Fantascienza, il XXI secolo (6):
i futuri che siamo diventati

Sesta parte di una mappa della letteratura sci-fi del ventunesimo secolo. Autori nuovi e maestri del genere alle prese con il nuovo Millennio, tra rivisitazioni di temi storici ed esplorazioni inedite.

Sesta parte di una mappa della letteratura sci-fi del ventunesimo secolo. Autori nuovi e maestri del genere alle prese con il nuovo Millennio, tra rivisitazioni di temi storici ed esplorazioni inedite.


Tra il 2016 e il 2018, per la prima volta nella storia del premio Hugo, per tre anni di seguito il libro premiato come miglior romanzo reca la firma della stessa autrice: a mettere a segno il primato è Nora K. Jemisin, scrittrice newyorkese del 1972 che negli anni precedenti si era già distinta per la sua produzione fantasy con i romanzi della Inheritance Trilogy e della duologia Dreamblood. Nel 2015 Jemisin dà alle stampe La quinta stagione ed è l’inizio di una saga di science fantasy con pochi paragoni nella storia recente. I confronti si sprecano: The Verge la accosta a La mano sinistra delle tenebre di Ursula K. Le Guin e a Neuromante di William Gibson per la sua capacità di ridefinire la letteratura fantastica, rinnovando i modelli del fantasy, della fantascienza e del genere post-apocalittico. Sul continente chiamato Immoto, a periodi di tranquillità seguono stagioni catastrofiche. Tra i suoi abitanti, gli “orogeni” sono i più temuti, perché provvisti del dono di prevedere lo scatenarsi delle Quinte Stagioni che ne sconquassano le viscere e sconvolgono il clima, ma anche della capacità di provocarne e controllarne l’energia. Per questo vengono perseguitati: alcuni riescono a nascondersi, altri vengono uccisi. I più fortunati vengono affidati alle cure di un Custode, che insegna loro a usare questo potere per il bene del mondo. La quinta stagione è la storia di tre “orogene”, Damaya, Essun e Syenite, legate da un unico destino, che proseguirà nei successivi libri della Terra Spezzata: Il portale degli obelischi e Il cielo di pietra. La successiva prova di Jemisin nel romanzo è altrettanto originale e impegnata: La città che siamo diventati (2020) è uno urban fantasy che immagina che le città del mondo diventino senzienti incarnandosi in avatar umani. Quando New York cade in coma, i suoi borough si risvegliano in cinque ignari abitanti della Grande Mela, che devono unire le loro forze per affrontare l’oscura minaccia di R’lyeh, metafora non troppo velata dei processi di gentrificazione che stanno progressivamente snaturando l’essenza delle nostre comunità.

Sotto altre stelle
Ritroviamo preoccupazioni simili, benché declinate su registri diversi, anche nel lavoro della giovanissima Elvia Wilk (1989), scrittrice e giornalista statunitense che vive tra New York e Berlino, e che travasa critica femminista, ecologismo e anticapitalismo nel suo romanzo d’esordio Oval (2019), condensato di interrogativi sul futuro prossimo venturo che ci attende, in bilico tra precarietà e nuove forme di controllo e manipolazione delle masse.
Prendiamo le mosse da questa sintesi di inquietudini per delineare due delle regioni più feconde plasmate dall’immaginario fantascientifico, grazie a un’applicazione costante e risoluta che prosegue ininterrottamente da più di mezzo secolo. La fantascienza femminista, già menzionata in apertura di questa serie di articoli a proposito della seminale antologia Le visionarie, curata nel 2015 da Ann e Jeff VanderMeer, ci ha regalato opere preziose anche dopo il 2000. Intrisa di influenze postcyberpunk, la statunitense Tricia Sullivan (1968), trapiantata in Inghilterra, nel 2003 dà alle stampe Selezione naturale, che immagina un mondo in cui un’epidemia ha sterminato la popolazione maschile del pianeta. Un ribaltamento di prospettiva attraverso un’inversione degli equilibri è quello che mette invece in scena Naomi Alderman (1974) in Ragazze elettriche (2016), adattato per il piccolo schermo in una serie di nove puntate prodotta e distribuita da Amazon, che immagina un mondo in cui le donne sviluppano all’improvviso il potere di rilasciare una scossa elettrica: quello che all’inizio è uno strumento di difesa, diventa però presto l’arma per sovvertire millenni di dogmatismo patriarcale nei rapporti di genere, portando a esiti non necessariamente più equilibrati.

