Onda su onda i media mutano
Il caso Rai 2 & Rai Radio 2

Il format vincente Radio 2 Happy Family, condotto da Ema Stokholma e i Gemelli di Guidonia, affonda le radici in una lunga e sbalorditiva storia di intersecazioni infinite e mutevoli tra passato e presente, tradizione e innovazione. Il programma è partito il 4 luglio 2022.

Il format vincente Radio 2 Happy Family, condotto da Ema Stokholma e i Gemelli di Guidonia, affonda le radici in una lunga e sbalorditiva storia di intersecazioni infinite e mutevoli tra passato e presente, tradizione e innovazione. Il programma è partito il 4 luglio 2022.


* In un’epoca nella quale si presuppone che ogni possibilità di sviluppo e rinnovamento sia già stata vagliata e applicata, Radio 2 Happy Family è l’ennesima sperimentazione con cui la Rai ha voluto mettersi alla prova sfidando consolidate conoscenze per poterne ricavare punti di vista inediti in relazione a un nuovo periodo storico. Il programma condotto da Ema Stokholma e i Gemelli di Guidonia è un format che mostra diverse criticità nella sua concezione, come ha espressamente dichiarato la prima curatrice, Elena Maria Russo, eppure grazie alla collaborazione delle diverse personalità che hanno contribuito alla trasmissione di ogni singola puntata in diretta è stato possibile aggirare ostacoli e superare qualsiasi difficoltà in maniera quanto mai brillante ed elegante, garantendo al programma un costante riscontro positivo da parte del pubblico che viene confermato da una percentuale di share mai inferiore al tre percento.
Se agli albori della televisione la prassi prevedeva di effettuare il trasferimento delle trasmissioni che riscuotevano popolarità in radio sul palinsesto televisivo, attualmente i criteri di scelta e concepimento di un programma radiofonico che possa adattarsi e soddisfare le esigenze della televisione sono qualitativamente e numericamente ben diversi. Sia a livello accademico che pratico, sono alquanto rari in Italia i casi di programmi che germogliano in radio e hanno possibilità di espansione contemporaneamente anche su un canale televisivo di una specifica rete, pubblica o privata che sia, che non combaci con la versione visual della radio stessa. Quella che Radio 2 ha attuato, sotto la visionaria e lungimirante guida di Simona Sala, direttrice di Rai Radio 2 è una pratica che unisce senza soluzione di continuità passato e presente, che riprende uno dei tratti più distintivi dell’azienda concessionaria del servizio pubblico e la riadatta a un tempo nel quale tutto è diventato ampolloso, ridondante e già consumato.

Riattualizzare la pratica che alle origini garantiva una proficua collaborazione tra radio e televisione sfruttando la raffinatezza dei dispositivi e delle tecniche che permettono di trasmettere un solo programma su più media è una svolta nel settore dell’audiovisivo la cui portata è di considerevoli proporzioni e pone le basi per i futuri progressi che, stando a quanto asserito dallo studioso Jason Mittel (cfr. Rossini, 2016), si muovono nella direzione della convergenza mediale e dunque della frammentazione del racconto che lo spettatore ha il compito di ricomporre assemblando le modalità narrative specifiche di ogni dispositivo all’interno del grande mosaico della filiera audiovisiva. Come si è detto, il cambiamento non si esibisce sempre indossando gli abiti più sfarzosi e accompagnandosi a un copioso clangore di trombe e sassofoni, talvolta appare timidamente sulla scena portando rivoluzioni gentili e prolungate nel tempo. Questo fa sì che gli effetti siano così naturali da manifestarsi come spontanee derivazioni a cui il pubblico, avendo avuto modo di abituarsi gradualmente, si affeziona con grande rapidità. Si può quindi affermare che Radio 2 Happy Family rientri a pieno titolo nella categoria di quella che ribattezziamo rivoluzione gentile.
Nodale al principio e alla protrazione degli esiti di una rivoluzione gentile è la figura del conduttore a cui sono richieste doti ben diverse da quelle che contraddistinguevano questa figura lavorativa in passato. Sicché daremo luogo a un’accurata disamina sulle sfavillanti carriere di Corrado, Renzo Arbore e Raffaella Carrà dove si potrà osservare come la tendenza sia stata in questo caso più che una specializzazione al solo ambito della conduzione, una vera e propria apertura alle più disparate discipline ed esperienze che il mondo dell’intrattenimento potesse offrire, portando così all’affluire del conduttore (sia radiofonico che televisivo) nella grande e poliedrica categoria del performer. L’intenzione è quella di sottolineare come l’incremento del ruolo del performer nel milieu radiotelevisivo sia stata fondamentale per giungere alla costituzione di format innovativi come Radio 2 Happy Family. Per pervenire al suddetto scopo viaggeremo al fianco di Ema Stokholma e dei Gemelli di Guidonia ripercorrendo tutte le principali tappe lavorative che hanno marcato le loro identità artistiche e che hanno determinato il match perfetto sia con riguardo al format che alla fortunata conformazione della conduzione del programma.

