La diffusa mappa periurbana
di una provincia sfinita

Antonio Francesco Perozzi
Tranquillità assoluta
Pidgin, Napoli, 2025

pp. 182, € 18,00

Antonio Francesco Perozzi
Tranquillità assoluta
Pidgin, Napoli, 2025

pp. 182, € 18,00


Autore per niente classico di testi poetici da più parti apprezzati, come la raccolta bottom text, inclusa due anni fa nel Sedicesimo quaderno italiano di poesia contemporanea (2023), o il più recente Soluzioni per ambienti (2024), il poco più che trentenne Antonio Francesco Perozzi si offre adesso alla narrativa, svolgendo in piena libertà la vena prosastica già assai presente, tanto da esserne costitutiva, nella sua produzione in versi. Il risultato è Tranquillità assoluta, libro pubblicato da Pidgin: una raccolta di racconti assai omogenei tra loro che per ambientazione e continuità tematica ci permettono di inserire l’autore nell’ampio novero di quanti nel nostro Paese hanno narrato non solo dalla provincia, ma la provincia in sé stessa, elevando il contesto ben oltre il ruolo di semplice scenario su cui si muovono i personaggi nel dipanarsi delle trame. Una provincia che però nel caso, date le inoppugnabili questioni contemporanee che riguardano l’intemperanza edilizia del calcestruzzo, la foga della logistica e la virulenta spinta alla periurbanizzazione che ha ormai annichilito la nostra geografia nazionale, perde le classiche caratteristiche novecentesche di morboso isolamento tipiche per esempio in Tommaso Landolfi; e questo perché le distanze fisiche e morali che prima la separavano dalla periferia, l’altra ancella del centro, sembrano essersi dissolte in ragione degli appetiti delle merci, fagocitate di continuo dall’incontinenza consumistica degli esseri umani ma allo stesso tempo fameliche consumatrici esse stesse: consumatrici di suolo, bisognose di spazi aerei, marini e (nel nostro caso) terrestri per essere prodotte, stoccate, distribuite e infine acquistate in maniera capillare ed efficiente da tutti e in qualsiasi momento, che non sia mai si resti senza. È in buona parte questo il contesto dei racconti di Tranquillità assoluta, ovvero un luogo che essendo allo stesso tempo provincia e periferia perde ciò che in buona parte del secolo scorso faceva l’una e l’altra, in termini letterari ma non solo: con Landolfi, allora, vediamo sfilare via anche Pier Paolo Pasolini e le sue miserrime borgate al limitare dell’Urbe, mentre vediamo venirci incontro, con i dovuti distinguo, il Vitaliano Trevisan dei Tristissimi giardini (2010) e dei romanzi di Thomas, edificati su una “terra devastata e calpestata e spezzettata a norma di legge […] dove le ragioni di tutto sono ragioni prevalentemente, anzi: esclusivamente economiche, niente di personale, niente di niente: solo affari” (Trevisan, 2024).

Ambientato tra le sponde extra-raccordo della Tiburtina, le coste marine della Calabria, le erte lariane peri-lacustri e le propaggini pre-adriatiche della pianura veneta, Tranquillità assoluta ci accompagna lungo una strada di dieci racconti che, ripercorrendo luoghi “cari” all’autore, disegnano la geografia morale di una provincia diffusa in cui una voce narrante sempre molto simile a sé stessa, ma mai perfettamente identica nelle biografie romanzesche volta per volta assunte (ecco un’altra parentela con il Thomas di Trevisan), si concretizza in un io che ha invariabilmente le fattezze di un maschio quasi trentenne (grossomodo come l’autore), alle prese con alcune delle vicissitudini più comuni dei giovani maschi odierni per l’appunto quasi trentenni: l’insoddisfazione per una china biografica deludente se confrontata con le aspettative; la non sempre soddisfacente mobilità interregionale per ragioni professionali; le prime fratture in un mondo individuale e familiare che comunque sembra non essere mai stato tanto solido e compatto, se non nell’incoscienza ovattata della fanciullezza; le memorie più dolci e tormentate della vera adolescenza, pura negli ideali e intransigente nei comportamenti, declinanti in un’altra adolescenza che tale non è più, incapace di farsi età adulta per come comunemente la si intende. Sebbene quanto fin qui descritto lascerebbe ipotizzare che, percorrendo in prima persona singolare la sua provincia trasversale, l’autore si sia lasciato contagiare da una delle malattie più infestanti di una certa letteratura italiana contemporanea, cioè l’autobiografismo di maniera, il racconto querulo del noto quotidiano in favore dell’identificabilità tra lettore e personaggio (entrambi insoddisfatti per statuto), con Tranquillità assoluta Perozzi si muove invece in un altro senso, mettendo in piedi un’operazione letteraria più gustosa: l’autore apre infatti a un lieve ma sostanziale perturbamento del reale, lasciando così rientrare (sempre con i dovuti distinguo) nel discorso quel Landolfi che più sopra abbiamo con troppa fretta chiuso fuori. La provincia-periferia (o se si vuole la periferia-provincia) su cui si svolgono le vicende raccontate da Perozzi è infatti un luogo a tutti gli effetti weird, come diciamo per conformarci all’anglicismo ormai invalso per dire qualcosa come fantastico.