Oltre alla parità di genere, la maternità è l’altro grande tema esplorato dalla letteratura femminista di questi anni, spesso raccontato attraverso gli specchi deformanti della distopia fantascientifica: anche sulla scia del successo mondiale di The Handmaid’s Tale, la già menzionata trasposizione seriale del romanzo di Margaret Atwood curata da Bruce Miller per Hulu, si sono moltiplicate le narrazioni (anche da parte di firme con pochi o nessun precedente nel genere) sul problema della fertilità e sui diritti delle donne (cfr. De Santi 2019). Il loro corpo diventa così il campo di battaglia su cui si svolge lo scontro tra le pretese di annullamento dell’individuo alla base di nuove e vecchie visioni totalitarie e l’autodeterminazione in cui si riflette tutta la fragilità di diritti che avevamo dato erroneamente per acquisiti. La casa futura del dio vivente di Louise Erdrich (2017), Orologi rossi di Leni Zumas (2018) e l’ancora inedito in italiano Before She Sleeps della scrittrice pakistana Bina Shah (2018) sono tre validissimi esempi di questa tendenza, che non si esaurisce certo alla manciata di titoli citati.
Aliya Whiteley, autrice inglese nata nel 1974, immagina che siano le donne a sparire dalla Terra: gli ultimi uomini, ritiratisi a vivere nella Valle delle Rocce, ne inseguono il ricordo raccontandosi intorno al fuoco delle loro madri, sorelle, mogli e figlie, fino a quando misteriose creature non cominciano a prendere forma dagli strani funghi che crescono nel cimitero e nei boschi circostanti. A La Bellezza (2014), segue nel 2018 La muta: cosa succederebbe se cambiassimo pelle ogni sette anni, e con la pelle svanissero anche i nostri ricordi, la nostra personalità, sostituita ogni volta da nuovi noi stessi senza passato? Troviamo interessanti assonanze con le suggestioni di Whiteley, come pure con le preoccupazioni di Wilk, in Tlotlo Tsamaase (1989), scrittrice e poetessa motswana, che nel suo romanzo d’esordio Silenziosa sfiorisce la pelle (2020) mette in scena, con una prosa lirica che contribuisce a definire un’atmosfera onirica e sognante, la lotta della protagonista per la difesa della propria città contro i tentativi dei bianchi di cancellare la cultura della sua comunità, che diventa così una battaglia di riappropriazione di identità minacciate e una rivendicazione del principio universale di libertà, anche contro l’apparente inesorabilità del destino, quando sembra che tutto ciò che hai e ti sta a cuore sia destinato a sfiorire. Ne segnaliamo anche i racconti Dreamport (2022) e Il distretto della cervice (2022).

