Quella che segue non è la solita classifica con i libri, oppure i film o i dischi più belli, o ancora le migliori caramelle dell’anno, o quel che vi pare. Non è la solita classifica, intanto per un motivo assai semplice: non è una classifica. L’ordine di presentazione segue quello alfabetico del titolo di ciascun lavoro, tutti ex aequo (non è una classifica, repetita iuvant).
Nessuna pretesa di dar consigli, la seguente è semplicemente la selezione di quanto più ci ha dilettato, interessato e stupito nel vasto campo, riassunto dal titolo qui sopra. Un campo abitato da fantasmi e alieni d’ogni tipo, eroi ed eroine, mostri d’ogni genere, zombie, vampiri mutanti e così via, i figli e i nonni dell’intelligenza artificiale, robot, androidi cyborg, app, serial killer e altri psicopatici, sguardi sull’antropocene e scenari dell’apocalisse, fantasie scientifiche, sogni, deliri e anticipazioni, tutti i futuri possibili, gli altri tempi, utopie, distopie, ucronie, universi paralleli e viaggi nel tempo, complottismi assortiti e verità più o meno vere. Si è composta scrutando in queste regioni dell’immaginario la selezione 2024 di Quaderni d’Altri Tempi.
vvv
LocalThunk: Balatro
“Ciao sono LocalThunk, un game designer canadese e ho, praticamente da solo, realizzato un gioco di costruzione di mazzi a tema poker che ti ipnotizzerà e prenderà possesso della tua vita per almeno un paio di mesi”. Immaginiamo che proferisca così una parola di verità l’anonimo creatore di questo gioco di carte che crea dipendenza oltre ogni limite e il fatto che questo videogioco sia da qualche tempo disponibile anche sulle piattaforme mobile non promette niente di buono per il PIL mondiale. Strani moltiplicatori e diabolici joker negativi spuntati dall’inferno stravolgono le regole in corso d’opera rendendo incerto qualsiasi calcolo. Carte normalmente innocue diventano improvvisamente protagoniste. Quando si arriva a una minima presa probabilistica, la dopamina comincia a inondare il cervello. Ma poi la folle successione degli eventi riporta il giocatore giù, a strisciare nel buio, compromettendo qualsiasi riferimento circa il valore di numeri, colori e simboli. In un’epoca in cui dilaga la post-verità sembra inevitabile che anche i numeri e la loro rassicurante precisione possano essere messi in discussione.
vvv
Gints Zilbalodis: Flow
La visione antropocentrica si impone sempre, anche nelle narrazioni apocalittiche che ci vedono soccombere travolti da eventi imputabili principalmente a noi, lasciandoci protagonisti davvero fino all’ultimo respiro. Eppure il mondo può tranquillamente sopravviverci. Qualche anno fa, per esempio, ne parlò Alan Weisman nel suo Il mondo senza di noi. Sembra partire da quei paraggi il secondo lungometraggio d’animazione del regista lettone già ammirato all’esordio con Away (2019). In Flow gli umani sono spariti da un tempo imprecisato e a ricordarli rimangono solo alcune rovine. Quasi un Deserto d’acqua ballardiano ma senza umani. Le terre emerse sono soggette a gigantesche maree che all’improvviso, per un tempo imprecisato, tendono a sommergere tutto. In questo scenario non è facile cavarsela come impareranno presto il gattino protagonista della storia e i suoi insoliti compagni di ventura, un cane, un capibara, un lemure e una gru attraversando paesaggi lussureggianti e resti della civiltà umana. Un viaggio svolto ricorrendo un’animazione povera sia per definizione che per illuminazione, privilegiando il piano sequenza, per fornire un altro punto di vista sulla fine del mondo.
vvv
Current 93: The Long Shadow Falls
La cellula primigenia di questo ectoplasma sonoro data 2023, quando apparvero i singoli The Long Shadow Falls e Why Can’t We All Just Walk Away? realizzati in sole trentanove copie per mano di David Tibet, in arte Current 93, che da decenni esplora quel territorio ambiguo abitato da neo paganesimo, folk d’avanguardia, elettronica, surrealismo, decadenza, psichedelia e occultismo. Ciascuna copia conteneva un mix differente, e due rimasero inediti. Tutti e quarantuno alfine raccolti in questo box di sette cd. Un flusso sonoro ininterrotto di ben nove ore composto da frammenti di vecchi settantotto giri crepitanti, un’aria d’opera o una canzone di inizio Novecento, un ritornello che si ripete, si carica di riverberi, si sfalda precipitando in un vortice di suono elettronico. Tutto suona spettrale, in fondo sono voci di revenant quelle che si alternano nei vari mix, via via avvolti in ronzii ed echi, cosicché tutto pare provenire da qualche infestato salotto tardo vittoriano. Ci mette del suo il booklet, che contiene il reportage fotografico di Tibet di presenze sulla soglia, intitolato esplicitamente: Channelled Hallucinatory Shadowed Found Fotograph. Allucinazione circolare.