Un fantastico in cui l’elemento per l’appunto fantastico non sembra avere il mandato di irrompere all’improvviso nella narrazione per rovesciarla e traslarla di senso: esso infatti, nella maggior parte dei racconti che fanno Tranquillità assoluta, sembra esservi già integrato dapprincipio, la costituisce senza bisogno di tematizzazione, evitandoci dunque spiegoni o spieghini di sorta. Come quando i protagonisti del primo racconto ordiscono un furto nel magazzino del grande e-commerce per cui lavorano, preoccupandosi di quanto nel frattempo avviene alle lucciole che portano sottopelle senza che noi lettori si sappia perché (Gente materiale); o come quando una coppia all’ipermercato riempie il carrello di beni di consumo, mentre nel frattempo sta mutando l’esuvia al modo delle cicale (Servizio di smaltimento); o ancora come quando un intero paese assume le usanze dello stercorario e accumula una gigantesca palla di merda per poi cibarsene giubilante nella piazza che celebra la festa patronale (Goddamn you). Non c’è bisogno di essere entomologi per capire che nei tre racconti citati (lo stesso avviene nei restanti sette) il fantastico proceda tramite un dispositivo che sembra suggerire un’identità o una parentela tra l’essere umano e l’insetto, in linea col gusto contemporaneo per le ibridazioni caro al fantastico di taglio ecologico. Tuttavia la sensazione è che nei racconti di Perozzi tale ibridazione, più che nascere da intenti didascalici o comunque dimostrativi, sia più che altro un elemento utile a dare un’unità tematica e di genere ai racconti, senza per questo suggerire o voler sostenere una filiazione con certe posizioni etico-politiche. Di didascalico, o meglio di programmatico e funzionale alla sostanza argomentativa dei racconti, sembra esserci invece il florilegio di marchi citati con insistenza: Instagram, Dolciando, Amazon, Famila, Onlyfans, Media Shopping, Wacko’s, Ducati, Fast & Furious, San Carlo, Gormiti, Nastro Azzurro e così via; marchi riconoscibilissimi che, nella loro oscillazione tra capitalismo globale e locale, ci chiedono di tenere il narrato al di qua della realtà nonostante le concessioni al fantastico, rafforzando dunque per opposizione lo straniamento e tenendoci ben saldi nella nostra geografia periurbana. Ed è anche grazie a essi, punti fermi della mappa relativa alla mentovata geografia, che Perozzi edifica il suo strano sottouniverso narrativo: una “provincia finita di significato”, per citare un po’ a sproposito Alfred Schütz (1979), a cui andrebbe forse aggiunta una esse, per dirla invece sfinita.

Letture
  • Antonio Francesco Perozzi, bottom text, in Aa.Vv, Poesia contemporanea: Sedicesimo quaderno italiano, Marcos y Marcos, Roma, 2023.
  • Antonio Francesco Perozzi, Soluzioni per ambienti, Zacinto, Milano, 2024.
  • Alfred Schütz, Saggi sociologici, Utet, Torino, 1979.
  • Vitaliano Trevisan, Tristissimi giardini, Laterza, Roma-Bari, 2010.
  • Vitaliano Trevisan, I quindicimila passi, in Trilogia di Thomas (Un mondo meraviglioso; I quindicimila passi; Il ponte), Einaudi, Torino, 2024.