Ultimo, o unico, divo del cinema italiano, Marcello Mastroianni a cento anni dalla nascita (28 settembre 1924, Fontana Liri, Frosinone), potrebbe essere studiato come attore a partire da quattro film cult che danno l’idea della sua versatilità: Le notti bianche (1957) di Luchino Visconti, I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli; Ieri, oggi e domani (1963) di Vittorio De Sica, e Una giornata particolare (1977) di Ettore Scola. Possiamo ipotizzare che concorderebbe la docente di Storia del cinema popolare e Forme e generi dello spettacolo radio-televisivo all’Università di Torino, Giulia Francesca Muggeo, l’autrice di Marcello Mastroianni, agile, scorrevole monografia, pubblicata da Carocci, dedicata al nostro attore più rappresentativo (iconico si direbbe oggi) all’estero dell’italianità nel nostro cinema d’autore. Non a caso, i film di Monicelli e di Scola sono parte di una rassegna all’interno del suo progetto Il Cinema Ritrovato al cinema, che a sua volta celebra l’attore, riportando nelle sale (dallo scorso 7 ottobre) sette film che lo videro protagonista: Peccato che sia una canaglia (1954) di Alessandro Blasetti, La dolce vita (1960) di Federico Fellini, Divorzio all’italiana (1961) di Pietro Germi, l’altro capolavoro felliniano, 8½ (1963), Matrimonio all’italiana (1964) di Vittorio de Sica e gli altri due succitati. Celebrazioni a cui non si è sottratto Blob su RAI3, dedicando una puntata intera lo scorso 19 ottobre.
Tornando a quei quattro capolavori del cinema italiano che abbiamo indicato in apertura, basterebbero a fornire un ritratto non completo ma paradigmatico (o pregnante e icastico) di un attore capace di rovesciare i modelli e i miti cucitigli addosso dallo star system e dai media: a partire dall’immagine di latin lover sulla quale lui ha sempre ironizzato, come si può vedere in un divertente dialogo con Sofia Loren al Dick Cavett Show (1977). Marcello e Sophia, una bellissima coppia del cinema come raramente capita, hanno lavorato insieme vent’anni in ben quattordici film. Lo stereotipo del latin lover stava decisamente indigesto a Mastroianni, lo si legge anche in questa dichiarazione riportata nel volume della Muggeo:
“Il Latin lover! Che pazienza. Sono trentacinque anni, da quando ho fatto La dolce vita, che gli americani hanno deciso che io ero «il Latin lover». Loro vanno sempre alla ricerca di formulette. Formula poi raccolta anche dai giornalisti italiani ed europei in genere. Ma Latin lover di che? Io non ho mai frequentato i night club; non ho mai battuto via Veneto, anche se ho fatto un film, a via Veneto. Sì, un caffè una volta ogni tanto. Non lo so. Forse è per il fatto che in quel film e dopo anche in altri, sono attorniato da belle donne: ma questo non significa essere un Latin lover. Io ho detto: Ma li avete visti i miei film? Dopo La dolce vita, per non ripetere – perché distributori e produttori avrebbero voluto rivedermi con la giacca a V dai bottoni d’oro – io ho girato un film dove facevo l’impotente: Il bell’Antonio. E subito dopo Divorzio all’italiana: un laido cornuto. Ho fatto anche un uomo incinto; ho fatto l’omosessuale in Una giornata particolare. Ho fatto dei disperati, dove il sesso non c’entrava niente”.
Ricordiamo che Mastroianni ha interpretato oltre centoquaranta film dei generi più diversi: dalla commedia sentimentale al dramma, dalla satira di costume al film storico, dal thriller al grottesco. Consacrato sul grande schermo da La dolce vita (1960) e 8 e ½ (1963) di Federico Fellini – sorta di suo alter ego sulla sedia del regista, in cinquanta anni Mastroianni ha dato prova di un talento poliedrico: basterebbe questo breve elenco che include i film a cui si è già accennato: Il bell’Antonio (Bolognini, 1960), Matrimonio all’italiana (De Sica, 1964), Dramma della gelosia (Scola, 1970), La grande abbuffata (Ferreri, 1973), Una giornata particolare (Scola, 1977), La terrazza (Scola, 1980), La città delle donne (Fellini, 1980), Ginger e Fred (Fellini, 1985), Il volo (Anghelopulos, 1986), Oci ciornie (Michalkov, 1987), Il passo sospeso della cicogna (Anghelopulos, 1991), Sostiene Pereira (Faenza, 1995), fino all’ultima interpretazione teatrale di Le ultime lune (1996), suo definitivo congedo artistico e Viaggio all’inizio del mondo di Manoel de Oliveira (1997), sua ultima apparizione sul grande schermo.