vvv
John Shiban, John Orloff: Masters of the air
Dopo aver salvato il soldato Ryan, Tom Hanks e Steven Spielberg hanno reso possibile uno sforzo produttivo che ha portato la Seconda Guerra Mondiale nell’orbita delle serie tv mainstream. Prima i fanti di Band of Brothers (2001), poi i marinai di The Pacific (2010), e ora gli aviatori grazie a questa perla Apple Originals. Una compatta pattuglia di nove episodi che preferisce il dettaglio ingegneristico all’analisi politica. Missione: “sganciare bombe su quegli stronzi nazisti”. Ma il gesto eroico e morale non viene in alcun modo glorificato e ogni missione è una lotteria di morte. A ogni volo il plot armor si assottiglia. Uomini e donne eroiche certo, ma anche e soprattutto figure disperatamente attaccate alla vita, che incollano con la gomma da masticare la foto della persona amata tra le chiesuole del quadro comandi. Perfettamente in bilico tra accuratezza tecnica e pathos, la serie riesce a portare l’occhio contemporaneo indietro nel tempo, per farci conoscere supereroi realmente vissuti come ci raccontano i titoli di coda dell’ultimo episodi.
vvv
Francesco Paolo De Ceglia (a cura di): Partenope degli spiriti. Fantasmi, fluidi e (finte) resurrezioni nel Regno di Napoli di età moderna
Napoli è ancora oggi, più che mai, quel “paese misterioso, dove gli uomini e le circostanze che fanno la loro vita, sembrano governati non dalla ragione e dalla coscienza, ma da oscure forze sotterranee” di cui parlava Curzio Malaparte in La pelle. Brano riportato anche in questo volume curato dallo storico della scienza Francesco Paolo De Ceglia, che qui mette insieme un ampio ventaglio di testi per mappare le oscure forze sotterranee della città: tema che continua ad affascinare, come mostra anche l’ultimo film di Paolo Sorrentino o la serie Uonderbois di Disney+. Ma non solo di nomi illustri si compone questa straordinaria carrellata di mitologemi partenopei: c’è spazio per le anime del purgatorio, Madonne piangenti, sante che si contendono il primato dello scioglimento del sangue con San Gennaro, ex voto, tatuaggi lauretani, vampiri cinquecenteschi, femminelli indagati dall’Inquisizione, seminaristi curati con ipnosi magnetiche, rabdomanti, spiritisti, morti risorti per miracolo, accanto a indagatori dell’occulto che farebbero invidia a Dylan Dog, preti scettici, alchimisti massoni e Frankenstein napoletani. Una sintesi di quel “mondo liminale” che è Napoli in un solo volume.
vvv
Nathan e David Zellner: Sasquatch Sunset
Stranieri in terra straniera si potrebbe anche intitolare questo incredibile lungometraggio, parafrasando un celebre romanzo di Robert Heinlein. Il territorio è il nostro pianeta, anche se di umani nell’arco dell’intera durata non se ne vedono e gli stranieri sono quelle creature note come sasquatch o bigfoot, abitanti un angolo di immaginario contemporaneo dove coabitano con lo yeti. Criptidi, come la più celebre Nessie da Loch Ness, autentici alieni residenti sulla Terra sulla quale resistono a ogni smontatura scientifica. La vicenda che gli Zellner (anche attori) raccontano si svolge nell’arco di un anno lungo il quale una famiglia, se così si può chiamare, composta da un maschio alfa, una femmina, un cucciolo e un maschio beta, attraversa una grande foresta di sequoie alla ricerca di propri simili. Un quartetto di esseri immaginari che lungo il percorso non incrocia i sapiens ma altri animali reali sì: una tartaruga, un tasso, una puzzola, un serpente, un grosso felino. Incontri che ne esaltano l’alterità. Il viaggio terminerà con un incontro che sprofonderà in una solitudine forse definitiva i tre sopravvissuti dopo la morte del maschio alfa. Sarà un incontro paradossale con il loro stesso mito.