Va precisato che scrutare l’universo di radiofonico di Rai Radio 2, specialmente in relazione alla galassia Radio 2 Happy Family, ha previsto un costante confronto con le diverse personalità afferenti ai diversi ambiti che costituiscono il cuore pulsante della trasmissione. Partendo dalla direttrice radiofonica, Simona Sala, passando per la responsabile della fascia oraria pomeridiana Patrizia Critelli, arrivando fino alla curatrice originaria, Elena Maria Russo, e ancora coinvolgendo alcuni dei capisaldi del reparto scrittura quali Marco Verdura e Walter Santillo, la collaboratrice Priscilla La Gioia e giungendo infine i conduttori Ema Stokholma e i Gemelli di Guidonia. La collaborazione con i sopracitati professionisti, avvenuta sottoforma di intervista, ha permesso la composizione un quadro dalle molteplici sfaccettature in cui la commistione di tecniche, approcci e talenti difformi ha portato anzitutto al concepimento di una creatura ibrida ma al contempo figlia dei grandi esperimenti delle “sorelle gemelle”  – come le ha definite Elena Maria Russo – ossia Rai Radio 2 e Rai 2, e poi a un collocamento ben radicato sia nel palinsesto radiofonico che in quello televisivo. Tuttavia, come ogni rivoluzione, anche quella di Radio 2 Happy Family affonda le radici in una lunga e sbalorditiva storia di intersecazioni infinite e mutevoli tra passato e presente, tradizione e innovazione. Risulta quindi indispensabile una meticolosa indagine volta a scandagliare i principali fenomeni che hanno infine portato alla realizzazione di Radio 2 Happy Family.

“Interrompiamo le trasmissioni, per comunicarvi una notizia straordinaria, le forze armate tedesche si sono arrese agli angloamericani, la guerra è finita, ripeto, la guerra è finita”.

Con questo comunicato il 9 maggio del 1945 gli italiani con la commozione nel cuore apprendevano dal celebre conduttore radiotelevisivo Corrado Mantoni la notizia della fine della Seconda guerra mondiale. Al tempo, l’Italia divenne la vera protagonista della storia che, lacerata dalle bombe e dalle lotte interne, abbisognava dell’abnegazione del popolo per poter dare vita a una nuova realtà da costruire a partire dalle macerie di un passato che non avrebbe mai dovuto essere dimenticato. Ma procediamo per gradi.
A poco meno di un anno dal termine dell’esperienza della guerra si ravvisarono già gli effetti di un profondo cambiamento dell’umanità nei più disparati ambiti e con risvolti imprevedibili.

“Ma il passaggio dall’esperienza delle radio liberate alla struttura pubblica del nuovo organismo risorto nel dopoguerra fu percorso con grandi difficoltà, le quali nascevano dal tentativo di conciliare elementi di netta frattura del passato con i fattori di continuità dovuti al bisogno di conservare acquisizioni tecniche e professionali”
(Monteleone, 2021).

La ripresa del settore radiofonico fu flemmatica ma incessante e i profitti del lavoro di collaborazione costante principiarono a maturare a partire dal 3 novembre del 1946, quando sotto la guida del neoeletto presidente Giuseppe Spataro avvenne la riunificazione della rete nazionale con il mantenimento di entrambi i canali ma a due condizioni: che le reti godessero della stessa considerazione e che l’unica differenza la si dovesse riscontrare nei colori scelti per caratterizzarle: rosso e azzurro. L’entusiasmo e l’impegno profuso portarono a grandi risultati, ma c’era ancora un mondo di ricchezze inesplorate per la RAI da sperimentare. Una di quelle su cui l’ente puntò di più fu la televisione in cui la RAI contava di immettersi dal 1954. L’arrivo della televisione e dell’ordinario servizio di trasmissione su scala globale è stato alquanto disomogeneo:

“La regolarizzazione della rete broadcast televisiva nel Regno Unito è avvenuta a partire dal 1929 grazie ai trasmettitori BBC sul sistema meccanico Baird 30-line […].  Nel novembre 1936, la BBC conduceva già trasmissioni televisive regolari ad alta risoluzione sulla linea standard 405 (Baird, 1997; traduzione dell’autrice, ndr)”, mentre in America “Nell’aprile 1939, la RCA National Broadcasting Company (NBC) ha introdotto regolarmente le trasmissioni televisive elettroniche (Jeremy Norman’s HistoryofInformation; traduzione dell’autrice, ndr)”.

In Italia la regolamentazione del sistema televisivo si fece attendere con trepidazione fino alle ore 11:00 del 3 gennaio del 1954 quando per la prima volta Fulvia Colombo, storica annunciatrice della Radiotelevisione italiana, proclamò che: “La RAI, Radiotelevisione italiana, inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive”.

“Le previsioni secondo cui il video avrebbe comportato la morte della radiodiffusione erano, naturalmente, completamente errate. Ma la trasmissione radiofonica broadcast […] ha subito alcuni cambiamenti notevoli. […] Infatti, la radio negli anni Cinquanta attraversava un’evoluzione tale che avrebbe semplicemente cambiato la natura dei servizi di trasmissione sonora […] in modo tale che non potesse competere con la televisione 
(Gordon, 1997; traduzione dell’autrice, ndr)”.

L’insediamento e l’adattamento del nuovo dispositivo nel tessuto societario italiano degli anni Cinquanta catalizzò esponenzialmente l’attenzione da parte dell’azienda poiché richiese una partecipazione lavorativa di gran lunga superiore a quella adoperata fino a quel momento in radio. A ogni buon conto la radio, colonna portante del crescente universo RAI, per la prima volta nella storia dei media, si mostrava non solo come essenziale strumento del passato, ma anche come imprescindibile alleato del presente e inalienabile bene futuro. La sua onnipresenza non era quindi oggetto di discussione, la televisione non avrebbe sostituito la radio, si sarebbe solo aggiunta nel ventaglio di possibilità che l’avanzamento tecnologico aveva costituito negli anni ampliandone così il raggio d’azione in maniera sempre più avanguardistica. Il cambiamento però era inevitabile: l’avvento della televisione aveva ineluttabilmente portato a dei riassestamenti del sistema radiofonico che vigeva all’epoca causando un ammodernamento e un adeguamento in base alle esigenze di una società che si avviava sempre più verso la specializzazione dei singoli mezzi e la creazione di figure ad hoc per governare e regolamentare a regola d’arte ognuno di essi. Gli anni Cinquanta erano stati altresì fondamentali per la radio affinché si edificasse un sistema di trasmissione sofisticato, dirompente e originale. Partendo dall’assunto stabilito nelle epoche precedenti che vedeva l’equilibrio del mezzo radiofonico nella proporzionata alternanza di programmi d’informazione a programmi di intrattenimento, l’intento delle diverse emittenti in ogni parte del mondo è stato quello di far proprio un approccio verticale rispetto alla materia radiofonica che permettesse loro di scandagliare ogni possibile galassia racchiusa nei due aspetti contrassegnanti cuore e anima della storia della radiofonia mondiale. Mentre l’Inghilterra rendeva immortali i suoi originari programmi cercando di eviscerarne ogni possibile declinazione e l’America si appropinquava a un processo di rimediazione mediante la sperimentazione di nuovi format, l’Italia era l’unico Paese nell’entourage internazionale in grado di permettere la coesistenza cooperativa e non competitiva di radio e televisione delineando in maniera quanto mai precisa linee di confine, di possibile dialogo e di individuali connotazioni che distinguevano la natura dei due media.

“Il 30 dicembre 1951 è stata varata una consistente riforma delle reti in tre programmi nazionali differenziati e complementari: il primo destinato a soddisfare esigenze molteplici (informazione sugli avvenimenti italiani ed esteri, aggiornamento sui problemi politici, sociali e artistici, svago) di un pubblico «medio»; il secondo volto piuttosto a un compito ricreativo; il terzo con finalità culturali, rivolto sia a un pubblico intellettualmente elevato sia a tutti coloro che hanno interesse a migliorare la loro preparazione culturale. A ciascuna rete sono preposti tre diversi nuclei di ideazione e di inquadramento dei programmi”
(Monteleone, 2021).