Un meteorite caduto nella baia di Chesapeake devasta la costa orientale degli Stati Uniti, radendo al suolo Washington DC, ma secondo i calcoli dell’ex pilota e matematica Elma York il peggio deve ancora arrivare: i cambiamenti climatici innescati dall’impatto renderanno il pianeta inabitabile nel giro di mezzo secolo. L’umanità ha i giorni contati… cosa può fare per assicurarle un futuro? È la premessa da cui muove Mary Robinette Kowal, nata nel 1969, ex-burattinaia professionista e presidentessa della Science Fiction and Fantasy Writers of America tra il 2019 e il 2021, nel suo romanzo The Calculating Stars (2018). Potrebbe sembrare la ricetta per il classico thriller catastrofista che si risolve in una corsa contro il tempo, ma nelle mani di Kowal la materia diventa degna di ben altri sviluppi: perché nel suo romanzo gli eventi hanno luogo a partire dai primi anni Cinquanta e la storia alternativa diventa anche un esperimento mentale per raccontare una versione parallela della corsa allo spazio, in cui il contributo delle donne sfida le convenzioni sociali dell’epoca e assume un risalto di primo piano. Ricordando in qualche modo la figura storica di scienziate come Margaret Hamilton o Katherine Johnson, determinanti per il successo dei programmi spaziali della NASA, e rievocate anche nel film Il diritto di contare di Theodore Melfi (2016), Kowal riscrive gli eventi e offre una sorta di compensazione immaginifica a tutte quelle donne rimaste a lungo nell’ombra, eclissate dalla visibilità dei loro colleghi e superiori, mentre contribuivano a realizzare la più gigantesca impresa tecnologica e scientifica del Novecento. Il romanzo si aggiudica i premi Hugo, Nebula e Locus e anche il Sidewise per la migliore ucronia, e origina la serie nota come Lady Astronaut, che prosegue negli anni successivi con Il destino del cielo (2019) e Luna implacabile (2020, appena pubblicato da Urania Jumbo). Un quarto libro, The Martian Contingency, è stato annunciato da Tor Books per il 2025. E in questo modo si chiude anche un cerchio, perché le istanze femministe slittano verso lo spazio delle preoccupazioni ecologiste, sovrapponendosi a queste in un’attenzione per i diritti e l’uguaglianza che è prima di tutto una precondizione per osservare la realtà sotto una luce diversa, e ripensare il mondo fuori dagli schemi convenzionali a cui siamo – per pigrizia, passività o convenienza – abituati. Non crediamo sia un caso che queste prospettive siano state portate allo scoperto, acquisendo un rilievo sempre maggiore, dal lavoro e dall’attenzione di questa ondata di nuove autrici.

La fine del mondo che ci attende: climate fiction e altre catastrofi
“Non già con uno schianto, ma con un lamento”. È questo il modo in cui finisce il mondo, nella memorabile chiosa dell’ultima strofa degli Uomini vuoti di Thomas Stearns Eliot. Ed è così che sempre più di frequente prende forma la fine nelle narrazioni fantascientifiche dell’ultimo quarto di secolo, che pure arrivano dopo il tragico epilogo del Novecento, tra le ceneri e le macerie di Ground Zero. È un chiaro segno di maturità, oltre che un avvertimento che non dovremmo sottovalutare: la fine potrebbe sopraggiungere sottotraccia, a causa della nostra disattenzione cronica, della perpetuazione di stili di vita (e sistemi socioeconomici) che crediamo ineluttabili ma che sono tutt’altro che sostenibili, e delle armi di distrazione di massa utilizzate per farci preoccupare di tutt’altro che delle soluzioni richieste dai problemi complessi che affliggono il mondo in cui viviamo. È il lento e inesorabile scivolamento nella consuetudine del “futuro zero”, nella remissiva accettazione dell’assenza di qualsiasi alternativa, in cui si trovano incastrati i personaggi, così vulnerabili e così realistici, dei racconti di Abbey Mei Otis raccolti in Alien Virus Love Disaster; un titolo che è quasi una lista di ingredienti per preparare la ricetta del loro destino.

Nelle storie di Otis, cresciuta nei boschi della North Carolina prima di trasferirsi a Washington DC, già allieva del Clarion West Writers Workshop e attualmente Artist-in-Residence presso la School of Arts and Sciences della UPenn, la fine del mondo è sempre raccontata dal punto di vista di quella popolazione di invisibili che abita un mondo che potremmo descrivere come la periferia interna dell’Occidente: regioni sottosviluppate, appena sfiorate dal progresso, e buone per lo più come zone di transito o per l’installazione di fabbriche magiche e centri di smaltimento dei rifiuti. Ma di fine del mondo ne incontriamo molte nella science fiction di inizio millennio. Le ritroviamo, per esempio, nel caos e nella disillusione seguiti alle Primavere Arabe, trasfigurate nel 2018 dall’attivista e giornalista egiziana Basma Abdel Aziz nell’incubo kafkiano de La fila, e nei brandelli di civiltà a cui si aggrappano le comunità di superstiti nei racconti della catastrofe ambientale che ci attende: come Qaanaaq, la città galleggiante, situata da qualche parte nell’Oceano Atlantico in prossimità del Circolo Polare Artico, che accoglie i rifugiati scampati alle Guerre Climatiche nel romanzo di Sam J. Miller La città dell’orca (2018), dove il capitalismo immobiliare prospera sui bisogni dei più deboli, finché un elemento di disturbo non giunge a incrinare i fragili equilibri di questo piccolo ecosistema solo in apparenza sostenibile. L’autore statunitense (classe 1979), continua a scrutare il mondo dal punto di vista marginale dei suoi personaggi anche nei racconti di Ragazzi belve uomini (2022).