vvv
Cirocco Dunlap: Il secondo miglior ospedale della galassia
Sleech e Klak stanno per perdere il paziente. Il corpo dell’umana non sembra reagire ai loro sforzi. Poi l’intuizione: con mano sicura la chirurgǝ Sleech procede con il bisturi. Il torace esplode e salta fuori l’alieno giallo e tentacolare, sano e salvo sull’ormai inutile cadavere dell’essere umano ospitante. Sleech e Klak possono darsi il cinque. Comincia così questa brillante serie animata genderfluid, farcita con dosi abbondanti di schwa e ambientata nell’anno 14002, nata dall’ingegno di Dunlap, già sceneggiatore della brillante Russian Doll (2019-2022). Dall’avidità aziendale in ambito medico al campionario delle solitudini contemporanee, le gag accentuano gli estremi per far esplodere le contraddizioni. Alla maniera di The Big Bang Theory, si cerca in dinamiche familiari disfunzionali l’incubazione di disagi emotivi da gestire con metodologie dal sicuro effetto comico. L’ansia è come un parassita impiantato nel cervello e il suo linguaggio è il vero tessuto connettivo che accomuna tutti. Lo scopo ultimo di questo ospedale è quello di rovesciare i luoghi comuni in ogni modo possibile.
vvv
Fei-Fei Li: Tutti i mondi che vedo
Oggi siamo tutti attoniti di fronte ai passi da gigante compiuti dalle IA generative, di cui a ritmi quasi mensili vengono lanciate nuove versioni sempre più performanti fondate sulla rivoluzione dei large language models. Ma prima di questa grande accelerazione c’è stata quella della visione artificiale, che ha permesso ai computer di riconoscere le immagini e descriverle. Un sogno dei pionieri dell’intelligenza artificiale reso possibile dal cambio di paradigma del machine learning, di cui Fei-Fei Li – nata in Cina ed emigrata negli USA con la famiglia dopo il 1989 – è stata pioniera, creando l’enorme database ImageNet con cui addestrare le reti neurali a riconoscere e descrivere le immagini. Oggi noi conosciamo solo la fine di questa storia, che permette alle IA generative di produrre immagini partendo dalle nostre descrizioni testuali; ma l’origine risale ad Alan Turing e l’eccitante fase pionieristica, a cavallo tra gli anni Novanta e il primo decennio dei Duemila, ce la racconta Li in questo libro che combina autobiografia e divulgazione scientifica, fino a spingersi nelle ultime pagine ad affrontare il tema del momento, quello delle sfide etiche delle future intelligenze artificiali. Un libro fondamentale per capire la rivoluzione tecnologica del nostro tempo e l’humus culturale da cui è nata.
vvv
Henrich Päs: L’Uno. L’idea antica che contiene il futuro della fisica
I fisici sono da tempo in cerca di idee nuove per sbloccare l’impasse che il settore della fisica fondamentale sta vivendo negli ultimi anni. Päs si pone sulla scia dei lavori di H. Dieter Zeh (morto nel 2018), esponente dell’interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica, mostrando come la materia possa non essere fondamentale, e come quindi le particelle altro non siano che illusioni prodotte dal processo di misura compiuto dallo sperimentatore. “L’unico oggetto che può esistere veramente è lo stato quantistico dell’intero universo”, è l’idea di Zeh, che trova molte conferme teoriche, dalla celebre equazione Wheeler-DeWitt all’effetto Unruh per cui solo un osservatore in moto accelerato osserva particelle nel vuoto, fino al più recente principio olografico. Ma è la stessa teoria quantistica dei campi ad affermare che le particelle non sono che eccitazioni di un unico campo, una teoria “monista” di cui Päs ci mostra origini ed evoluzione, offrendoci un affresco delle più recenti “teorie del tutto” che in nome dell’antico principio dell’Uno puntano a risolvere il puzzle dell’universo.
vvv
Robyn Hitchcock: 1967: Vacantion in The Past
Il catalogo delle macchine del tempo si aggiorna di continuo. Prova ne sia il dischetto volante nel tempo su cui è saltato Hitchcock in direzione 1967 (terra che conosce bene) attrezzato con wah wah, mellotron, sitar e altro incluso qualche aroma acido. L’anno è emblematico, in musica radicalmente rivoluzionario, utopico per l’intero pianeta giovani attraversato da good vibrations. Hitchcock vi scorrazza sciorinando inni generazionali come San Francisco del dimenticato Scott McKenzie, brani mai tramontati come A Whiter Shade of Pale (da noi Senza luce), la beatlesiana A Day in the Life, alcuni hit del crepuscolo beat come Itchycoo Park degli Small Faces, Waterloo Sunset dei Kinks e I Can Hear the Grass Grow dei Move, per non dire degli allora esordienti Pink Floyd di See Emily Play e del maestoso Burning of the Midnight Lamp hendrixiano, dei Tomorrow con quella White Bicycle che omaggiava i Provos d’Olanda, la gemma ripescata dall’esordio dei Traffic, No Face No Name No Number (Un anno nella versione dell’Equipe 84) e una dimenticata Way Back in the Sixties della Incredible String Band. Il disincanto lo porge il brano eponimo composto appositamente, ma si può rimettere il cd nel lettore e ripartire.