Questa suddivisione che andava a sostituire in via permanente la nomenclatura Rete Azzurra e Rete Rossa e introduceva la nascita di un ulteriore programma fu la chiave di volta di quella che sarebbe diventata la Rai che accompagna da quasi un secolo le più variopinte generazioni del pubblico italiano. Se il Primo Programma era destinato a ragguagliare un pubblico più trasversale sui più rilevanti accadimenti che avvenivano in Italia e nel resto del mondo e il terzo interpellava principalmente telespettatori che avessero il desiderio di soddisfare la sete di cultura, il Secondo Programma era indirizzato piuttosto a chi anelava a combinare sollazzo e altezza d’ingegno in maniera intelligente e mai scontata. Tale attività di ricerca portò i suoi frutti più prosperosi a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta (specialmente in seguito al subentro di Ettore Bernabei in qualità di direttore generale della RAI) in cui albeggiavano programmi come Rosso e Nero (cfr. Radiocorriere TV, 1956), Bandiera gialla (cfr. Salvatori, 2020) e Raffaella con il microfono a tracolla (cfr. Radiocorriere TV, 1969), tre pietre miliari rappresentanti a loro volta tre momenti topici della seconda età dell’oro radiofonica. Tra le trasmissioni appena elencate, la prima a eccellere è stata Rosso e Nero, famosissimo programma condotto da Corrado Mantoni e diretto dal fratello Riccardo che fece da trampolino di lancio per una nutrita gamma di star dell’ecosistema artistico nazionale del calibro di Alberto Sordi (cfr. Rai Cultura, 2023) e Claudio Villa (cfr. R. Bo., 2016). Al tempo la rilevanza di questo programma era divenuta tale da portarlo ad essere trasposto così com’era stato concepito anche in televisione confermando non solo la sua stupefacente celebrità, ma anche la notevole opportunità di visibilità che offriva segnando l’indelebile debutto televisivo di Sophia Loren che affiancò Corrado nella conduzione di Rosso e nero. Tuttavia, a decretare un’importante presa di coscienza da parte della rete fu Bandiera Gialla. Nato sotto la direzione radiofonica di Luciano Rispoli e del professor Leone Piccioni (cfr. Fumarola, 2015), Bandiera Gialla è stato un format di grande notorietà trasmesso in radio sul Secondo Programma dal 1965 al 1970, ideato da Gianni Boncompagni e condotto da Renzo Arbore. Il programma consisteva in una sorta di

“gara fra dodici canzoni, divise in quattro gruppi da tre e i ragazzi in sala, alzando le loro bandierine gialle (ma soprattutto urlando, applaudendo e fischiando come in un concerto) indicavano i quattro finalisti che poi si scontravano fra loro eleggendo il «disco giallo» della puntata, che aveva diritto a tornare in gara la settimana successiva. In questo modo vennero lanciati brani da n.1 in hit parade e fra i pluri-vincitori per svariate settimane da ricordare Michelle dei Beatles a Paint It, Black dei Rolling Stones, […] These Boots Are Made For Walking di Nancy Sinatra”
(Salvatori, 2020).

Dopo un proverbiale trionfo radiofonico riscosso con Bandiera Gialla e Per voi giovani, la RAI decise di affidarsi ancora una volta del grande musicista e provare a vedere se quella stessa fama riusciva ad amplificarla sfruttando la potenza divulgativa del piccolo schermo.

Era il 1969 e Renzo Arbore debuttava sul Secondo Programma televisivo con Speciale per voi, un talk show culturalmente pionieristico e provocatorio nonché frutto della collaborazione dello stesso conduttore con l’autore televisivo Leone Mancini, prevedeva che “davanti a un gruppo variegato di giovani alcuni importanti cantanti  ̶  tra cui Lucio Battisti, Patty Pravo e Sergio Endrigo  ̶  si esibissero sottoponendosi a domande impertinenti e finanche a critiche feroci” (Ragionieri, Siena, 1969). Fu a seguito di quella strepitosa esperienza che, insieme a Gianni Buoncompagni, tornò in radio con una trasmissione rivoluzionaria e di finissima ricercatezza musicale: Alto gradimento. Un altro programma radiofonico apparentemente secondario a fronte di quelli di cui sopra ma in realtà di primario interesse poiché intrinsecamente legato agli sviluppi della vita lavorativa nel campo televisivo della più grande conduttrice italiana di tutti i tempi, ovvero Raffaella Carrà, è stato il citato Raffaella con il microfono a tracolla. Il debutto radiofonico di Raffaella Carrà si rivelò la carta vincente, il lasciapassare che le diede accesso allo scomparto televisivo dove il regista Stefano De Stefani la scelse come valletta di Lelio Luttazzi per il programma Il Paroliere questo sconosciuto che solcò la prima apparizione sul teleschermo della multiforme show-woman romagnola dalla florida carriera che giunse all’apice della notorietà con programmi rimasti nell’immaginario collettivo della nostra patria come Fantastico, Carràmba! Che sorpresa e Raffaella Venerdì, Sabato e Domenica… Ricomincio da Due (cfr. Fazio, 2021).

