Diversions di Bob Downes Open Music Trio

Bob Downes, virtuoso di flauto e ance (tenore e alto), raffinato compositore e poeta è una delle figure più neglette della scena inglese degli inizi degli anni Settanta. L’esordio è all’insegna di un jazz-rock senza grandi pretese (Electric City, ellepì uscito nel 1970 per la Vertigo), poi Downes fonda nel 1972 l’Openian, etichetta privata-indipendente, che fa da ombrello a questo Diversions, progetto che per freschezza e libertà espressiva si pone sullo stesso piano di altri lavori chiave del brit-jazz di quell’epoca.

Le otto “diversioni” del suo power trio, ritmato dagli ottimi Barry Guy (contrabbasso) e Denis Smith (batteria), spaziano tra prove di etno-avanguardia (Samurai) a forsennate gimcane free (Spanish Plain) per toccare il vertice in composizioni del tutto imprevedibili come la stupenda ballad aliena Sea Shore (con al basso Jeff Clyne) o l’esoterica The Dream dove il flauto si trova a dialogare con le note taglienti e fredde di un sintetizzatore. Sebbene il baricentro delle composizioni sia spostato verso il solismo, questo non è mai eccessivo o parossistico: tutto suona molto composto. Quasi fosse una colonna sonora e non è un caso che i brani siano stati utilizzati da famosi coreografi per i loro balletti. Chi volesse approfondire l’universo di Downes ascolti anche Episodes  At 4 AM (recentemente ristampato dalla Paradigm Discs con sette inediti). Un lavoro ancora più sperimentale, all’insegna dell’elettronica, in duo con la multistrumentista Wendy Benka.

Claudio Bonomi

Bob Downes Open Music Trio

Titolo: Diversions

Etichetta: Vocalion

Distributore: www.duttonvocalion.co.uk

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ancestry di Trevor Watts-Jamie Harris

Trevor Watts (sax alto e soprano) fonda nel 1965 insieme a John Stevens lo Spontaneous Music Ensemble, snodo del free britannico, e da allora non si è più fermato. Il suo nome è associato ad esperienze seminali quali Amalgam, London Jazz Composers’ Orchestra, Moiré Music, Drum Orchestra, The Celebration Band e il suo ormai lungo curriculum artistico vanta una fitta ragnatela di collaborazioni con tanti blasonati esponenti della scena jazz d’oltremanica e americana. Da sempre alla ricerca di linguaggi ibridi e, in particolare, di forme di espressione svincolate da clichè e vicine ai mondi musicali extraeuropei (soprattutto Africa e America Latina) ha dal 2002 cominciato a lavorare in duo con il percussionista Jamie Harris. E i risultati sono eccellenti: ritmi vorticosi e avvolgenti su cui Watts ricama estrose melodie reminescenti di arie e danze ancestrali, creando climi, a dire la verità, molto vicini a sonorità mediorientali.“Ancestry” non fa infatti che confermare l’ottimo esordio discografico del duo con l’album “Live in Sao Paulo, Brasil” registrato nel 2005, con 13 composizioni, tutte a firma di Watts, cariche all’inverosimile di note e sorrette da strutture che lasciano ampio spazio all’improvvisazione. Tra i brani più riusciti Ghetto Life Was Here (Memory of Cracow), Balintan, Strolling e la finale trance di Tandem Voices.

c.b.

Trevor Watts-Jamie Harris

Titolo: Ancestry

Etichetta: Entropy

Distributore: www.entropystereo.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quant’altro di Garamond

Natale è passato, ma se volete farvi un bel regalo fuori tempo massimo procuratevi l’esordio discografico dei marchigiani Garamond. Non rimarrete delusi soprattutto se avete un’insana passione per sonorità non scontate e progressive, metriche irregolari, improvvise accelerazioni e liriche provocatorie sempre in controtempo rispetto alla linea melodica. “Quant’altro” raccoglie nove composizioni (registrate tra il 2001 e il 2005), in parte congegnate come vere e proprie piccole suite dove succede di tutto: emblematiche, ad esempio l’onirica Nel segno di Otfon Brunzig, consumatore di sonno che inizia con il ticchettio di una sveglia, decolla sulle ali di una tarantella per inanellare una girandola di cambi di tempo, pause e sketches sonori. O come la più rockeggiante Il gesuita millantatore, un altro caleidoscopico saggio dell’eclettismo di questo ensemble che sembra voler sfuggire ad ogni costo schemi e convenzioni.

Una ricerca che, talvolta, pare voler rimarcare a tutti costi la propria diversità e bravura. Le musiche sono tutte a firma di Danilo Orlandini, mago della tastiera (in certi passaggi la timbrica dell’organo ricorda quella di Dave Stewart, cesellatore di famose ballad canteburiane), mentre le voce è quella iperelastica e stupefacente di Laura Agostinelli (da antologia i suoi vocalizzi nella misteriosa Drazil). E, sebbene il gruppo rifugga come la peste il pezzo facile, il tema melanconico de La saga degli immaginari, sottolineato dall’efficace Giovanni Breccia al tenore, rimane in testa.

c.b.

Garamond

Titolo: Quant’altro

Etichetta: Lizard Records

Distributore: www.lizardrecords.it