Frederic Jameson Titolo: Postmodernismo ovvero La logica culturale del tardo capitalismo Editore: Fazi, Roma, 2007 Prezzo: € 39,50 Pagine: 464
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Postmodernismo ovvero La logica culturale del tardo capitalismo di Frederic Jameson Finalmente è disponibile in edizione italiana un testo fondamentale per chi vuole indagare lo sviluppo, gli approdi, il senso profondo, di un termine di enorme successo nel dibattito culturale come, ormai, nel linguaggio quotidiano: postmoderno. Uscito originariamente nel 1991, e citatissimo dagli studiosi delle forme culturali, Postmodernismo viene presentato dall’autore come un testo da considerare come parte integrante dei prodotti della tarda modernità, per il suo carattere di opera “interna” in qualche modo allo stesso oggetto della sua indagine. Caratteristica che secondo lo studioso americano sarebbe specificamente tipica dell’insieme del mondo postmoderno. Un mondo – una cultura, una sensibilità – in qualche maniera connessa alla perdita della dimensione spazio-temporale tipica, ancora, della modernità. E la dimostrazione concreta di questa affermazione è nel fatto che il libro si legge come se fosse stato appena scritto, per l’attualità delle considerazioni che sviluppa. Un tempo – quindi – che non è più un tempo, il nostro, come gli spazi che ci circondano, se ispirati al primo uso del termine, nato nell’ambito della ricerca in architettura, si esprimono e vengono percepiti come non luoghi, posti impossibili da decifrare e percorrere. Nella sua riflessione, Jameson ci avverte di come le radici del postmoderno corrano per certi versi lungo tutto lo sviluppo della modernità, anche se poi concentra il suo interesse su un periodo particolare della nostra storia recente: gli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo. Lo studioso americano ricorda infatti come gli anni Cinquanta siano stati percepiti – e vengano ricordati attraverso le memorie personali e i loro riflessi nell’immaginario – come un periodo felice e spensierato: gli anni del rock and roll, dello sviluppo dei consumi e delle opportunità; e gli anni Sessanta come gli anni della liberazione, della ricerca culturale, della mescolanza di stili e gusti. Significativa della mancanza di pregiudizi e catene culturali dell’autore è la circostanza che il ragionamento sugli anni Cinquanta e sul peso che hanno avuto nell’evoluzione dell’immaginario successivo parta dall’analisi di un romanzo di fantascienza, Time Out of Joint di Philip K. Dick (Tempo fuori luogo nella versione italiana), uno dei lavori più visionari dello scrittore americano, in cui Dick narra della nostalgia di un uomo del 1997 nei confronti degli anni della sua infanzia, gli anni Cinquanta dell’America di Dwight “Ike” Eisenhower. Come peraltro la cittadina artificiale dove abita il protagonista inconsapevole di The Truman Show, il capolavoro di Peter Weir (del 1998, cfr. “Quaderni d’Altri Tempi” n. 5 http://quadernisf.altervista.org/numero5/indexapocalisse.htm), sicuramente tributario del romanzo è ferma agli stessi anni. Ed è interessante anche come fra questi tre oggetti: il saggio, il romanzo, il film, si realizzi una perfetta autoriflessività e si sviluppi quella circolarità e quella contemporaneità spazio-temporale tipica dei prodotti culturali della tarda modernità cui accenna Jameson: nel saggio, del 1991, si scrive di un romanzo del 1959 ambientato nel 1997, mentre il film, del 1998, narra di un tempo/non tempo in cui vengono messi in scena gli anni Cinquanta, mentre noi italiani leggiamo di tutto questo nel 2007 senza percepire nessun senso di datazione… Postmodernità. O Serendipity, grazie ad un autore senza pregiudizi, senza scrupoli, senza preconcetti, ma con una grande passione per la ricerca. Adolfo Fattori |