Quest’ultima in particolare segnò un momento topico nella storia del secondo canale televisivo della concessionaria del servizio pubblico. Raffaella Carrà, dopo aver conseguito una fama stellare in RAI, specialmente con la produzione di Pronto, Raffaella? grazie al quale la European Tv Magazines Association la insignì del titolo di “Personaggio televisivo femminile a livello europeo” nel 1984, era ormai diventata un’icona di stile che tutto il mondo invidiava all’Italia. Nel 1987 decise di passare alla Fininvest e di confrontarsi con scenari nazionali diversi da quelli di partenza. Ciononostante, si torna sempre dove si è stati bene e per Raffaella Carrà la RAI era una famiglia di cui lei costituiva il cuore pulsante. Così, nel 1990 mamma RAI festeggiò il ritorno della figliola prodiga in pieno “stile Raffaella”, con un varietà di enorme risonanza: Raffaella Venerdì, Sabato e Domenica… Ricomincio da Due che, a seconda dei giorni, cambiava sottotitolo: il venerdì diventava E saranno famosi, mentre il sabato e la domenica il sottotitolo titolo rimaneva quello originario, Raffaella Venerdì, Sabato e Domenica…Ricomincio da Due. (cfr. Radiocorriere TV, 1989). Si trattava di uno show molto sfarzoso, format molto caro alla RAI, che vedeva una suddivisione estremamente articolata:

“Raffaella tornò con una formula weekend andando in onda il sabato mattina per un’ora, la domenica con il Se fosse… che era quel gioco lungo che faceva sui divani con gli ospiti […]. In quella sede vi era uno spazio lungo che durava quasi un’ora: si chiamava Dietro la porta e si rifaceva alle premesse di Carràmba perché si invitava un’ospite e, dietro questa porta gli si facevano trovare delle sorprese”
(Imparato, 2024).

Il format fu un nuovo, fulgido astro che si aggiunse all’infinita costellazione dei precedenti condotti dalla soubrette: “con una media di sei milioni di spettatori e del 40% di share nelle 48 puntate trasmesse, per la prima volta nella storia della televisione italiana supera negli ascolti domenicali la Domenica in trasmessa su RAI UNO” (cfr. Redazione Radio Margherita). L’influenza di queste maestose personalità, ossia il prototipo del conduttore televisivo Corrado Mantoni, il musicista dalle molteplici doti performative Renzo Arbore, e la madrina della grande spettacolistica radiotelevisiva Raffaella Carrà, è stata tale da aver condizionato chiunque abbia ricevuto in successione il testimone d’oro che questi con grande ingegno, innato talento e un immenso lavoro di perfezionamento avevano forgiato. Non solo, anche i format appena analizzati hanno rappresentato dei punti di svolta cruciali per la costituzione organica del profilo identitario del Secondo Programma la cui nomenclatura ha subíto varie riformulazioni passando per Seconda Rete RAI, Rete 2 e TV2, per diventare definitivamente Rai Due (oggi semplicemente Rai 2) nel 1983.
Agli albori del piccolo schermo abbiamo visto come la RAI abbia accompagnato per mano il suo pubblico radiofonico nel neonato cosmo televisivo facendolo innamorare del nuovo medium mediante due semplici tecniche: trasponendo su questo nuovo piano delle trasmissioni che avevano fatto breccia nei cuori del pubblico radiofonico anni prima e assegnandone la conduzione a presentatori che avevano costruito un’arridente fidelizzazione con il pubblico tramite il solo uso della voce. Ebbene, dopo incessanti viavai dagli studi di via Teulada a quelli di via Asiago 10, il sodalizio radiotelevisivo è stato finalmente ufficializzato con la comparsa del canale visual di Rai Radio 2:

“Con Radio 2 visual stiamo in realtà annunciando la nascita di un nuovo canale video. Per la prima volta, Rai offre sul mercato un canale di flusso dedicato all’intrattenimento. […] Sempre e comunque all’insegna della leggerezza e del divertimento intelligente”
(Borghi, 2020).

