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Brevi momenti di presenza di Anatrofobia Un pressato di batteria per annunciare il silenzio, battiti per squarciarlo, un corpo a corpo tra suono e intervallo, rumori che rimbalzano. Sono le battute iniziali del sesto lavoro in studio firmato Anatrofobia, ora un trio (Andrea Bindello, Alessandro e Luca Cartolari). Un flusso di 14 tracce senza titolo, prive di sovraincisioni, realizzate in presa diretta. Un scelta programmatica, il cd “è stato pensato come un unico flusso sonoro”, precisano gli Anatrofobia. Un’improvvisazione tecnicamente impeccabile, suddivisibile in tre blocchi, forse stati d’animo. La prima tranche concerne il blocco delle tracce 1-4 e muove dentro un paesaggio scomposto, fatto di schegge sonore e frammenti verbali. Oltremodo rarefatto. Prorompente, il jazz (free, s’intende) poi irrompe a partire dalla traccia 5, bollente o a tratti soffuso, ruvido e impetuoso. Tutto si ripolverizza a partire dalla traccia 11 condotta dal beppofono (strumento a percussioni costruito dal padre di Biondello, Beppe, e da qui il nome) e chi conosce gli storici AMM, gli Ovary Lodge di Frank Perry o, tra le cose più recenti, il duo Spaceheads, potrà intuire il lontano parente di questa dimensione del suono esplorata dal trio. È la striscia di suono più convincente densa di suggestione. La traccia numero 13 è in tal senso il momento più alto e la 14 ha in serbo una coda di jazz elettronico davvero magistrale. Scarne le note di copertina, ma sul sito (www.anatrofobia.com), c’è una guida all’ascolto, con i dettagli delle singole tracce. g.f. |
Anatrofobia Titolo: Brevi momenti di presenza Etichetta: Wallace Distributore: Audioglobe
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Elettroacousticquartett di EAQuartett Homo sapiens, la traccia posta in apertura di questa opera prima dell’EAQquartett, chiarisce subito che dalle rovine seminate dagli Henry Cow (ovvero il brano Ruins contenuto nell’album Unrest), continuano a sorgere progetti sonori di alto profilo. Non si pensi però ad epigoni calligrafici, niente affatto. La formazione ha carattere e voglia di andare oltre, frattura e metabolizza storie sonore, tutte di area radicale, con grande personalità. Anche le altre sette tracce confermano la bontà del progetto, da Avvio, dove un fagotto scala ripetutamente il nulla sospinto da una batteria tutta d’assalto a brani come Onhda e Assenza. Il primo viene sorvolato da una tromba davisiana, mentre disquisisce intorno a un improbabile incontro tra improvvisazione e ambient music, mentre l’altro è episodio di jazz, si fa per dire, più atmosferico, una dolente meditazione sonora. Apice dell’album sono la marcia lunare di Tempo X che si avventura ancora di più dalle parti del Miles Davis elettrico coniugandone epicità e vigore con i quartomondismi hasselliani e Vuoto sottile, dalla spessa grana rock in apertura e poi progressivamente sbriciolato. Notevole la capacità di esprimere sempre qualcosa che si avvicina ad un motivo cantabile pur dentro un percorso volutamente destrutturato. Disco orgogliosamente intransigente. ll quartetto nato in seno al GRIM (Gruppo di Ricerca e Improvvisazione Musicale) comprende Roberto Sassi e Alessio Pisani provenienti dagli Anatrofobia, Mirio Cosottini e Andrea Melani. g.f. |
EAQuartett Titolo: Elettroacousticquartett Etichetta: GRIMEDIA Records Distributore: www.grim-italia.org
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Echoes Of The Whales di Echoes Of The Whales Prediligono i suoni analogici gli Echoes Of The Whales, ovvero Populous e Pierpaolo Leo, musicisti che già da un po’ di anni frequentano i lidi dell’elettronica. Non a caso si trovano tra i propri riferimenti pionieri del tipo Raymond Scott o The United States Of America. In realtà questi e altri altisonanti possibili ispiratori non segnano visibilmente questo omaggio alle balene, un concept album in un certo senso, che se la cava benissimo contando solo sulle proprie forze. I due se la sbrigano quasi da soli, coadiuvati da Stefano Pilia e Jukka Riverberi dei Giardini di Mirò alle chitarre. Ne è venuto fuori un progetto farcito di suoni sempre gentili, morbidi, di antica psichedelia (esplicita in You Can’t Eat Your Fuel, But You Can Run On What You Eat), ben amalgamata con enviroments sonori proto-ambientali a la Wendy Carlos (quello delle Sonic Seasonings se proprio vogliamo scorgere qualche eredità dal passato) ad esempio in Humphrey, The Hippy Whale. Sono ancora da segnalare We Can Be Herons, Just For One Day che chiude con le movenze di una malinconica ballad, la sognante e vagamente sperimentale nel finale The Little Biotech Orchestra Plays At Your Funeral e la danzante Arctic Sunrise, ma tutti e dieci gli episodi concorrono in eguale misura a produrre un flusso sonoro omogeneo. In questo è un concept coerente, ma quanto al tema, le balene, beh, fosse stato un disco sulle cinciallegre lo si sarebbe potuto considerare un commento altrettanto adeguato. Questo, però, è il bello della musica. g.f. |
Echoes Of The Whales Titolo: Echoes Of The Whales Etichetta: Disaster By Choice Distributore: Goodfellas
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