Una distopia scongelata:
lo stracult Seksmisja

Juliusz Machulski
Seksmisja (Sexmission)
Cast principale: Jerzy Stuhr,
Olgierd Łukaszewicz,
Bożena Stryjkówna,
Bogusława Pawelec,
Wiesław Michnikowski,
Janusz Michałowski,
Dorota Stalińska
Polonia, 1984

Bergamo Film Meeting
International Film Festival
41a edizione

11 – 19 marzo 2023
Bergamo Film Meeting

Juliusz Machulski
Seksmisja (Sexmission)
Cast principale: Jerzy Stuhr,
Olgierd Łukaszewicz,
Bożena Stryjkówna,
Bogusława Pawelec,
Wiesław Michnikowski,
Janusz Michałowski,
Dorota Stalińska
Polonia, 1984

Bergamo Film Meeting
International Film Festival
41a edizione

11 – 19 marzo 2023
Bergamo Film Meeting


L’anno è quello distopico per antonomasia, anche se nella cronologia storica, reale, non si è rivelato peggiore di altri (precedenti e successivi): il 1984. Fu allora che apparve in Polonia un film non solo passato indenne al vaglio della censura del regime allora vigente, ma anche capace di cogliere un buon successo e soprattutto di essere tuttora annoverato nella cinematografia da ricordare in ambito fantascientifico tra le pellicole prodotte nell’allora Europa comunista. Il film è Seksmisja e porta la firma di Juliusz Machulski, regista allora quasi agli esordi ma già abile nel destreggiarsi nei film di genere. Il suo titolo internazionale è Sexmission che rende inutile una traduzione in italiano e tanto anticipa quanto depista riguardo a quanto si offre allo sguardo dello spettatore. Machulski aveva fatto la sua prima incursione in sala con il lungometraggio Vabank, un film di gangster con protagonista suo padre, Jan Machulski, un affermato attore di teatro nonché a sua volta regista. Svoltò parecchio con Seksmisja, approcciando la fantascienza, mescolandola e non agitandola con la commedia, quella genericamente etichettata sexy.
È un film che capita di incrociare in rassegne perlopiù dedicate alla cinematografia sci-fi dell’Europa dell’Est che fu, ma che è riapparso in Italia alla 41° edizione del Bergamo Film Meeting inserito all’interno della personale dedicata a Jerzy Stuhr, attore e regista polacco anch’egli, essendo coprotagonista della vicenda. Ai tempi Stuhr faceva parte di una nuova generazione che in sintonia con i tempi (è l’alba di Solidarnosc) stava provando a rinnovare la società polacca anche nel cinema. Aveva esordito assieme a Krzysztof Kieślowski, nei primi due lungometraggi del regista che avrebbe poi realizzato il celeberrimo Decalogo (con Stuhr protagonista nel decimo episodio), ovvero La cicatrice (Bizna, 1976) e Il cineamatore (Amator, 1979). Era il volto nuovo del cinema polacco, ma dalle storie impegnate al ruolo che gli affidò Machulski si intuì la versatilità e l’ecclettismo dell’attore di razza, anche se il film si presentava come un epigono in qualche modo della fantascienza sociologica, quindi rientrando molto, molto alla lontana nel cinema caratterizzato da forte impegno.