La radio era finalmente giunta al suo più alto grado di maturazione riuscendo a integrare quell’unico elemento sul quale prima di allora non aveva potuto contare. Eppure sorgeva spontanea la domanda: il mezzo radiofonico si differenziava dalla successiva televisione proprio perché sfruttava un canale di ascolto che implicava una particolare attenzione auditiva a differenza del piccolo schermo la cui gerarchizzazione dei sensi prevedeva che quello della vista dominasse su tutti gli altri. Ora che però la radio aveva un suo corrispondente canale di riferimento sul quale veniva sdoganato il contenuto anche sotto il profilo visivo, avrebbe perso la sua specificità per diventare una sorta di sottocategoria del mezzo? La replica della radio fu subitanea e inequivocabile sin dalle prime trasmissioni dei programmi sul canale visual: non appena la radio è diventata visiva, i conduttori hanno avuto modo di forgiare un legame più consistente familiare con il proprio pubblico che, a sua volta, ha cominciato a intessere con i presentatori una relazione basata non più su volti che la loro mente dipingeva e che le timbriche vocali evocavano, ma su persone reali e che esistevano al netto della loro voce. Ad adattarsi a questa nuova funzione visiva sono state sia le trasmissioni storiche che da anni contraddistinguono la programmazione di Rai Radio 2 come Il Ruggito Del Coniglio e Radio 2 Social Club fino al più recente I Lunatici e al più innovativo Radio 2 Happy Family. Condotto da Antonello Dose e Marco Presta, Il Ruggito del coniglio fa la sua prima apparizione nel 1995 con il proposito di

“prendere per mano gli ascoltatori di Rai Radio 2 e accompagnarli con ironia nell’attualità attraverso le pagine dei giornali e dei siti di informazione. Le notizie del giorno inoltre diventano lo spunto per raccontare le esperienze più o meno tragicomiche dei radioascoltatori che intervengono al telefono e sui social”
(Rai Play Sound Programmi – Il ruggito del Coniglio).

Il programma di cui firma la regia Paolo Restuccia, a cura di Angelica De Rossi e Ludovica Rossetti, è una delle colonne portanti di Rai Radio 2 che ha saputo cogliere l’opportunità di maggiore coinvolgimento degli ascoltatori anche mediante l’utilizzo dei social network.
Un’altra trasmissione che tuttora rappresenta una roccaforte della programmazione di Rai Radio 2 è Radio 2 Social Club. Nata nel 2010, è la prima delle trasmissioni radiofoniche firmate Rai dotata di una natura ibrida: infatti, dal lunedì al venerdì va in onda in diretta dalle 10:35 alle 12 su Rai Radio2 e, dal 2019, la puntata viene poi replicata alle 8.45 circa su Rai2. Obiettivo del programma  ̶  scritto con Massimo Martelli, Marco Verdura e Giulio Somazzi per la regia radiofonica di Marco Lolli e la regia video di Giuseppe Caporale, a  cura di Roberta Bellei (cfr. Rai Play Sound Programmi – Radio 2 Social Club) – e dei conduttori Luca Barbarossa ed Ema Stokholma è quello di invitare illustri personalità del panorama musicale, cinematografico e televisivo come Paola Cortellesi (cfr. Lolli, 31 ottobre 2023), Laura Pausini (cfr. Lolli, 28 novembre 2023) e Virginia Raffaele (cfr. Lolli, 10 settembre, 2018), presso la sala B di via Asiago 10 a Roma per dilettarsi in piacevoli conversazioni ed esibizioni dal vivo accompagnate dalla Social Band Resident e dalla soave voce della talentuosa Frances Alina Ascione. La programmazione di Rai Radio 2 si cura in maniera altrettanto zelante delle community di ascoltatori notturni. Per quanto concerne questo aspetto, uno dei programmi più significativi è I Lunatici. Ad animare dal 2018 la frequenza notturna di Rai Radio 2, specificamente dal lunedì al venerdì dalle 00:00 alle 3:00, ci pensano Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio con

“notizie, grandi ospiti, irriverenza e attualità”. Ma la vera essenza della trasmissione è data dagli ascoltatori, che, proprio come Tom Hanks e Meg Ryan nel famosissimo Insonnia d’amore, “possono con le loro storie e le loro emozioni indirizzare in ogni secondo l’andamento della puntata grazie ai social, a whatsapp e soprattutto allo storico numero della redazione, 063131”
(Rai Play Sound Programmi – I Lunatici).