Primo piano di Marcello Mastroianni tratto da Rappresaglia, un film del 1973 diretto da George Pan Cosmatos.
Dicevamo di Fellini. È il regista che ha lanciato il mito Mastroianni: i non esperti di storia del cinema difficilmente, pensando a Mastroianni, non ricorrono a quel connubio quasi da “affinità elettive” tra l’attore ciociaro e il Maestro di Amarcord. Però Marcello ha lavorato con tantissimi altri registi, anche molto distanti da Fellini, come stile e poetica: da Luchino Visconti a Ferreri, passando per Scola che lo ha diretto nel citato Una giornata particolare e in Dramma della gelosia tutti i particolari in cronaca. Nel primo, Mastroianni interpreta la parte di un conduttore radiofonico allontanato dal lavoro per la sua omosessualità. Durante la giornata di celebrazione fascista per l’arrivo di Hitler, il condominio in cui vive si svuota per la parata. Rimangono soltanto la moglie (Sophia Loren) di uno dei partecipanti alla celebrazione ufficiale e Gabriele (Mastroianni) che conosce più o meno casualmente l’inquilina ed è l’incontro tra due solitudini, tra due vinti, un uomo e una donna vittime a loro modo di un sistema tirannico: Marcello scopre il lato più sensibile, autentico di una donna che in realtà è vittima di un modello sociale e storico imposto dalla Storia; lei si innamora di un uomo sensibile, colto, che non la vede solo come vulva procreatrice da inseminare, come silenziosa e devota moglie-madre-casalinga secondo gli stereotipi di un’Italia povera, agricola, analfabeta e fascista. Quindi Mastroianni ha saputo incarnare con grazia ed eleganza sia l’immagine del maschio latino femminiere o puttaniere, spesso scapolone e Dongiovanni come possiamo vedere in Matrimonio all’italiana (ispirato a Filumena Marturano) e in Dramma della gelosia; sia l’antitesi di quell’immagine, come, appunto in Una giornata particolare o addirittura nel Bell’Antonio dove interpreta il ruolo di un impotente.
La splendida coppia del cinema italiano: Marcello Mastroianni e Sophia Loren in Una giornata particolare diretto da Ettore Scola nel 1977.
Sono concetti chiave quelli di garbo ed eleganza: quando Mastroianni si cala nei ruoli di uomini del basso ceto, mantiene sempre un livello di dignità e candore. In Dramma della gelosia Mastroianni è Oreste, un operaio comunista innamorato di una fioraia (Monica Vitti) che a sua volta cederà alle lusinghe di un pizzaiolo (Giannini). Oreste è un uomo semplice, non particolarmente acculturato, ma non sprovveduto. È l’antitesi di Marcello Rubini e Guido Anselmi, gli intellettuali (giornalista e aspirante romanziere il primo; affermato regista 43enne, il secondo) interpretati da Mastroianni rispettivamente ne La dolce vita e 8 e ½.
Una recitazione che non sembra recitazione
Mastroianni ha sempre espresso e sostenuto un’idea di attore che è l’antitesi dell’Actor’s Studio. Il suo concetto di attore è in perenne oscillazione tra gioco e lavoro, tra spontaneità (anche nei ruoli più seri) e clownerie. Nel documentario Marcello. Un Casanova dei nostri tempi di Antonello Branca, lo stesso attore spiega di non aver mai creato volutamente e direttamente il personaggio (Branca, 1965). E Monicelli aggiunge una testimonianza molto importante che così parafrasiamo: “Mastroianni ha una naturalezza nel recitare, frutto di tecnica, ma così spontanea che il pubblico si identifica in lui, perché lo sente normale, alla sua portata. Mastroianni non vuole prepararsi troppo per evitare di risultare artefatto agli occhi del pubblico”. Questo emerge molto bene da Ieri, oggi, domani (1963, Oscar per il miglior film straniero nel 1965), un mito della cinematografia italiana, punta di eccellenza nel dialogo tra mondo del cinema e della letteratura (regista, Vittorio De Sica, fra i soggettisti e gli sceneggiatori Eduardo De Filippo e Cesare Zavattini. Alberto Moravia, è autore del racconto Troppo ricca da cui è tratto il secondo episodio).
