge, non è l’arte che rappresenta la vita, ma la vita che fa da supporto all’arte: connubio natural-artificiale, dove l’arte sussiste e preesiste. Siamo di fronte a una specie di iperrealismo alla rovescia: il dettaglio minimo della realtà non viene tradotto in fatto artistico, ma, anzi, posto a supporto dell’opera, mentre i fatti vengono affiancati da un elemento musicale cronologicamente preesistente. La vita che diventa arte nel suo aspetto formale più che nel suo contenuto. Assistiamo quindi a un fenomeno di capovolgimento, con la manifestazione di una concezione del montaggio, del ritaglio, che sfocia in un taglia/incolla di vita e arte, una ricomposizione dove il dato reale viene integrato e montato in simbiosi con la musica che è lo storyboard di tutta l’opera: Così ogni cosa in questo lavoro viene dalla musica. Ogni immagine era già là, il film era là, il dramma e la trama erano nella musica stessa. Il prodotto finale è e rimane comunque un ibrido di elementi reali e non reali: l’opera diventa ontologicamente anfibia come è anfibia la sua genesi. Dalla musica al fatto, dal fatto al video come sintesi. L’opera complessiva conferma, e, dialetticamente, allontanamento dall’episodio storico. Ma la preesistenza della musica non esaurisce il rapporto artisticità/vita: l’operazione artistica in relazione all’ispirazione del fatto è avvenuta successivamente, in corso d’opera. Il precedere, ‘a-parte’ musicale, assunta a sé la parte reale, implica un successivo, spurio ritorno alla mescolanza, con il recupero di realtà, non realtà, immaginazione. Nell’inversione del rapporto avvenimento storico-musica, per affrontare, inventare e concatenare le immagini si verifica un ulteriore passaggio artistico: inversione + ritorno, quindi, fino alla sintesi comprendente entrambe le cose e i passaggi, sotto il segno della bidirezionalità: la partenza è a ritroso, la realtà storica ritorna come ispiratrice dell’immaginazione filmica. Il leitmotiv strutturale dell’opera in quanto tale si specchia in quello semiologico: il segno della realtà e il segno dell’ispirazione estetica. | ||
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