Randonautica è un’app popolare tra i giovanissimi utenti di TikTok, almeno stando a quel che raccontano i media boomer. In base alla propria posizione, l’app restituisce delle coordinate generate casualmente, dove l’utente si deve recare fisicamente se intende realizzare delle esperienze di “perturbazione del campo della realtà”, per usare una terminologia cara a Philip Dick. Giunta sul posto, l’utente probabilmente non troverà nulla di particolare, ma l’aspettativa la condurrà a cercare un significato in un rottame abbandonato, in una crepa nel muro, in un oggetto incongruo. Dietro l’app c’è una costellazione di concetti tipici dell’epoca postmoderna, tra cui il Fatum Project, che cerca di verificare se la coscienza umana sia in grado di modificare la realtà a livello quantistico, spingendo l’utente a concentrarsi su un evento che intende far accadere e fornendo poi le coordinate del luogo dove recarsi attraverso un generatore di casualità quantistica, che sfrutta cioè i princìpi della meccanica quantistica per produrre numeri casuali. Ma ancora più dietro c’è un concetto forse sconosciuto ai giovanissimi tiktokers, che risale agli anni Cinquanta del secolo scorso: la deriva psicogeografica, termine complesso con cui Guy Debord e i situazionisti definiscono l’ozioso girovagare per la città senza una meta fissa. Secondo il situazionismo, i luoghi – e quindi l’urbanistica e l’architettura dei luoghi – influenzano ciò che siamo e ciò che pensiamo, perciò fare attenzione ai luoghi in cui viviamo, esplorarli attraverso esperimenti di deriva psicogeografica ci permette di prendere coscienza di queste influenze e sfruttarle a nostro vantaggio.
Le connessioni tra concetti vecchi di quasi settant’anni e il rutilante mondo dell’accelerazione digitale che costituisce il nostro presente sono i punti di forza di un libro che è un’autentica storia dei perturbatori del reale dell’ultimo secolo o giù di lì: Accelerazione di Edmund Berger. Il punto di partenza è il movimento Dada, che “ha celebrato il debutto di una temporalità disarticolata, rifiutando la comprensione del tempo all’interno di un perimetro preciso, in virtù di una frammentazione cronologica formata da sciami di spazio-tempo alieni”. I passi successivi sono il surrealismo, il lettrismo e l’Internazionale Situazionista di Debord.
L’idea più potente che questi movimenti condividono è la superiorità del medium rispetto alla realtà di cui è espressione, la primazia dell’immagine, la priorità della sovrastruttura sulla struttura (ribaltando, quindi, la concezione marxiana), o – per dirla con Jean Baudrillard (cfr. 2008) – la sostituzione dell’iper-reale sul reale. “Informazioni false producono eventi veri”, per usare uno slogan degli Autonomi citato da Berger. Agendo sull’iperrealtà mediatica anziché sulla realtà concreta, i movimenti esplorati da Berger credono possibile riuscire a produrre effetti diretti sul mondo reale, che nel ribaltamento di prospettive della postmodernità è ormai frutto dell’immaginario anziché punto di partenza, come svelerà compiutamente nel 1967 Marshall McLuhan nel suo Il medium è il massaggio (cfr. McLuhan, Fiore, 2011) e nel 1976 lo stesso Debord in La società dello spettacolo (Debord, 2002). Nel 1957 Debord inventa il concetto di détournement, una manipolazione dei prodotti della società dei consumi di massa per veicolare significati politici. Negli anni Novanta assume la forma del culture jamming: “Frammenti di annunci e cartelloni sparsi senza alcun ordine, assieme a schizzi di colore, slogan e punzecchiature”. Negli ultimi anni diventa invece la “guerra dei meme” (Lolli, 2017), la produzione e diffusione di manipolazioni delle icone della cultura di massa per lanciare critiche alla società dei consumi contemporanea (esempi che girano nel web italiano sono le vignette della Pimpa che diffondono slogan contro il lavoro o meme di Maurizio Costanzo che decostruiscono i miti della cultura borghese).