Seksmisja però è tutt’altro, è un film tanto esilarante quanto assai kitsch, ancora oggi tenuto in piedi da un equilibrio che ha dello straordinario, tra citazioni colte e battute grossolane all’insegna dello sciovinismo, critica ai totalitarismi e alle minacce insite nell’uso sconsiderato della scienza (guerra nucleare e biologica) e nuove frontiere della stessa, gag comiche, seppure alcune invecchiate male, oppure da contestualizzare nel socialismo reale polacco di quegli anni. Il tutto condito da display tecnologici d’antan che paiono estratti da consolle per i primi videogame, e soprattutto fanciulle più che in fiore e disinvolte nel fare a meno del tutto dei vestiti, anzi delle tute/divise che indossano d’ordinanza per stuzzicare un ampio pubblico. In buona sostanza, il film decide di andare fuori strada rispetto alle finzioni speculative narrate da Stanislaw Lem, lo scrittore di fantascienza per antonomasia del panorama polacco, privilegiando il B movies (a tratti anche qualche lettera addietro); a ben vedere, però, propone una fantascienza storicamente più genuina, dove gli uomini dettano legge, le donne fanno da contorno luccicante e gender indica una razza aliena.
Sono gli anni Cinquanta, quelli dei primi incontri ravvicinati tra eros e fantascienza, anche i tempi d’oro della cosiddetta fantascienza sociologica e tra i due poli si assiste anche alla nascita di film come La regina di Venere (Queen of Outer Space, 1958) di Edward Bernds, piuttosto che Cat-Women of the Moon (1954) di Arthur Hilton, film che vedono degli astronauti cascare in qualche modo su pianeti abitati da sole donne.

In questo coacervo frizzantino, torna utile ricapitolare a grandi linee la trama del film, il cui svolgimento è a tratti bislacco, pur vantando un doppio colpo di scena finale. Siamo nel 1991– il futuro prossimo per gli spettatori dell’epoca – e tale professor Kuppelweiser (nei cui panni c’è Janusz Michałowski) ha portato a termine con successo un esperimento di criogenica, ibernando per sei mesi uno scimpanzè tornato più arzillo di prima una volta rianimato. Un test più che incoraggiante per affidare una nobile missione a due umani da ibernare a loro volta, ma per tre anni, in modo da acquisire conoscenze scientifiche più avanzate e tornare indietro per condividerle nel loro presente al fine di combattere malattie inguaribili. Viaggio nel tempo tramite ibernazione, un classico del genere, dunque. I due canditati/volontari sono Max (Jerzy Stuhr) e Albert (Olgierd Łukaszewicz), ma mentre quest’ultimo lascia un’intera parentela orgogliosa del suo gesto e in ammirazione davanti al televisore durante la diretta che annuncia l’esperimento, Max lascia moglie e figlioletta a dir poco arrabbiatissime per essere state piantate in asso (probabilmente anche costrette a tirare a campare). Detto fatto, Kuppelweiser congela e spedisce i due nel futuro. Non passa inosservata la mano floscia e coperta da un guanto che rimanda schiettamente a quella kubrickiana de Il Dottor Stranamore, ma di rimandi sparpagliati in giro se ne trovano più d’uno. Risvegliarsi nel futuro come devono fare i due missionari rimanda inevitabilmente a Il dormiglione (Sleeper, 1973) di Woody Allen, anche se il bersaglio della satira lì era tutt’altro. Qui la strana coppia in effetti si ridesta, soltanto che Kuppelweiser l’ha combinata grossa perché li ha spediti nel 2044.

Non è tutto, il tempo in cui si ritrovano appartiene solo alle donne per la semplice ragione che gli uomini si sono completamente estinti a causa di un altro guaio, questo davvero grosso combinato dal solito Kuppelweiser (l’impiego di un’arma genetica nel bel mezzo di una guerra mondiale, si intuisce, è stata la causa del pasticciaccio). È solo l’inizio, le scoperte sulla struttura del nuovo mondo si susseguono tra il disappunto, la disperazione, l’incredulità e l’opposizione dei due esemplari maschi, tenuti sotto osservazione in una cella, sottoposti a video e audio sorveglianza femminile. Tenteranno la fuga ma verranno processati (e l’assemblea femminile pare proprio citare Le donne al parlamento di Aristofane e al tempo stesso dipingere un ritratto grottesco dei tribunali del popolo che imperavano oltre cortina). Le donne si riproducono per partenogenesi in un mondo sotterraneo al sicuro dalle radiazioni che scorrazzano liberamente in superficie (e le mutazioni hanno colpito, prova ne sia una tartaruga-coniglio tenuta sotto osservazione in laboratorio). Fatto sta che, lì sotto, il mondo è rinato e qui arriva un altro omaggio, perché sottoterra si svolgeva THX 1138 che in Italia si chiamò L’uomo che fuggi dal futuro (1971), il primo lungometraggio di George Lucas e anche lì un regime oppressivo imperava anche se a detenere il potere erano macchine e non donne.
È un tema caro alla sci-fi del dopoguerra, basti ricordare la Penultima verità di Philip K. Dick che collocava ugualmente sottoterra gli umani per ripararli dalla guerra a colpi anche di atomiche che infuriava in superficie.