Ci sono poi le apocalissi sussurrate di Will McIntosh e James Braziel: il primo, vincitore del premio Hugo con il racconto La sposa fredda (delizioso, claustrofobico e inquietante gioiellino apparso sul numero 61 di Robot, che affronta da un punto di vista inedito i risvolti dell’animazione sospesa), spunto ripreso anche nel successivo romanzo Love Minus Eighty (2013), aveva esordito nel 2011 con Soft Apocalypse, portando in scena la nuova normalità della società americana in un mondo in cui il cibo scarseggia, la corrente elettrica non è garantita, e ogni giorno le persone sono costrette a lottare per sopravvivere e trovare un posto per se stessi e i loro figli; ritroviamo l’ambientazione nel Sud degli Stati Uniti anche in 35 miglia a Birmingham di Braziel (2008), in cui il buco nell’ozono ha trasformato il futuro in un incubo per i sopravvissuti e il protagonista non ha mai conosciuto un’alternativa alle miniere di argilla, finché la donna che ama non lo spinge a intraprendere un difficile viaggio per tirarsi fuori dall’inferno.
Memore dell’Uomo del giorno dopo (1985) di David Brin, portato sul grande schermo da Kevin Costner in un film omonimo nel 1997, è la protagonista di Stazione Undici (2014, vincitore del premio Arthur C. Clarke) della canadese Emily St. John Mandel (1979), un’attrice che attraversa la regione dei Grandi Laghi al seguito della sua compagnia teatrale itinerante, trent’anni dopo che un’epidemia di febbre suina ha decimato la popolazione mondiale. In questo scenario da giorno dopo, l’incontro drammatico con il violento culto religioso guidato da un misterioso profeta dà vita a una trama a mosaico che saltella tra i mesi immediatamente successivi al dilagare della pandemia e il presente sconvolto dai suoi effetti, ma le cui cause più profonde sono forse sepolte nel passato degli stessi protagonisti. Il romanzo è stato un caso editoriale da oltre un milione e mezzo di copie nel mondo e nel 2021 HBO ne ha tratto una serie in dieci episodi con Mackenzie Davis e Himesh Patel.

Alle frontiere dell’immaginario: dal post-esotismo al New Weird
In un universo disastrato, visionario e violento, devastato dalle esplosioni dei reattori nucleari di una Seconda Unione Sovietica ormai collassata, si muovono i protagonisti di Antoine Volodine, teorico francese del post-esotismo, in Terminus radioso, romanzo post-apocalittico del 2016. Un universo allucinato, onirico, in cui i vivi e i morti vagano in un eterno futuro scandito dall’umorismo della catastrofe, nella voce inconfondibile del suo autore, che con il romanzo Liturgia del disprezzo (1986) si è aggiudicato alla sua uscita il Grand Prix de la Science-Fiction Française, il più prestigioso riconoscimento dedicato alla fantascienza e alle altre forme del fantastico in terra transalpina. Non meno assurdo è l’universo di Alex Irvine, americano del 1969, che in Antropocene Boom (2020) porta alla ribalta gli effetti di una rivoluzionaria tecnologia in grado di modificare la realtà, e la sua convergenza con la catastrofe climatica, in un’avventura rocambolesca per le strade degli Stati Uniti. Più riflessivo e di tutt’altra ambizione è il lavoro svolto da Jeff VanderMeer (1968) con la Southern Reach Trilogy, da noi conosciuta anche come Trilogia dell’Area X (2014): concepita con una struttura seriale, composta da un trittico di brevi romanzi (Annientamento, Autorità, Alienazione) correlati tra loro e pubblicati in rapida successione, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, racconta dei tentativi di decodificare il rompicapo di una regione costiera abbandonata, reclamata dalla natura, che riesce a produrre effetti sconvolgenti sulle specie viventi con cui entra in contatto, sulla psiche umana e sullo scorrere stesso del tempo. Memore della Zona dei fratelli Strugackij, VanderMeer sviluppa un’avventura onirica, densa di fascino e di mistero, adattata per il piccolo schermo da Alex Garland nel 2018, in una co-produzione Paramount Pictures / Netflix con Natalie Portman nel ruolo della protagonista. Nel 2024, dieci anni dopo, VanderMeer ha aggiunto alla sequenza un quarto romanzo, Absolution, che scava nei misteri lasciati irrisolti dalla trilogia originale.