Il programma, a cura di Emma Caggiano, dal 2021 è stato il primo esperimento con cui la Rai ha tentato la diretta simulcast su Rai2, Radio 2, piattaforme digitali e visual radio. Tuttavia, la diretta su Rai 2 parte in medias res, circa un’ora dopo l’avvio della trasmissione radiofonica e termina circa mezz’ora prima. L’esperimento de I Lunatici ha portato poi all’ideazione di un programma che rappresenta un unicum nella storia della radiotelevisione italiana: il succitato Radio 2 Happy Family. Trasmesso per la prima volta il 4 luglio 2022, “Il programma, condotto da Ema Stokholma e i Gemelli di Guidonia è stato una scommessa nella prima edizione che era soltanto estiva e quotidiana. È stato il primo vero esempio di programma in diretta simultanea radio e televisione” Così si è espressa la prima curatrice Elena Maria Russo in un’intervista esclusiva che ci ha rilasciato il 16 novembre del 2023. La crescita dalla prima edizione è tangibile: inaspettatamente il programma, sorto come piacevole avventura estiva, avendo avuto una risposta entusiasta da parte del pubblico, si è successivamente evoluto “è cresciuto, cambiato e diventato una trasmissione quotidiana pomeridiana con tutte le difficoltà del caso – ammette Russo –. Guardando ai prospetti di ascolti e share degli anni scorsi, la curatrice originaria asserisce con gaudio che “lo spirito di sfida ha colto tutti facendo sì che non si attenzionasse il quantitativo lavorativo effettivo di ore, quanto il raggiungimento di un risultato che è ancora in fieri ma che speriamo arrivi”.

Nel corso del tempo, Radio 2 Happy Family ha arricchito il suo repertorio in grazia di sorprendenti momenti musicali dal vivo eseguiti dalla Happy band, guidata dal maestro Pino Iodice e accompagnata da inaspettati riadattamenti canori a cura dei talentuosi Gemelli di Guidonia, spassose parodie e infinite, fantasiose trovate che Ema Stokholma impreziosisce con la sua innata effervescenza, divertenti giochi con il pubblico televisivo e radiofonico e momenti di piacevoli conversazioni intrattenute con ospiti briosi che mettono alla prova talenti che fino ad allora non immaginavano neppure di poter padroneggiare. Come ogni grande famiglia che si rispetti, i conduttori contano su una squadra fervida e variegata che negli anni benché abbia subìto rilevanti cambiamenti, ha visto la collaborazione di Walter Santillo, Marco Verdura, Gaspare Baglio, Priscilla La Gioia, Umberto Alezio, Gero Arnone e Massimiliano Bonomo. Il reparto regia invece vede le sue guide in Leonardo Carioti per la radio e Mauro Sebastianelli per il video fin dai suoi albori. Radio 2 Happy family, la cui ultima curatrice è stata Laura Zullo, “ha contribuito all’identità di rete cercando di trasmettere una convergenza tra Rai 2 e Radio 2 che diventano sempre più «sorelle gemelle»” secondo la succitata dichiarazione di Russo.
Dunque, la RAI è riuscita in un intento che sembrava impossibile anche semplicemente concepire: coniugare due anime mediali attraverso approcci, format e personalità distinte. L’avvento della televisione aveva inevitabilmente rivoluzionato tutto ciò che la precedeva e che ne sarebbe scaturito in seguito. Persino le figure presenti all’interno dei programmi principiarono a differire da quelle puramente attoriali che fino ad allora avevano dominato ogni possibile scenario. Il magma di una grande rivoluzione che ha portato a un totale sconvolgimento del mondo dell’intrattenimento e, al tempo stesso, alla sua più alta espressione era finalmente pronto a illuminare il mondo mediale di un gaio e moderno bagliore.

* Questo articolo è l’esito di un lavoro di ricerca svolto all’interno del corso di “Storia e teoria dei media” tenuto da Antonio Rafele presso l’Università La Sapienza di Roma.

Ascolti
Letture
Visioni