L’esemplare Ieri, ogi, domani
Protagonisti dei tre episodi (Adelina, Anna, Mara) Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Tre donne, tre tipologie femminili molto diverse, la prima (Adelina, scritto da Eduardo de Filippo) è una povera tabaccaia (di contrabbando) dei bassi di Napoli che deve partorire come un coniglio per sfuggire alla galera. Il povero marito (Mastroianni) fa il possibile, si prodiga nelle sue virtù amatorie, ma l’esaurimento nervoso e la cachessìa da over-performance hanno il sopravvento. È un episodio dai toni ibridati fra neorealismo e idillio popolare, dipinge, con i colori sgargianti e canterini della cartolina per turisti, un pezzo d’Italia sottoproletaria, poverissima e poco o niente istruita. In Anna, ambientato a Milano, Sophia Loren interpreta la parte della moglie di un industrialotto milanese: ricchissima, annoiata, frequenta un povero impiegato con il quale sfoga le sue frustrazioni durante un giretto in Rolls Royce. Un incidente rivela la pasta di cui è fatta Anna: una donna cinica, materialista che rimprovera Mastroianni di aver rovinato la lussuosa atumobile per evitare di investire un ragazzino cretino che si era piazzato in mezzo alla corsia per vendere fiori. “D’altronde se si mette in mano la Divina Commedia a un analfabeta”, commenta il conducente di una Ferrari che si ferma a soccorrere Mara: allusione al povero Marcello abituato a guidare una Seicento. Il terzo episodio, girato a Roma, il più famoso per la celebre scena dello spogliarello, porta la firma di Cesare Zavattini: Sophia Loren interpreta il ruolo di una squillo d’appartamento, Mastroianni è un portaborse scoppiettante di vitalità Augusto Rusconi, “un bolognese dai modi buffi e infantili, un bambino costretto in abiti da adulto” a Roma per i soliti giri burocratici negli uffici ministeriali. Annota Muggeo:
“Fra i tre personaggi maschili del film di De Sica, questo è l’unico che porta l’attore ad abbandonare il registro dimesso per adottarne uno decisamente eccedente. Mastroianni, infatti, oltre a passare repentinamente e senza soluzione di continuità dalle urla ai sussurri e dal dialetto bolognese all’italiano, riproduce un ricco catalogo di gesti infantili e scomposti: la mano stampata sopra in fronte in segno di dimenticanza, la testata data volontariamente contro il muro, le ripetute cadute, i passi di danza scombinati, fino ad arrivare al celebre ululato e a tutto il repertorio «gattonesco» sfoggiato durante lo spogliarello di Sophia Loren”.
Tina Pica interpreta la parte della condomina timorata di Dio, il cui nipote – promesso sacerdote – si innamora di Mara. Ne nasce un putiferio. Finale con riscatto: è Mara stessa che riporta sulla diritta via il giovanotto. Segue mitico spogliarello liberatorio al suono di Abat-jour interrotto però dal richiamo al dovere: Mara ha fatto un fioretto. Bisogna rimandare il contubernio; e Rusconi non è proprio d’accordo. Di questi tre personaggi femminili, l’ultimo, Mara, la squillo d’appartamento, è sembrato il migliore anche sul piano morale: Mara è indipendente, fiera, non vuole figli finché non può garantire loro una buona vita, è buona e sensibile, sincera ma non maleducata. Una squillo che è di gran lunga migliore della ricca borghese annoiata. Fa riflettere. Dal punto di vista socio-culturale è un perfetto intermedio tra la popolana ignorante e un po’ sguaiata e la viziata e ipocrita signora borghese. In tutti e tre gli episodi Mastroianni interpreta ruoli maschili deboli nel senso che incarnano tipologie di maschio mediocre, perdente, nella migliore delle ipotesi indeciso (nell’episodio Anna) o esaurito per surmenage da prestazioni obbligate (nell’episodio Adelina). È l’attualità di quel film profetico. Ed è il il talento gattonesco (nel senso di familiare e misterioso) di Marcello, anzi Marcellino, come lo chiamava affettuosamente e furbescamente Fellini; al quale Marcello Mastroianni rispose “Benissimo, pronto. La faccia qualsiasi sono io”. Sì, perché il regista stava cercando il protagonista de La dolce vita e il produttore, Dino de Laurentiis, voleva Paul Newman. Fellini era contrario. Paul Newman? Troppo importante, troppo star. Fellini voleva “una faccia qualsiasi”.
- Enzo Biagi, La bella vita. Marcello Mastroianni racconta, Rizzoli, Milano, 1996.
- Matilde Hochkofler, Marcello Mastroianni. Il gioco del cinema, Gremese, Roma, 2001.
- Marcello Mastroianni, Mi ricordo, sì, io mi ricordo, a cura di Francesco Tatò, Cineteca di Bologna, 2018.
- Antonello Branca, Mastroianni. Un Casanova dei nostri tempi.
- Dick Cavetti Show, Sophia Loren and Marcello Mastroianni on “The Dick Cavett Show,” 1977.