Chi scrive ha avuto il piacere di incontrare la pianista e compositrice romana Alessandra Celletti, circa una decina di anni fa, all’Auditorium Diocesano Vallisa di Bari dove si esibì, come è accaduto numerose altre volte, nel prestigioso Festival Time Zones, giunto quest’anno alla sua trentanovesima edizione, diretto come sempre magistralmente da Gianluigi Trevisi. In realtà, un po’ per affinità musicali, un po’ per quelle strane coincidenze della vita che portano a cercare anime simili a sé stessi, ci si era già cercate in altre occasioni e la sensazione ricevuta in quel primo incontro fu di essersi conosciute da sempre. A colpire per prima cosa fu il suo sorriso solare e radioso, ma soprattutto nell’ascoltarla, lasciò il segno, oltre alla eccellente tecnica pianistica, la sua capacità di disegnare architetture sonore complesse ma allo stesso tempo tese all’essenzialità del suono del pianoforte, ai suoi colori e alla sua dinamica. Un’anima pura, dotata di rara umiltà, che attraverso le sue note era capace di trasportare l’ascoltatore in un’altra dimensione, in un fluire costante come il movimento delle onde marine, ora impetuoso, ora capace di acquietarsi placidamente. Personaggio istrionico, capace di sorprendenti imprese, come nell’organizzazione nel 2013 del tour con il solo pianoforte a bordo di un camion Piano Piano on the Road, finanziato grazie a un entusiasmante crowdfunding, diventato poi un documentario per la regia di Marco Carlucci selezionato in concorso all’Edmonton International Film Festival in Canada e allo ZagrebDox in Croazia, Alessandra Celletti, diplomata al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, è oggi soprattutto una raffinata compositrice di fama internazionale e artista poliedrica, capace di coniugare la sua estrazione classica con avanguardia, rock e sperimentalismo. Moltissime le sue collaborazioni con artisti del calibro di Claudio Rocchi, Gianni Marroccolo (Litfiba, C.S.I./PGR) il compositore e sassofonista Nicola Alesini, l’artista concettuale svedese Paulina Wallenberg Ollson, la violinista Her, Maurizio Mansueti, Charles Hayward (This Heat), il compositore inglese Mark Tranmer (aka GNAC) con il quale ha pubblicato l’album The Red Pages, Lawrence Ball, fino ad arrivare a uno dei pionieri della musica elettronica sperimentale tedesca, Hans Joachim Roedelius (Brian Eno/Cluster), con il quale ha composto e registrato nel 2009 per l’etichetta americana Transparency musica per l’album Sustanza di cose sperata. Suggestiva inoltre, l’avventura nel 2020 di un viaggio con il suo mini piano lungo i corsi d’acqua del Friuli Venezia Giulia. Nelle composizioni dell’artista romana ben si evidenziano non solo l’amore per Fryderyc Chopin, Johann Sebastian Bach, Claude Debussy, Maurice Ravel ed Erik Satie, ma anche per George Gurdjieff e per il minimalismo di Philip Glass, John Cage e Arvo Pärt, a cui sono stati dedicati interi album come nel precedente progetto discografico Minimal. Dando un’occhiata alla sua discografia ci si rende immediatamente conto di quanto vasto sia il suo campo d’azione.
Feconda compositrice con oltre venti album pubblicati per etichette inglesi e americane e concerti in tutto il mondo sold out, il suo ultimo album Ultraminimal-Piano Essence pubblicato per l’etichetta Dark Companion in versione limitatissima di 118 copie (!) e presentato in anteprima il 15 maggio scorso al Festival Satierose presso il Teatro Miela di Trieste, appresenta un vero e proprio viaggio in una dimensione quasi surreale, tesa all’essenzialità e alla purezza del suono, nel quale ogni singola nota diventa elemento di un processo alchemico. Il pianismo siderale della compositrice romana ben sorretto da una elettronica discreta e mai invasiva, si articola in diciotto brevi composizioni di rara bellezza, registrate nella sua abitazione romana, nelle quali ben si mostra l’intento dell’artista di concentrarsi su una dimensione più intima e libera, capace di riprodurre in musica le risonanze interiori. Il singolo Fairy Tale, caratterizzato da una melodia ipnotica e surreale, rimanda al maestro Satie, vero e proprio punto di riferimento per Alessandra Celletti, proprio per la sua capacità di sottrarre e ricreare atmosfere in bilico tra sogno e realtà. Il video firmato da Dario Zaid sa ben riprodurre la dimensione onirica e intima del brano, essendo girato proprio nell’abitazione d’infanzia della compositrice romana, tra i ricordi del suo primo pianoforte dove all’età di sei anni cominciò il suo percorso musicale. Ciò che traspare dall’ascolto dell’intero album è la ricerca di una sorta di “centro di gravità permanente” tanto per citare Franco Battiato, di un perimetro diretto all’essenza, a un desiderio di intima verità. Il tocco pianistico di Alessandra Celletti, ben riverberato, giunge così a definire quadretti musicali che trasportano l’ascoltatore in una dimensione difficilmente definibile. Una vera e propria scommessa, così come l’autrice ama definire Ultraminimal-Piano Essence, che così si esprime al riguardo:
“Mi piace muovermi nel mondo e nell’arte pensando che tanto non ho niente da perdere… l’unica cosa che voglio difendere è il mio desiderio di cercare. Tra il deserto e le stelle c’è un suono invisibile… Senza punti di riferimento”.
- Alessandra Celletti, (plays Debussy, Ravel, Satie), Les sons et les parfums, Bleriot, 1994.
- Alessandra Celletti, (plays Gurdijeff – de Hartmann), Hidden Sources, KHA Records, 1998.
- Alessandra Celletti, (plays Erik Satie), Esotérik Satie. KHA Records, 2000.
- Alessandra Celletti, Black Baby: Scott Joplin’s Ragtimes, KHA Records, 2002.
- Alessandra Celletti, (plays Philip Glass), Metamorphosis, KHA Records, 2004.
- Alessandra Celletti, Above the Sky, Transparency, 2013.
- Celletti /Roedelius, Sustanza di Cose Sperata, Transparency, 2009.
- Gnac with Alessandra Celletti, The Red Pages, Verical Features, 2010.
- Marco Carlucci, Piano Piano on the Road, Primafilm, 2014.