Tutte storie per le quali con registri differenti si mette in scena il medesimo inganno, perché in realtà la Terra è ancora abitabile, come scopriranno anche i due peregrini protagonisti di Seksmisja. Sarà loro complice Lamia Reno (Bożena Stryjkówna, ai tempi moglie di Machulski), membro di una delle due fazioni in cui è divisa quella nuova società. Incuriosita da quei due fossili viventi cerca anche di saperne di più sugli uomini andando a far visita a una donna anziana, una delle poche che conserva memoria del primate estinto. Anche in questo caso assistiamo a una sorta di citazione, chissà quanto volontaria: l’anziana in cambio di informazioni ottiene della marmellata autentica (tutto il cibo in quel mondo è senza sapore, e a detta dei due uomini immangiabile) e quando l’assaggia pare di rivedere Sol (Edward G. Robinson) il coinquilino dell’agente Thorn (cioè Charlton Heston) quando in 2022, I sopravvissuti (Soylent Green, 1973) torna ad assaporare il gusto di una vera bistecca. Seksmisja è un film ben connesso ai vasi comunicanti dell’immaginario. Il tutto inframmezzato dalla Weltanschauung di Max reiterata a più non posso: le donne hanno bisogno degli uomini e gli uomini hanno bisogno delle donne.

Sciovinismo catto-comunista, d’accordo, ma è anche vero che nel medesimo film passano messaggi di critica radicale, quando per esempio si ricorda che le guerre appartengono al passato perché è la loro causa, l’uomo, a essersi estinta. Molto è sopra le righe, a iniziare dalla recitazione di Stuhr che disegna il suo personaggio ritraendolo a metà strada tra Benny Hill e Renzo Montagnani nel continuo tentativo di far breccia tra le fanciulle che lo circondano. Basterebbe la sua irridente e giullaresca performance a rendere oggi impensabile concepire un film del genere, sfrontato, in realtà, perché azzardava una commistione tra intrattenimento e messa alla berlina del potere, incluse le menzogne, l’impostura su cui si regge, vincendo la scommessa. Abbagliò ieri i censori popolari e oggi farebbe altrettanto con i militanti della cancel culture, ma davvero si può prendere sul serio a manifesto del maschilismo bieco e sciovinista un film che si chiude sull’immagine di un pene che invade lo schermo? Verrebbe da dire di sì, se non fosse che ad apparire grottesco nelle sue dimensioni giganti sia il pisellino di un neonato.

Letture
  • Aristofane, Le donne al parlamento, Rizzoli, Milano, 1984.
  • Philip K Dick, Penultima verità, Fanucci, Roma, 2000.
Visioni
  • Woody Allen, Il dormiglione, Warner Home Video, 2002 (home video).
  • Edward Bernds, La regina di Venere, CG Entertainment, 2013 (home video).
  • Richard Fleischer, 2022 – I sopravvissuti, Sinister Film, 2019 (home video).
  • Arthur Hilton, Cat-Women of the Moon, Aston Pictures, Usa, 1951.
  • Stanley Kubrick, Il Dottor Stranamore, Sony 2021 (home video).
  • George Lucas, L’uomo che fuggi dal futuro, Warner Home Video, 2021 (home video).
  • Juliusz Machulski, Vabank, Studio Filmowe Kadr, Polonia, 1981.