Un caso emblematico: l’Italia
Filo conduttore è la continua tensione tra finalità artistiche e politiche, che provocherà più di una spaccatura nel corso dei decenni, a partire da quelle della stessa Internazionale Situazionista: “Non si tratta di elaborare lo spettacolo del rifiuto ma di rifiutare lo spettacolo”, annuncerà Raoul Vaneigem nel 1961 a Göteborg. Sarà l’inizio del passaggio “dalla «guerriglia del divertimento» alla guerriglia urbana”, che per Berger troverà più compiuta espressione nell’Italia degli anni di piombo. Solo qui, infatti, l’effervescenza culturale iniziata con la Summer of Love americana saprà innestarsi in un movimento politico-militare in grado di mettere davvero, per un certo tempo, in discussione la sopravvivenza stessa della società dei consumi, messa all’angolo da una violenta lotta di classe. Berger individua le connessioni tra il movimento degli Indiani Metropolitani, gli Autonomi, la rivista A/traverso, l’esperienza di Radio Alice, per mettere in luce ciò che già Félix Guattari (1980) aveva definito rivoluzione molecolare. Recependo le tesi di Toni Negri e di Franco “Bifo” Berardi, “la chiave dell’intero processo rivoluzionario del movimento” è individuata da Berger nel “rifiuto del lavoro”, che trova nella forma dello sciopero l’arma più efficace per arrestare la produzione capitalistica.
Negli anni Ottanta sempre l’Italia sarà la culla di quell’asse autonomo-accelerazionista in cui i residui del movimento del ’77 troveranno spazio nei centri occupati e nel fenomeno delle fanzine, alcune delle quali (Anti Utopia, PUNKamINazione, Decoder) porteranno in questi ambienti la nuova corrente cyberpunk proveniente dagli Stati Uniti, che realizza la fusione tra accelerazione tecnologica e resistenza politica.
Obiettivo dei movimenti esplorati da Berger diventa sempre più quello di produrre the glitch in the matrix, i malfunzionamenti nella simulazione (come traduce Paolo Berti): perturbazioni in grado di far emergere le contraddizioni dell’iperrrealtà in cui siamo sempre più immersi. È il caso del collettivo Luther Blisset, con le sue azioni di communication guerrilla, come la celebre “beffa satanista” di Viterbo nel 1996, che prende di mira le ossessioni della piccola borghesia di provincia, o la “grande truffa dell’arte” nel 2000, beffa contro la mercificazione dell’arte contemporanea. Ed è il caso della CCRU, la Cybernetic Culture Research Unit dell’Università di Warwick, culla del moderno accelerazionismo.
Punto culminante di questo percorso, l’esperienza della CCRU è anche l’occasione di riflettere sulle sue derive (non in senso debordiano). I deliri di Nick Land, principale animatore della CCRU, che finisce irretito nelle sue stesse finzioni magico-mistiche, ispirate alla chaos magick, o l’idea che la super-teoria del complotto QAnon sia ispirata agli esperimenti del Luther Blisset Project e agli ARG, gli Alternate Reality Games di cui Randonautica è una delle espressioni, sembrano avverare la profezia troppo spesso inascoltata di Baudrillard: avventurandosi nella simulazione, i simulacri prendono il posto del reale e bisogna abbandonare ogni speranza di trovare il filo di Arianna che ci riporti nel mondo vero. Chissà se allora gli eredi del situazionismo non stiano finendo loro stessi vittime – come i personaggi di un romanzo di Dick – della simulazione con cui hanno cercato di contrastare l’iperreale.
- Jean Baudrillard, Simulacri e impostura, Pgreco/Gruppo Mimesis, Sesto S. Giovanni (Mi), 2008.
- Guy Debord, La società dello spettacolo, Massari, Bolsena (Vt), 2002.
- Félix Guattari, The Proliferation of the Margins, in Semiotext(e), vol. III n. 3, Usa, 1980.
- Alessandro Lolli, La guerra dei meme. Fenomenologia di uno scherzo infinito, effequ, Firenze, 2020.
- Marshall McLuhan, Quentin Fiore, Il medium è il massaggio, Corraini, Mantova, 2011.