Antologista molto apprezzato, l’autore statunitense ha curato alcuni dei progetti editoriali più importanti e influenti del nuovo secolo: in aggiunta alla già più volte menzionata antologia di fantascienza femminista Le visionarie, si ricordano qui Steampunk! (2008), The Weird (2012) e The Time Traveler’s Almanac (2014), tutte in collaborazione con sua moglie Ann. Nei primi anni Duemila ha dato forma, attraverso i racconti de La città dei santi e dei folli (2001, successivamente espansa in due revisioni del 2002 e del 2004) e i romanzi Shriek: An Afterword (2006) e Finch (2009), ancora inediti in italiano, a un mondo dark fantasy dalle sfumature weird: nella città di Ambergris umani e “cappelli grigi” (creature di natura fungina) coesistono in una convivenza tutt’altro che pacifica, fino a quando una delle due fazioni prevarrà sull’altra assoggettandola in una forma di occupazione. Dello stesso tenore è la storia di Veniss Underground (2003), che tra reminiscenze dantesche e rivisitazioni del mito di Orfeo ed Euridice intreccia le vicende di Quin, artista genetico e manipolatore di uomini e destini, dell’oloartista Nicholas, di sua sorella Nicola e di Shadrach, perdutamente innamorato di lei. Pregevole il progetto di Vite segrete (2006), una galleria di storie per raccontare i segreti straordinari nascosti dietro l’apparenza composta e persino noiosa delle vite ordinarie di insegnanti, ceramisti, assistenti universitari, bibliotecari, imprenditori. Tornando alla fine del mondo, Colibrì Salamandra (2021, mette in scena il progressivo scivolamento della protagonista, un’analista specializzata in cybersecurity, nella spirale paranoica di una cospirazione mondiale, tra pandemie sconosciute, cambiamenti climatici e capitalismo della sorveglianza. Forti contaminazioni con il weird si ritrovano invece nel dittico post-apocalittico formato dai romanzi Borne (2017) e Dead Astronauts (2019), dei quali solo il primo è stato finora tradotto per i lettori italiani da Einaudi.

Città d’inganni
Dopo una manciata di racconti (tra i quali il memorabile La Pompa Sei, in cui un addetto alla manutenzione dell’impianto fognario di New York si accorge all’improvviso di essere circondato da idioti, il che lo mette nella scomoda posizione di essere l’unico disposto a farsi carico di occuparsi di un problema che rischia di portare la città al collasso), nel 2009 Paolo Bacigalupi (1972) ha esordito nel romanzo con La ragazza meccanica, con cui ha fatto incetta di premi (Hugo, Nebula, Campbell Memorial, Locus), presentando un mondo sull’orlo del baratro, devastato dal global warming, in piena crisi energetica dopo l’esaurimento del petrolio e dominato dalla bioingegneria. Destreggiandosi tra cli-fi e biopunk, Bacigalupi porta in scena la lotta per la sopravvivenza di esseri umani in cerca di riscatto ed esseri artificiali in cerca di libertà. La Company Town che suggerisce il titolo originale di Città di morte (2016) è una città estrattiva che galleggia su un oceano morto al largo delle coste del Canada. Quando New Arcadia viene acquistata dalla famiglia Lynch, Hwa, la giovane protagonista, viene ingaggiata per proteggere il loro giovane rampollo. Ma se su una città mineraria la vita è già abbastanza dura sotto la minaccia di una precarietà perenne, una serie di omicidi tra loro collegati le ricorda che le cose possono solo andare peggio. E non è nemmeno la cosa più straordinaria che sembra capitare a Hwa, come ha modo di accorgersi accettando la proposta di lavoro del patriarca della famiglia, ossessionato dal futuro profondo e dai misteriosi segnali che qualcuno sembrerebbe inviargli da lì. Madeline Ashby, scrittrice californiana naturalizzata canadese, nata nel 1983, ci conduce alla scoperta di questa comunità sull’orlo del collasso e sospesa sull’orlo dei futuri possibili innescati da una Singolarità. Altri suoi romanzi, non ancora tradotti in italiano, sono quelli della serie Machine Dynasties: vN (2012), iD (2013) e reV (2020). Sarebbe bello se un giorno un editore decidesse di fare arrivare anche quelli ai lettori italiani.

(continua)

Letture
  • Autori vari, Le visionarie, a cura di Ann e Jeff VanderMeer, Nero Editions, Roma, 2018.
  • Autori vari, Steampunk!, a cura di Ann e Jeff VanderMeer, Elara Libri, Bologna, 2014.
  • Naomi Alderman, Ragazze elettriche, Nottetempo, Roma, 2023.
  • Madeline Ashby, Città di morte, Mondadori, Milano, 2020.
  • Paolo Bacigalupi, La ragazza meccanica, Multiplayer Edizioni, Terni, 2014.
  • James Braziel, 35 miglia a Birmingham, Mondadori, Milano, 2010.
  • David Brin, L’uomo del giorno dopo, Editrice Nord, Milano, 1995.
  • Louise Erdrich, La casa futura del dio vivente, Feltrinelli, Milano, 2018.
  • Alex Irvine, Antropocene Boom, Zona 42, Modena, 2021.
  • Nora K. Jemisin, Il cielo di pietra, Mondadori, Milano, 2021.
  • Nora K. Jemisin, Il portale degli obelischi, Mondadori, Milano, 2020.
  • Nora K. Jemisin, La città che siamo diventati, Mondadori, Milano, 2022.
  • Nora K. Jemisin, La quinta stagione, Mondadori, Milano, 2019.
  • Mary Robinette Kowal, The Calculating Stars, Mondadori, Milano, 2021.
  • Mary Robinette Kowal, Il destino del cielo, Mondadori, Milano, 2024.
  • Mary Robinette Kowal, Luna implacabile, Mondadori, Milano, 2025
  • Will McIntosh, Soft Apocalypse, Mondadori, Milano, 2022.
  • Sam J. Miller, La città dell’orca, Zona 42, Modena, 2019.
  • Sam J. Miller, Ragazzi belve uomini, Zona 42, Modena, 2022.
  • Abbey Mei Otis, Alien Virus Love Disaster, Zona 42, Modena, 2021.
  • Emily St. John Mandel, Stazione Undici, La Nave di Teseo, Milano, 2025.
  • Tricia Sullivan, Selezione naturale, Zona 42, Modena, 2016.
  • Tlotlo Tsamaase, Dreamport / Il distretto della cervice, Zona 42, Modena, 2022.
  • Tlotlo Tsamaase, Silenziosa sfiorisce la pelle, Zona 42, Modena, 2022.
  • Jeff VanderMeer, Borne, Einaudi, Torino, 2018.
  • Jeff VanderMeer, Colibrì Salamandra, Einaudi, Torino, 2022.
  • Jeff VanderMeer, La città dei santi e dei folli, Elara Libri, Bologna, 2016.
  • Jeff VanderMeer, Trilogia dell’Area X, Einaudi, Torino, 2018.
  • Jeff VanderMeer, Veniss Underground, Elara Libri, Bologna, 2017.
  • Jeff VanderMeer, Vite segrete, 40K Books, Milano, 2012.
  • Antoine Volodine, Liturgia del disprezzo, 66thand2nd, Roma, 2024.
  • Antoine Volodine, Terminus radioso, 66thand2nd, Roma, 2016.
  • Aliya Whiteley, La Bellezza, Carbonio Editore, Catania, 2017.
  • Aliya Whiteley, La muta, Carbonio Editore, Catania, 2021.
  • Elvia Wilk, Oval, Zona 42, Modena, 2020.
  • Leni Zumas, Orologi rossi, Bompiani, Milano, 2018.